Elezioni in Serbia forse tutto da rifare
ALTA AUSTRIA Voto valido in Montenegro: i sondaggi della vigilia davano a Djukanovic dieci punti in più di Bulatovic Elezioni in Serbia, forse tutto da rifare In pochi alle urne, se manca il quorum si rivota tra due mesi ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Un test per Milosevic. Il ballottaggio di ieri tra i due candidati alla Presidenza della Serbia è stato in realtà una nuova prova della popolarità del leader serbo che da poche settimane occupa la poltrona presidenziale della Federazione Jugoslava. Anche se non partecipa in prima persona alle elezioni, Milosevic appoggia il suo uomo che altri non è che Zoran Lilic, l'ex presidente federale dal titolo altisonante ma dal potere nullo. Con la sua vittoria lo scambio di poltrone tra i due sarebbe ufficiale, con il risultato che Milosevic continuerebbe ad avere tutto il controllo della regione nelle sue mani. Ma sembra che questa volta il trionfo elettorale, seppure indiretto, del padre della patria non sia così scontato. Primo, perché il secondo candidato alla Presidenza serba, l'estremista Vojislav Seselj, capo del partito radicale serbo, minaccia seriamente la vittoria di Lilic. Nel primo turno Seselj ha infatti ottenuto poche migliaia di voti in me- no del suo concorrente. Ma soprattutto perché il voto sarà molto probabilmente annullato per via della grande astensione degli elettori. E in tal caso tra due mesi si dovrà tornare alle urne. Fino alle ore 13 di ieri aveva votato soltanto il 17,5 per cento. Già nel primo turno la soglia del 50 per cento è stata faticosamente superata. Ma questa volta le cifre potrebbero essere ancora più basse perché tutta l'opposizione ha invitato i suoi sostenitori a boicottare il voto. Benché gli ex partner della coalizione di opposizione «Zajedno» (Insieme) siano nel frattempo diventati nemici acerrimi, di fronte alle elezioni presidenziali hanno adottato la stessa politica. Dopo il partito democratico di Zoran Djindjic, il sindaco di Belgrado silurato la settimana scorsa dai suoi ex al¬ leati che per l'occasione sono entrati in coalizione coi socialisti di Milosevic, alla vigilia del secondo turno anche Vuk Draskovic, capo del partito del Rinnovamento Serbo, ha chiesto ai suoi seguaci di astenersi dal voto. Soltanto gli elettori delle campagne potrebbero migliorare le percentuali bassissime delle città. Anche il Montenegro, l'altra Repubblica che insieme alla Ser¬ bia costituisce la Federazione Jugoslava, ha votato ieri per il suo nuovo Presidente. Dei 460 mila elettori iscritti nelle liste, il 40 per cento si è recato a votare prima delle ore 13. Tra gli otto candidati solo due sono veramente in gara: il giovane premier di Podgorica, Milo Djukanovic, che vuole un Montenegro autonomo e alla pari con la Serbia, e l'attuale presidente Momir Bulatovic, uomo di Milosevic e fedelissimo del regime di Belgrado a cui deve la poltrona. I sondaggi hanno dato dieci punti in più a Djukanovic, l'uomo delle riforme che vuole migliorare le condizioni di vita del Montenegro. Abbiamo pagato per la politica sbagliata di Belgrado, afferma Djukanovic, mentre il suo avversario dice esattamente il contrario. «Il nostro futuro è inscindibile da quello della Serbia. Dobbiamo impedire la disgregazione deUa Jugoslavia. Per questo spero di vincere ancora una volta», ha dichiarato Bulatovic ieri mattina dopo aver votato nella capitale. Ingrid Badurina
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