IL PALAZZO Il signor Nessuno dalla dc al Cavaliere di Filippo Ceccarelli
F F IL PALAZZO =1 i7 «signor Nessuno» dalla de al Cavaliere BBIAMO 120 la iscritti» comunica Silvio Berlusconi dal sito inaugurato l'altro giorno su Internet. «Forza Italia - è la citazione del Cavaliere in caratteri bianchi su campo azzurro - donne e uomini liberi che si riconoscono negli ideali delle tradizioni democratiche, liberali, cattolico-liberali, laiche e riformiste europee». Le tradizioni, come si legge, sono elencate quasi tutte. Qui, più modestamente, ci si contenterebbe di capire in quale di esse può riconoscersi oggi l'ex deputato de Alfredo Vito. Il quale, secondo l'onorevole (berlusconiano) Taradash, si sta occupando del tesseramento di Forza Italia a Napoli. Scelta senza dubbio azzeccatissima, sebbene informale, non avendo lui stesso la tessera di Fi. In realtà, Vito sembra essersi limitato a offrire, «da semplice cittadino, un contributo di idee e di consenso» al Cavaliere. Che probabilmente, specie in vista delle prossime elezioni, lo accoglierà a braccia aperte. Ma non è questo il punto, - néAtantomea»; lo «scandalo» dell'ennesimo ex democristiano riciclato. Serché sep^purejpoco conoito, quasr mai visto in faccia dal grande pubblico né poi così interessante da vedere per quanto gli anonimi occhiali da miope, l'incedere un po' goffo e l'umida stretta di mano finiscano in realtà per aumentarne il mistero -, Vito è e resta un grande personaggio. Così grande che quel suo «contributo» a Forza Italia può addirittura suonare come il nuovo, promettente capitolo di un saggio di sociologia elettorale, oppure di un grande romanzo politico. Personaggio quasi cechoviano, in effetti, impiegato dell'Enel in perenne aspettativa con moglie-segretaria dal nome Speranza, questo Vito che in sottile contrapposizione con «lo Squalo» Sbardella venne soprannominato «la Sogliola», emerse improvvisamente dai fondali della de napoletana rastrellando, nel 1987, la bellezza di 154.474 voti di preferenCinque anni dopo, senza manifesto, né uno spot, cu it I za. C I un n né un'intervista, né un discorso a Montecitorio, con 104.532 preferenze (uniche) umiliò due ministri come Pomicino e Scotti, dopo aver costretto il suo ex capo-corrente Gava a farsi eleggere in un collegio senatoriale. Ciò nonostante, Vito seguitò a comportarsi come un peone qualsiasi, un classico «signor Nessuno» senza aspirazioni, soddisfatto del suo ruolo di virtuoso delle clientele, infallibile androide acchiappa-voti. Fino a quando, fra i primi, non venne travolto da Tangentopoli. O meglio: «per amore di mia figlia diciassettenne» e su consiglio di un paio di sacerdoti, nel marzo del 1993 anticipò tutti presentandosi ai giudici. Ai quali, più o meno da «pentito», il futuro organizzatore del tesseramento berlusconiano raccontò ogni nequizia sul comitato d'affari di cui era coordinatore - com'è ovvio inguaiando se stesso e parecchi colleghi di tangente. Parve anche piombare, Vito, in una crisi mistica: a quel punto il suo antico riserbo si tramutò in una sconvolgente disponibilità a riconoscere nausee, errori, colpe e lacerazioni esistenziali. Si dimise da tutto. Accettò con rassegnazione una condanna a due anni, non senza aver restituito cinque miliardi, in contanti, la maggior parte utilizzati dal Comune per attrezzare un'area ribattezzata «Parco Mazzette». Tutto questo tre anni fa. Il mistero è in che misura aiuti oggi a fare tessere per Fi; e in ultima analisi a catalogare lo stesso Vito, «Forza Vito», in una delle tante famiglie liberali, riformiste ed europee di cui parla il Cavaliere su Internet. Filippo Ceccarelli amj
Persone citate: Alfredo Vito, Gava, Sbardella, Silvio Berlusconi, Taradash
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