Addio al ribasso dei tassi d'interesse Fazio: per ora niente tempeste di Massimo Giannini

7 Ciampi rassicura Bankitalia: la Finanziaria è quella, non la cambieremo, anche se è tutto più difficile Addio al ribasso dei tassi d'interesse Fazio: per ora niente tempeste ROMA. Dalla placida baia di Hong Kong, Antonio Fazio aveva tracciato orizzonti distesi: i mercati già scontano una flessione dei tassi di interesse a breve... Una settimana fa, al Cipe, era persino andato oltre: ci sono margini per un calo di 1,5 punti nei prossimi mesi. Non scherzava, il governatore della Banca d'Italia. E forse l'avrebbe dimostrato, in questi giorni. Una riduzione del tasso di sconto, nell'ordine dei 25 punti base, avrebbe infatti potuto essere il «premio di incoraggiamento» al governo per il varo di una Finanziaria coerente con le linee del Dpef e con le tappe di Maastricht. Un taglio più sostanzioso, nell'ordine dei 50 punti base, avrebbe poi potuto coronare di qui a fine anno il raggiungimento di un accordo serio sullo Stato Sociale. Da domenica scorsa, questo programma Fazio l'ha dovuto ricacciare nel Cassetto della sua scrivania, al primo piano di Palazzo Koch. E quello che poteva essere, e purtroppo non sarà, il governatore è andato a spiegarlo sia a Prodi, sia al presidente della Repubblica Scalfaro. E' il primo «prezzo» pagato dalla nazione a Bertinotti e a chi non ha saputo gestirne le oniriche tensioni verso il socialismo irreale: il calo dei tassi si ferma qui. Fazio ne ha parlato in mattinata, alla «lezione» tenuta a Roma dal premio Nobel Paul Samuelson, anche con il ministro del Tesoro Ciampi, che da parte sua lo ha rassicurato: «La Finanziaria è quella, non la cambieremo. Poi certo, il dominus è il Parlamento. So che l'attesa della Banca, come quella di Bruxelles e dei mercati, è un'approvazione senza stravolgimenti e una realizzazione dei 5 mila miliardi indicati neDa manovra come risparmi sul Welfare. Cercheremo di onorare l'impegno, ma adesso tutto è più difficile». Appunto. La strategia del governatore, fino a una settimana fa, era chiara: lievi riduzioni dei tassi a breve, come segnale di distensione, di qui alla fine dell'anno, in contemporanea con i passaggi salienti dell'evoluzione politico-economica, cioè appunto Finanziaria e accordo sulle pensioni, per riempirne la «casella vuota» più importante. I dati ottimi sui prezzi e la lira inchiodata sotto la parità, oltre tutto, avevarfo convinto Bankitalia a non considerarsi vincolata alla Bundesbank, dalla quale ormai a Via Nazionale sono giunti segnali inequivocabili: di qui a fine anno i tassi tedeschi saliranno di un quarto di punto, forse solo sui pronti contro termine. Fazio era pronto a fare il contrario. Il suo schema ha retto fino a sabato notte, quando è deflagrato, immediato, il no di Rifondazione alla Finanziaria. E ora, con questa crisi, ridurre non si può più. Forse sarà persino necessario seguire Tietmeyer, facendo risalire i tassi ufficiali. Nel frattempo, è certo che risaliranno i tassi di interesse a lungo termine, cioè quelli che i mercati chiedono per scommettere sull'Italia e sui suoi titoli. La scommessa, dopo la crisi, diventa più rischiosa per l'investitore, che quindi chiede un premio più alto. Fazio e Ciampi lo sanno bene: la verifica verrà dalle prossime aste. La prima è quella dei Bot, il 10 ottobre: sia a Via XX Settembre sia a Via Nazionale il rischio, calcolato, è che i rendimenti tornino a sfondare di nuovo il «tetto» del 5%. Nessuna tragedia, per carità, anche perché al piano nobile di Palazzo Koch si fa notare che i rendimenti dei titoli a breve riflettevano già cali assai marcati; soprattutto sui Bot a 3 mesi, in virtù dell'operazione di allungamento delle scadenze pilotato dal Tesoro. Ma è pur sempre un rialzo, che segna l'inversione di una tendenza virtuosa. Peccato. Tuttavia, nonostante questo, oggi il visitatore che attraversasse la splendida Sala della Madonnella e varcasse la soglia dell'ufficio