Algeri ai terroristi pensiamo noi
c* Respinta l'offerta di mediazione del ministro. Padova, il meeting della Comunità di Sant'Egidio Algeri; ai terroristi pensiamo noi Convocato Vambasciatore dopo le dichiarazioni di Dini PADOVA DAL NOSTRO INVIATO Il ministero degli Esteri algerino ha convocato nella tarda serata di sabato il nostro ambasciatore Francesco De Courten per chiedere «delucidazioni» sulle frasi pronunciate dal capo della Farnesina, Lamberto Dini, in merito alla «necessità di una mediazione internazionale» per porre termine alla sanguinosa crisi algerina. «Dobbiamo far sentire le nostre voci di rivolta - aveva detto Dini al termine del suo incontro a Chambéry con il collega francese Vedrine - per quanto sta avvenendo in quel Paese». Il passo ufficiale algerino non ha comunque sorpreso la Farnesina, dove sono note da tempo le resistenze del governo del presidente Zeroual a qualsiasi tipo di intervento esterno nella guerra civile che oppone l'esercito ad una galassia di fondamentalisti islamici. «Il bagno di sangue causato dagli integralisti - ribadisce un alto diplomatico algerino - è una ferita per la nostra nazione, che la nostra nazione deve saper chiudere da sola, grazie alle proprie forze. Siamo un Paese sovra- no». In realtà Algeri teme che una mediazione internazionale possa conferire all'opposizione islamica quel riconoscimento politico che finora non è riuscita ad ottenere in patria con bombe e massacri. Anche i Gruppi islamici armati (Già) - fuorusciti dal Fronte di salvezza islamico - si oppongono ad ogni mediazione che tenderebbe a bloccare le loro sanguinose attività. Ma la mossa italiana non è un fulmine a ciel sereno. Che la di¬ plomazia avesse iniziato a guardare da vicino all'Algeria lo si era capito la scorsa settimana a New York quando, a margine dei lavori dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il segretario di Stato Madeleine Albiight aveva incontrato il collega francese Vedrine, concordando sui pericoli di instabilità nel Mediterraneo occidentale. L'iniziativa è comunque del presidente francese Jacques Chirac che, dopo le minacce di attentati a Parigi ricevute a fine estate dal Già, appare determinato nella ricerca di una via per disinnescare la crisi nella sua ex colonia. Dopo lo scambio di vedute con Washington, Parigi è passata dalle parole ai fatti coinvolgendo Dini nell'intento - come ha detto il nostro niinistro degli Esteri - di «stabilire un rapporto di dialogo con l'Algeria grazie all'intermediazione di Paesi terzi, magari del mondo arabo». Parigi punta su Roma per i tradizionali buoni rapporti dell'Italia con il Nord Africa e l'Algeria in particolare, dove non grava su di noi quella pesante eredità coloniale che condiziona ancora le mosse dell'Eliseo. Inoltre, secondo fonti diplomatiche spagnole, l'Italia avrebbe recentemente ricevuto dopo un accidentato percorso diplomatico - una richiesta di «ascolto» da parte del Fronte di salvezza islamico. Per quanto riguarda le possibili mosse arabe, occhi puntati sul Cairo e, soprattutto, su Rabat dove re Hassan II è impegnato a risolvere la crisi del Sahara del Sud, al confine proprio con l'Algeria. Ieri le due capitali hanno mantenuto il silenzio sul delicato argomento ma le diplomazie italiana e francese sono al lavoro per superare le obiezioni del governo di Zeroual, facendo magari leva sui rapporti fra l'Unione europea e l'Unione dei Paesi del Maghreb. «Per il momento non c'è nessuna mediazione, ma solo l'intenzione di porre la questione sotto un profilo morale» si sente dire alla Farnesina. Di Algeria si è parlato ieri qui a Padova, dove la Comunità di Sant'Egidio ha inaugurato il suo incontro annuale su «Uomini e religioni». «Bisogna cercare vie di dialogo lasciando da parte ogni fondamentalismo» ha detto Andrea Riccardi, fondatore della Comunità inaugurando i lavori del convegno nel Palazzo della Ragione. Fu Sant'Egidio, nel 1995, a portare allo stesso tavolo militari e Fis per la sigla di quella «Piattaforma di Roma» che resta l'unica intesa finora sottoscritta fra le due parti. Marco Impagliazzo, che coordinò i negozati di allora, spera adesso che «la mossa di Dini consenta di portare tutti di nuovo intorno ad un tavolo» anche perché «intervenire in Algeria non è sinonimo di ingerenza ma di solidarietà verso quel popolo martoriato». [m. mo.] c*
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