«Londra giocherà nella squadra Europa» di Fabio Galvano

Il Labour innalza il vessillo di Diana rilanciando la battaglia contro le mine anti-uomo A Brighton il ministro degli Esteri non rivela se e quando la Gran Bretagna adotterà l'euro «Londra giocherà nella squadra Europa» Ma resta il giallo della moneta BRIGHTON DAL NOSTRO INVIATO Il Labour gioca a rimpiattino con la moneta unica europea. Passati senza nuovi lumi il severo discorso del cancelliere Brown e l'arringa messianica di Blair, è toccato ieri al ministro degli Esteri Robin Cook seminare un altro po' d'incertezza, ribadendo in sostanza la politica dell'attesa. Nella giornata in cui il New Labour ingranava una nuova marcia nella sua corsa verso la popolarità totale, issando il vessillo di Diana con un vigoroso sostegno alla campagna anti-mine, da Cook è venuto un doppio monito a chi si aspetta capovolgimenti inglesi sulla strada dell'unione monetaria. «Improbabile», ha detto in tv, l'adesione alla prima ondata, nel 1999; e ai 1317 delegati, poco dopo, ha fatto addirittura balenare l'immagine non di una Gran Bretagna all'esame dell'Europa, ma di un'Europa all'esame britannico. «L'occupazione e la crescita economica - ha detto Cook - saranno in cima all'agenda laborista per l'Europa: i criteri in base ai quali giudicheremo se la Gran Bretagna dovrà entrare nella moneta unica». E' stato un modo per riaffermare - tesi non nuova - che Londra curerà esclusivamente i propri interessi, che non si lascerà sviare da vuoti sogni europei, che si voterà all'Euro soltanto se lo giudicherà conveniente e cioè se «altri» criteri lo consiglieranno. Per poter temporeggiare sulla moneta, tuttavia, Cook è stato costretto a una dichiarazione di fede europeista. «Non più una partecipazione marginale all'Europa», ha detto: «Non si segnano gol stando ai margini del campo, ma poiché ora giochiamo in squadra stiamo vincendo per il nostro Paese». La Gran Bretagna, ha aggiunto, ora «è vista come partner a pieno titolo in Europa e non come oppositrice al processo di unione». E poi: «Il governo laborista non permetterà che il Regno Unito resti indietro in Europa». La presidenza britannica dell'Ue, nel primo semestre 1998, dovrà servire a «restituire l'Europa ai cittadini, sconfiggere la criminalità, sostenere i temi ambientali, creare posti di lavoro». Mai più l'isolazionismo tory: «Siamo tornati sullo stesso pianeta del resto del mondo». Il sondaggio pubblicato ieri mattina dal «Times», da cui risulta che quello di Blair è il governo più popolare nella storia britannica e che la maggioranza laborista rispetto ai conservatori (59 a 25) è addirittura aumentata nei cinque mesi dalle elezioni del 1° maggio, è servito ieri da sprone a insistere sul sentiero imboccato. Ecco allora la bandiera di Diana, issata di prepotenza da Clare Short - ministro della Cooperazione allo sviluppo - con un raddoppio di fondi per il programma di eliminazione delle mine anti-uomo, ultima crociata di Lady Di. Trenta miliardi di lire non sono un prezzo eccessivo per la sua eredità morale. Eppure la giornata era cominciata sotto ben altri segni, con i tabloid impegnati a tingere il congresso di Brighton di rosa e di scandalo. Al rosa ha provveduto, involontariamente, Alastair Campbell, l'addetto stampa di Blair, che si è ritrovato sulle prime pagine non come portavoce di Downing Street ma come «lo Straniero»: il nome con cui una cinquantenne attrice della tv inglese, Nicola Pagett, ha ammesso in un libro di memorie d'averlo desiderato alla follia, perseguitandolo con appassionate lettere d'amore pur senza averlo mai incontrato. Allo scandalo, invece, ha provveduto il sottosegretario allo Sport Tony Banks. «Silurate questo clown», invitava su tutta la prima pagina il «Mirror». La colpa di Banks, che ieri non è stato defenestrato bensì costretto a profondersi in umilianti scuse, è stata una sua battuta di troppo: in William Hague, aveva detto, «i conservatori hanno eletto un feto; e ora si pentono di non avere votato per l'aborto». Il giovane leader dei tories, erede del dimissionario John Major, non ha certo il carisma che i suoi si aspettavano da lui, tant'è che al congresso di Blackpool della settimana prossima potrebbe già trovarsi in difficoltà; ma il (feto» di Banks è stato troppo. Non sono state parentesi facili da chiudere. Ma ci sono riusciti i luogotenenti più grigi, dopo la sbornia d'entusiasmo blairista dei giorni scorsi alimentata ieri dalla notizia che il primo ministro ha invitato Paul McCartney a prendere il tè con lui per discutere il mondo dei giova¬ ni. Grigi, appunto, come Cook; o come il ministro degli Interni Jack Straw, che ha ieri annunciato misure contro i cosiddetti «delitti d'impresa», legati a possibili negligenze (anche ambientali) delle imprese. Oggi il rito della grande festa per il trionfo elettorale si concluderà: parlerà il vicepremier John Pre* scott, l'anima del vecchio Labour operaio nella compagine salottiera di Blair. Fabio Galvano Il Labour innalza il vessillo di Diana rilanciando la battaglia contro le mine anti-uomo Tony Blair saluta la folla dal balcone del suo hotel a Brighton e il viceministro allo Sviluppo internazionale Clare Short mostra due mine