L'imprenditore tra le macerie di Flavia Amabile

l/imprenditore tra le macerie l/imprenditore tra le macerie «Così ho ripreso a vendere le scarpe» NOCERA UMBRA DAL NOSTRO INVIATO Fino a 10 giorni fa, la domenica, il risveglio di Fabio Capponi era il blu degli occhi della figlia: Dalila, due anni e mezzo. Era il profumo di caffè, di mogli, di case, di famiglie. Ora il risveglio di Fabio è di un blu diverso, quello di una delle 24 tende del campo di Isola, una frazione di Nocera Umbra, il cuore del terremoto più anomalo degli ultimi mille anni. La figlia è una voce lontana, da sentire al telefono, la sera. La casa è nascosta sotto tre piani di un palazzo, l'unico accartocciatosi su se stesso in paese. La famiglia è un sogno negato: la moglie incinta era ad Arezzo, dai genitori, durante il sisma. Fabio preferisce non farla tornare prima del parto: vale a dire, almeno fra sei-sette mesi. Avrebbe tutte le ragioni per girarsi dall'altro lato, Fabio, e ancora per un paio d'ore far finta che le scosse siano un film, Invece si alza e va incontro alla sua seconda domenica da terremotato: per lui questa è la domenica della speranza, la vigilia della ripresa. Fabio è un ragazzone alto, con i capelli raccolti in una coda di cavallo, e un'aria da buttafuori di una discoteca riminese. Ma è tutt'altro che un buttafuori. Ha 32 anni e, con il fratello, gestisce un'azienda di calzature di tutto rispetto: nei primi mesi di quest'anno ha raggiunto 868 milioni di fatturato. Ed è presidente di un Consorzio di sei ditte che, insieme, hanno un giro d'affari di quasi 7 miliardi. Di tutto questo, dopo la scossa del terremoto di venerdì 26 settembre, a Fabio e Gianni restano una station wagon, un furgone, un telefonino, e due genitori da accudire. In polvere è la casa di Fabio, in polvere quella di Gianni, in polvere quella dei genitori. In polvere, il capannone dove lavoravano in sette: i due fratelli e cinque dipendenti. Difficile dire che cosa ne sia del lavoro. Il terremoto può abbattere edifici e stabilimenti, ma sono i clienti i veri arbitri delle sorti di un'azienda. Nel mondo delle calzature questa è la stagione degli ordini, l'equivalente della semina per un contadino. Fermarsi ora vuol dire rinunciare al raccolto del prossimo anno, e forse anche oltre. Inizia allora una corsa contro il tempo. Fabio e Gianni hanno una scadenza da rispettare: lunedì 6 ottobre, giorno di un incontro con i clienti del Nord per pianificare il futuro e regolare il passato. Entro quella data, scarpe, campionari, listini devono essere pronti e l'intera macchina delle spedizioni e delle ultime consegne deve marciare a pieno regime. In realtà, i primi clienti arrivano già alle otto della domenica della speranza. Due commercianti di Ancona bussano alla tenda numero 16 dell'accampamento di Isola, dove Fabio vive da 10 giorni con i genitori. Fabio li fa accomodare nel suo nuovo ufficio: un tavolo di plastica salvato da chissà quale delle tante case crollate della famiglia. I tre discutono d'affari: una mezz'oretta, poi i clienti ripartono, l'auto piena di scarpe. Soddisfatto, Fabio sale in auto. Fino a dieci giorni fa, si sarebbe recato al massimo in centro, per una passeggiata con la moglie e la figlia. Nella domenica della speranza la sua station wagon si ferma invece davanti a un capannone semidiroccato. I Vigili del Fuoco lo hanno dichiarato inagibile. Nessuno può entrare: unica forma di vita è un fax. Da 10 giorni non cessa di combattere. Azzoppato dai blackout e dalle scosse, continua a crepitare messaggi: il lavoro dei prossimi mesi. In un angolo, accatastate, vi sono scatole e scatole di scarpe, impacchettate e sigillate. Le hanno tirate fuori dalle macerie e risistemate i suoi dipendenti: un gruppo di ragazzi guidati da Andrea Carnevali, 23 anni, fermandosi solo durante le scosse più forti. Il tempo di tornare alle tende, controllare di essere ancora tutti vivi, poi di nuovo a recuperare e confezionare scarpe. Ora sono tutti lì, pronte come promesso. Sì, la macchina funziona, ripete fra sé Fabio, mentre la domenica si riappropria di almeno uno dei suoi antichi riti: 0 pranzo in famiglia. La figlia e la moglie sono lontane, ma vi sono i genitori e per la prima volta dal giorno del terremoto, anche i suoceri. I riti sono riti e, terremoto o no, vanno rispettati. Il tavolo che aveva fatto da scrivania all'ora di colazione con i clienti di Ancona viene apparecchiato davanti alla tenda. Di lì è difficile fingere di non vedere i nastri bianchi e rossi che proibiscono a chiunque di arrivare in paese, di raggiungere la casa dove Gianni e Fabio sono cresciuti, e dove i genitori si preparavano a trascorrere una serena vecchiaia dopo una vita di lavoro. Ma per Fabio questa è la domenica della speranza, non della malinconia. E' partito a 18 anni con il fratello e 800 mila lire ed è arrivato a presiedere a 32 un consorzio da quasi 7 miliardi l'anno. Gli basta pensare a quel fax in funzione nel capannone, alle scatole pronte per essere consegnate, per essere sicuro di poter ricominciare, di poter un giorno svegliarsi di nuovo al blu degli occhi della figlia. Flavia Amabile Il capannone di Fabio è stato distrutto, ma a Nocera Umbra ha aperto un ufficio di fortuna nella tenda dov'è rifugiato

Persone citate: Andrea Carnevali, Dalila, Fabio Capponi, Isola

Luoghi citati: Ancona, Arezzo, Nocera Umbra