I FATTI E GLI SLOGAN di Mario Deaglio

«Pensioni, niente stop a ehi lavora da giovane» PRIMA PAGINA I FATTI E GLI SLOGAN la crescita dell'economia e sarebbe di vantaggio per tutti, anche per le imprese. Il salario, insomma, sarebbe una «variabile indipendente» come si sosteneva negli Anni Settanta. Purtroppo, come anche l'esperienza di quegli anni ha dimostrato, le cose non stanno così. Oggi, ancor più di allora, la quantità di lavoro necessaria per raggiungere una determinata produzione non è affatto fìssa ma variabile. La quantità necessaria è influenzata sia dal costo dello stesso lavoro sia dalla tecnologia. Se il costo del lavoro aumenta, le imprese cercano di ridurre il numero dei lavoratori utilizzando impianti e macchinari più efficienti. Oppure, più semplicemente, trasferiscono la produzione là dove il lavoro costa meno. Queste conversioni avvengono oggi, in un'economia globalizzata, con una rapi¬ dità molto maggiore del passato. Due esempi contrapposti chiariscono questa dinamica. In Francia, il presidente Mitterrand cercò, all'inizio del suo primo mandato, di fare esattamente quello che oggi propone Rifondazione comunista: l'aumento di occupazione fu trascurabile e l'economia francese perse rapidamente colpi, tanto che Mitterrand cambiò idee, politica e primo ministro. In Gran Bretagna, dove gli orari contrattuali sono tra i più lunghi d'Europa, si sono riversati investimenti da ogni parte del mondo e il tasso di disoccupazione è il più basso del continente. Dobbiamo allora abbandonare ogni idea di riduzione dell'orario? Certamente no. A salario invariato, tale riduzione è possibile, senza produrre risultati negativi e talora con esiti positivi, a due condizioni: la prima è che sia compensata da una maggiore flessibilità dell'impiego del lavoro, la seconda che sia compensata da una riduzione dei costi indiretti del lavoro. Lo scambio tra minore orario e maggiore flessibilità produce risultati variabili a seconda dei settori produttivi. In alcune attività, la flessibilità può consentire turni aggiuntivi e, facendo «girare di più» gli impianti, le imprese compensano il maggior costo del lavoro con il minor costo del capitale fisso per ogni unità prodotto; in altre, con una domanda ad andamento stagionale, le ore disponibili alle imprese possono essere concentrate per far fronte alle punte di domanda, il che consente di ridurre gli straordinari o di realizzare una produzione aggiuntiva. La riduzione dei costi indiretti implica invece la possibilità di compensare la maggior paga oraria dei lavoratori con minori contributi sociali o minori imposte. I conti delle imprese allora possono tornare ma il costo dell'operazione si scarica sul bi¬ lancio pubblico e va considerato come un vero e proprio incentivo. La quantità di incentivi possibili è limitata dalle disponibilità del bilancio pubblico e quindi questo strumento può essere usato ma solo con cautela. Generalmente lo si indirizza a determinate categorie come i giovani oppure a determinate aree geografiche, come il Mezzogiorno. Entro questi limiti, che devono essere esplicitati caso per caso e non certo imposti genericamente con una legge, una trattativa sulla riduzione d'orario può essere non solo possibile ma addirittura utile. Se si esce da questo tracciato, ci si illude di creare occupazione ma ci si limita invece a spiazzare l'economia nel contesto internazionale. Rischieremmo di ritrovarci con un maggior numero di disoccupati e un'inflazione più elevata, come d'altronde è già successo. E, per di più, saremmo fuori dall'Europa. Mario Deaglio

Persone citate: Mitterrand

Luoghi citati: Europa, Francia, Gran Bretagna