« Moby Prince, nessun colpevole» di Chiara Carenini

Il pubblico ministero: «Una tragedia causata da fatti concomitanti e maledetti» Il pubblico ministero: «Una tragedia causata da fatti concomitanti e maledetti» « Moby Prime, nessun colpevole» Chiesta l'assoluzione dei quattro imputati «Nella notte nessuno potè sentire l'allarme» LIVORNO. Nessun colpevole. Piange Ivanna Porta, un marito ed una figlia morti nel rogo del «Moby Prince», mentre il pubblico ministero chiede l'assoluzione dei quattro imputati del processo per la strage del traghetto della Navarma. Ci vuole soltanto un'ora al pubblico ministero per chiudere due anni di udienze: un'ora per chiedere l'assoluzione di Gianluigi Spartano, marò di leva che la sera del 10 aprile '91 era di guardia alla radio della capitaneria di porto di Livorno. Assoluzione di Angelo Cedro e Lorenzo Checcacci, rispettivamente vicecomandante e ufficiale d'ispezione della capitaneria di porto. Assoluzione per Valentino Rolla, secondo ufficiale della «Agip Abruzzo», la petroliera contro cui quella notte si è schiantato il traghetto. Un'ora per dire, in sostanza, che al fato nessun tribunale può intentare il processo. «Perché questa terribile tragedia dice Carlo Cardi, pm per due anni d'udienze - è stata causata da troppi fatti concomitanti e maledetti, è una tragedia troppo grande che trova inadeguato lo strumento processuale». Secondo Cardi, quella notte nessuno potè udire il «may day» lanciato dall'ufficiale di macchina del «Moby». E la capitaneria «che ha mezzi inadeguati» non poteva «partire con i mezzi di soccorso in tempi così ristretti e per una situazione così eccezionale. E' vero continua il pm -, la capitaneria ha grosse responsabilità che però non sono diventate la causa della morte di 140 persone». Insomma, questa è la tesi del pubblico ministero: il destino non si processa. Ivanna Porta, la donna che non crede più «in questa giustizia monca, che risponde a chi non sappiamo», piange e stringe la mano a Loris Rispoli, presidente del comitato «Moby 140», mentre Cardi conclude con la richiesta di assoluzione per tutti. «Questo processo è nato morto», diranno alcuni, un processo che si celebra nel silenzio dei media e delle istituzioni, un processo strangolato da un'istruttoria incompleta, da indagini a senso unico fatte prima da un pubblico ministero e poi passate di mano al pm successivo: quelle indagini così monche che fanno indignare anche il presidente del tribunale Germano Lamberti quando viene a sapere dai suoi periti che il sistema antincendio chiamato «Sprinkler» era stato disattivato dal sistema automatico del traghetto perché l'impianto era in avaria. Un processo dentro il quale pesano tutti i nomi di quei 140 morti, ma anche le morti di imputati virtuali, di personaggi mai imputati, di testimoni capaci di denunciare avarie sul «Moby Prince» coperte dalla corruzione, di un processo parallelo che parla di depistaggi e che si concluderà in questi giorni. Ombre. In questo processo dunque pesa tutto: pesano le parole di Cardi, pesa il silenzio innaturale che circonda la parola «assoluzione», pesano le parole delle parti civili: «Quel traghetto era troppo vecchio per navigare dirà uno degli avvocati di parte civile, Bruno Neri -, ma perché questi familiari trovino conforto nella giustizia non solo dovranno essere condannati quattro imputati ma si dovrà avere il coraggio di aprire un'inchiesta a carico dell'armatore del Moby». Parla Neri in un silenzio che contiene le mille domande di sempre e nessuna risposta, in quell'aula assolutamente vuota che racconta di quanto poco questa città ricordi quei 140 morti. E in quest'aula troppo vuota per essere un'aula dove si esercita la giustizia nel nome del popolo italiano, parlerà anche l'avvocato Massa, e oggi ancora parleranno altre parti civili. Chiara Carenini A destra un'immagine della tragedia della Moby Prince avvenuta nell'aprile del '91

Persone citate: Bruno Neri, Carlo Cardi, Germano Lamberti, Gianluigi Spartano, Lorenzo Checcacci, Loris Rispoli

Luoghi citati: Abruzzo, Livorno, Massa