«Processo? No, una farsa» di C. Eh.
«Processo? No, una farsa» «Processo? No, una farsa» La rabbia dei parenti delle vittime LIVORNO. «Questo non è un processo, è una farsa». La richiesta di assoluzione degli imputati al processo del Moby Prince avanzata al tribunale dal pubblico ministero Carlo Cardi lascia senza parole i familiari delle vittime che seguono questo processo da due anni. Scorrono lacrime amarissime sulle guance di Ivanna Porta, la donna che ha perso il marito e la figlia nel rogo sul traghetto. «E' finita, è finita», trova la forza di dire, e chiede al sorriso di arginare le lacrime, quando stringe la mano del presidente del Comitato Moby 140, Loris Rispoli, per cercare un minimo di appoggio, il conforto di chi ha combattuto giorno dopo giorno fianco a fianco. «Una buffonata, questo processo è stata tutta una buffonata - dice Rispoli - e mi chiedo: in tutto questo, le istituzioni dove sono? E dov'è la gente, la Livorno democratica, la città delle barricate?». Amarissimo e sintetico il commento di Angelo Chessa, che nel rogo del Moby ha perso il padre, Ugo, comandante del traghetto: «Questo è il metodo con cui la procura di Livorno tratta quei 140 morti». Non vuole dire altro, ma tutti, in tribunale, ricordano il pallore del suo viso quando i «super-periti» parlarono di «navigazione a vista» collocando però il radar del traghetto dove non c'era mai stato. Nelle facce di quei parenti che ancor oggi trovano la forza di seguire questo lunghissimo processo, si leggono lo sconforto e la tensione, la consapevolezza che adesso la speranza di un po' di giustizia è riposta nel collegio giudicante ma anche nella possibilità di «riaprire questo processo, di ricominciare». «Perché i morti vogliono qualcuno che chiuda loro gli occhi - dicono - e questo processo ancora non l'ha fatto». Cercano pace e sanno di poterla avere soltanto quando un tribunale spiegherà loro perché quella notte sono morte 140 persone. [c. eh.]
Persone citate: Angelo Chessa, Loris Rispoli, Rispoli
Luoghi citati: Livorno
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