del governatore non respirerebbe un clima da «grande guerra». C'è preoccupazione, perché il venticello della speculazione può sempre trasformarsi in tifone, se gli si offre il pretesto. Ma nessuno, per adesso, si aspetta un tracollo. Questo messaggio da Palazzo Koch esce forte e chiaro, ed è arrivato negli uffici del premier e del Capo dello Stato. Oggi Via Nazionale non è più la «trincea» che fu nel settembre del '92, con la drammatica svalutazione del 7% e l'uscita dallo Sme decise dal governo Amato, o nel febbraio e maggio del '95, con la lira a 1100 sul marco e il doppio aumento del tasso di sconto (prima all'8,25, poi al 9%) subito dal governo Dini. Insomma, oggi non è più come quando - per usare una definizione cara a Fazio - «i colleghi governatori degli altri Paesi videro l'Italia squagliarglisi tra le mani». Oggi delle quattro «gambe» del tavolo che nella filosofia della banca centrale sostengono un Paese - politica di bilancio, politica dei redditi, politica monetaria e stabilità politica tout court - se n'è rotta una, l'ultima. Ma le altre tre reggono. E reggono bene. Bella-consolazionerPurché non se ne approfitti. Né - come direbbe il governatore, cultore di filosofia greca e di patristica latina - si pecchi di ubris verso i mercati, fino ad ora «confidenti» sulla nostra sostanziale tenuta. Per questo, lo schema di Fa- zio, illustrato a Palazzo Chigi e al Quirinale, è il seguente: la crisi politica può risolversi in modi diversi. Sulla base degli umori percepiti da Via Nazionale sui mercati, si può dire che qualunque via d'uscita si scelga la stabilità del cambio può non saltare, ma a due sole condizioni. La prima, che la scelta sia rapida, la seconda che sia anche indolore, cioè non si traduca in un «papocchio» politico tale da rendere meno visibile anche attraverso un annacquamento intollerabile della manovra sul '98 - l'obiettivo principale del Paese, che in questo momento è e resta il risanamento, il nuovo Welfare e la moneta unica. Persino il voto anticipato, a queste condizioni, potrebbe essere «digerito» senza troppi traumi dai mercati, visto che nessun operatore immagina che Bertinotti possa vincere le elezioni, mentre sono tutti convinti che sia il Centro-Sinistra, sia il Centro-Destra abbiano ormai fatto proprio allo stesso modo l'imperativo dell'Euro. Al quale non si può rinunciare, come a suo modo ha detto ieri mattina lo stesso Fazio - proprio lui, da sempre «freddino» rispetto al disegno di Maastricht che a suo giudizio parte dalla moneta mentre dovrebbe iniziare da una politica comune - durante la «lezione» di Samuelson. ' Quello che assolutamente è da evitare è insomma il tran tran crisaiolo da Prima Repubblica: i tempi lunghi, le consultazioni, i vertici inter-partitici, le salite al Colle e le discese in-piazza, nell'agone politicotelevisivo. Questo gli operatori internazionali, che ormai hanno familiarizzato con un'Italia diversa, non lo capirebbero più. E ne trarrebbero le conseguenze. Per noi sarebbe, in quel caso sì, un pericolo enorme. Ieri mattina, salutando l'amico Fazio, Ciampi nemmeno voleva pensarci, a queste ipotesi di più lungo periodo. Guardava più vicino, e con rassegnata comprensione verso il governatore diceva: «Con questa Finanziaria mi aspettavo un calo dei tassi, adesso purtroppo non me lo aspetto più». Ma se la quarta gamba del tavolo si rimette a posto, se la politica fa giudizio, c'è tempo per rifarsi. La Banca d'Italia è pronta. Basta fornirle solidi argomenti per dimostrarlo. E riconoscerle anche, già che ci siamo, il merito di una «prudenza» sempre troppo criticata, ma mai abbastanza apprezzata. Il governatore me lo disse in un incontro a fine luglio: le cose vanno bene, ma il test decisivo per la maggioranza sarà a settembre, su manovra e Welfare. Anche stavolta ha avuto ragione lui. Massimo Giannini Il governatore di Bankitalia Antonio Fazio In basso a sinistra Ciampi

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