«Così ho ammanato la piccola marocchina» di Cesare Martinetti
«Così ho ammanato la piccola marocchina» «Ho tentato di violentare Loubna, poi l'ho picchiata e l'ho scaraventata più volte contro un armadio» «Così ho ammanato la piccola marocchina» Belgio, agghiacciante confessione del pedofilo sul luogo dell'omicidio BRUXELLES DAL NOSTRO INVIATO n mostro indossa una tuta sportiva, le scarpe da jogging, gli occhialetti metallici. Ha il polso destro fasciato e l'altro affondato in tasca, la testa a pera - calva e lucida come una palla. E' magro, minuto. Il giubbotto antiproiettile, che la polizia gli ha messo addosso per evitare le pistolettate di un giustiziere popolare, lo incurva anche fisicamente sotto il peso della confessione che fa lì, in piedi, sul pavé di Malibran, il quartiere marrocchino di Bruxelles. Altro che incidente: Loubna l'ha ammazzata lui, di botte, dopo aver tentato di violentarla: «Une volée de coups», una scarica di colpi, poi l'ha «projetée à plusieurs repiises», scagliata a più riprese, contro un armadio metallico. Quand'è ricaduta aveva tles yeux grands overts», i grandi occhi aperti. Era morta. Insostenibile confessione, scrive il giornale della sera, dell'omicidio di Loubna Benaissa, la piccola marocchina che aveva solo otto anni e fu così torturata nella cantina qui sotto Malibran, dove Patrick Derochette ha appena concluso la sua confessione. Il mostro emerge da quell'inferno accanto al poliziotto che tiene sotto il braccio un manichino rosa e completamente nudo. Proviamo ad immaginare questo omiciattolo infagottato nel giubbotto antiproiettile che mima e ricorda i movimenti di quel giorno: il manichino che sbatte e rimbalza sul1'«étagère metallique», la scansia metallica della «cave», la cantina. Era una bella giornata di agosto del 1992. Loubna saltellava sul pavé di questo marciapiede. Stava andando al supermercato. L'hanno ritrovata morta l'anno scorso, nel pieno dell'incubo Dutroux, il super pedofilo di Marcinelle, rapitore e assassino di Julie, Melissa, An e Eeefje, forse altre ancora. I sepolcri del Belgio ipocrita e complice si schiudevano. La storia di Loubna appesantì di un po' l'insostenibile rimorso per le altre ragazze, più di 350 mila persone, un anno fa, sfilarono nel centro di Bruxelles per chiedere una giustizia che stenta ad arrivare. Ancora non si sa quando si farà il processo a Marc Dutroux e al suo resecai di pedofili insospettabili e sicuramente protetti dalk polizia. Patrick Derochette ha confessato ieri mattina quello che aveva sempre negato, la violenza e le botte a Loubna. Aveva parlato di fatalità; ieri ha detto che era stordito dall'alcol, che s'era perso in uno scatto di follia. Ma la bambina non è morta per «fatalité». Per quattro anni i genitori di Loubna sono andati all'ufficio di polizia di Ixelles, per quattro anni sono stati trattati come rompiballe che venivano a chiedere se avevano ritrovato il motorino rubato. Non era un motorino, era la loro bambina, rapita, violentata, am¬ mazzata di botte e sepolta da questo Derochette amico dei poliziotti che alla sua pompa di benzina andavano a fare il pieno, raccattare qualche soffiata e scambiarsi battute. Volevano notizie della loro bambina, e gli facevano fare la coda come a tutti gli altri. Fino a insinuare sospetti sulla famiglia. Quando Loubna fu ritrovata i giovani marocchini di Malibran hanno assediato il municipio di questo quartiere di Bruxelles e tirato pietre contro gli uffici della polizia. Adesso ci sono i curiosi dietro le transenne ad assistere alla ricostruzione e alla confessione di Derochette, portato qui dalla prigione di Ari on. Per lui si farà un processo a parte. Nessun collegamento con il resecai di Dutroux, nessuna copertura della polizia rivelata. Nessun'altra confessione, nonostante i sospetti su Derochette non siano svaniti. Cesare Martinetti
Persone citate: Dutroux, Loubna Benaissa, Marc Dutroux, Patrick Derochette
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