La prima disfatta del «polittically corract» di Franco Pantarelli

La prima disfatta del «polittically corraci» Svolta in Usa, una giuria quasi tutta femminile condanna l'azienda e la donna che lo denunciò La prima disfatta del «polittically corraci» Risarcimento di 45 miliardi a un uomo licenziato per una battuta NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Questa volta il <qjohtically correct» ha perso e quelli che negli Stati Uniti sono stufi di questa sorta di mordacchia celebrano l'evento. H loro eroe si chiama Jerold Mackenzie, un ex manager della Miller Brewing, una grande fabbrica di birra di Milwaukee e la maggiore «potenza» della città. Per i danni subiti in nome appunto del politically correct, Jerold ha ottenuto un risarcimento sbalorditivo: 26 milioni e mezzo di dollari, vale a dire 45 miliardi di lire, una parte consistente dei quali sarà pagata proprio dalla sua accusatrice. I fatti? Il mattino del 19 marzo 1993 Jerold arriva come sempre in ufficio alle 6,30, la sua brillante carriera, che gli ha consentito si salire sempre più su nella scala della Miller Brewing, la deve anche al fatto che è sempre il primo ad arrivare e l'ultimo ad andarsene. Dopo un po' arriva Patricia Best, una sua sottoposta. Jerold è allegro perché la sera prima si è divertito molto a guardare alla tv una puntata di «Jerry Seinfeld», una delle shv com della Nbc di maggiore successo. Il protagonistana il problema che non ricorda il nome della ragazza con cui sta uscendo e non osa chiederglielo. Un amico gli spiega che quel nome «fa rima con una parte intima del corpo femminile» e lui, parlando con la ragazza, la chiama «Mulva», indovinate perché. Lei si arrabbia e lo pianta. Il suo nome in realtà è Dolores. Ma quando Jerold Mackenzie riferisce la battuta alla sua collega, che la sera prima non ha guardato la tv, lei non capisce cosa ci sia di così buffo. Così lui prende un dizionario, fotocopia la pagina con la parola «clitoris», cioè clitoride (in America pronunciano Dolores «doloris», da qui la rima), e gliela mostra, aspettandosi la sua risata. Ma Patricia Best non ride. Anzi, dopo quattro giorni di meditazione va dai superiori e denuncia Jerold per «sexual harassment». Robert Smith, il vice presidente della Mille Brewing, per far vedere che h* cose del genere non vengono tollerate, si precipita personalmente nell'ufficio di Jerold Mackenzie, gli notifica davanti a tutti che da quel momento è licenziato e addirittura lo accompagna alla porta, come il buttafuori di un bar con un cliente ubriaco. Jerold si mette alla ricerca di un nuovo lavoro, ma con il marchio di maniaco sessuale con cui è stato bollato è impossibile. Per 71 volte si sente rispondere che sì, non c'è dubbio, è uno molto qualificato, ma con quel precedente addosso assumerlo significherebbe mettere a repentaglio la pace aziendale. «Praticamente mi hanno reso inassumibile», spiega a Jerry Boyle, un noto pe¬ nalista di Milwaukee che prende a cuore il suo caso. Si arriva al processo con una richiesta che sembra enorme: 9 milioni di dollari calcolati sui «mancati guadagni» di Jerold nei quattro anni trascorsi da disoccupato. Ma dopo due settimane di dibattimento e cinque ore di camera di consiglio la giuria gli riconosce il diritto a un risarcimento tre volte più grande, dando anche delle indicazioni precise: un milione e mezzo deve essere pagato da Patricia Best, forse per mancanza di senso dell'umorismo; 600.000 dollari deve pagarli Mister Smith, lo zelante vice presidente, e il resto è a carico dell'azienda, per essere stata incapace di riconoscere l'innocuità di una battuta. Sentenza maschilista? Macché, fra i 12 giurati, 10 erano donne. E' per questo che gli oppressi del «politically correct» gongolano. Franco Pantarelli

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