Il regalo avvelenato ad Arafat di Fiamma Nirenstein

Il regalo avvelenato ad Arafat Il regalo avvelenato ad Arafat Scavalcato e umiliato il leader palestinese RETROSCENA TEL AVIV I sicuro in queste ore il più agitato è Yasser Arafat: quando glielo recapiteranno su un elicottero con i fregi della casa reale di Hussein di Giordania, Gaza impazzirà di gioia, sarà tutta per le strade, un nuovo leader carismatico, lo sceicco Ahmed Yassin, gli contenderà la palma. Pallido, cadente nonostante abbia solo 61 anni, seduto sin dalla giovinezza sulla sedia a rotelle, è adamantino nell'odio contro gli israeliani quanto Arafat è invece politico e volpino; paga i conti in lunghissimi anni di cella, quanto Arafat invece è sempre riuscito a schivare i guai ogni volta che si è presentata una situazione pericolosa. Pratica e predica fino all'ultima «Sui a» il Corano, per quanto invece Arafat, anche se si professa credente, è di fatto un personaggio laico, moderno; laddove Yassin sembra l'incarnazione dell'ascetismo più arcaico ed esangue. £ comunque, anche se da quando lui è entrato in carcere, nel 1989, la strategia di Hamas si è modificata e ha preso piede una tecnica a lui probabilmente estranea - quella degli attacchi terroristici suicidi -, Yassin resta il padre dell'organizzazione che per un verso o per l'altro controlla ormai più o meno il 30% dell'opinione pubblica palestinese. Un'associazione potente quanto a denaro e a rapporti internazionali, che mentre minaccia gli israeliani tiene anche il fiato sul collo ad Arafat, che in queste ultime due settimane ne ha messo in galera 90 esponenti. Yassin viene dai primordi classici dell'integralismo islamico odierno, ovvero dall'Umversità del Cairo degli Anni 70, dal clima panarabistico ma soprattutto dall'associazione dei Fratelli Musulmani. Quando tornò a Gaza fondò subito una sua organizzazione. I Territori allora erano occupati, e gli israeliani nel 1984 gli frugarono negli uffici trovando armi ed esplosivi. Da là cominciavano ad essere organizzati rapimenti e agguati, soprattutto rivolti contro i soldati israeliani. Nel 1985 Yassin era già fuori: gli israeliani lo rilasciarono in uno scambio politico che investì più di mille prigionieri insieme con Ahmed Jibril. In carcere Yassin capì evidentemente che l'innesto religioso avrebbe fornito una grande risorsa alla lotta del palestinesi e anche un proficuo, ricco collegamento col mondo arabo. La tela era già tessuta quando l'Intifada scoppiò, nel dicembre '87: Yassin aveva in pratica già messo in piedi Hamas. Da quando Yassin finì in galera di nuovo, nell'89, dopo svariati assassini! ed agguati, il suo profilo scarno, gli occhi semichiusi in un incessante e ispirato collegamento col divino, la sua vocetta chioccia, stonata, predicante, sono divenuti una continua ispirazione, quasi un'ossessione per i suoi, quale che sia la loro fazione; un'icona da cui promana l'impulso al combattimento ispirato. Mai si è pronun¬ ciato chiaramente dal carcere, lo sceicco, contro la violenza; ogni tanto, specie quando si discuteva con particolare intensità di rilasciare i prigionieri palestinesi, come nel 1993, Yassin si lasciava andare a qualche affermazione definita speranzosamente «pragmatica» dagli israeliani sullo spreco delle «vite umane». Ma niente fa pensare che il gesto di Netanyahu - compiuto nell'ultimo giorno dell'anno ebraico 5757, quando tutte le famiglie si preparano alla cena d'ingresso nel nuovo anno augurandosi meno sangue e meno tragedie - sia dettato da motivi meno che immediati. In realtà con questo gioco di prestigio Bibi spera di evitare altri prossimi attentati terroristici, che a detta dei servizi segreti israeliani seguitano ad incombere; spera di farlo rispondendo positivamente alla conditio sine qua non di Hamas: liberare i prigionieri politici. Un ritornello ripetuto ogni giorno. E più ancora, ha voluto porgere a re Hussein di Giordania un bel regalo che lo aiutasse a scusarlo per lo sgarro che due agenti del Mossad gli hanno fatto aggre¬ dendo e quasi uccidendo sul suo territorio nei giorni scorsi Khaled Meshal, uno dei leader di Hamas di stanza ad Amman. Hussein, avendo ricevuto senza colpo ferire Yassin, fa una gran bella figura con il suo 70% di popolazione palestinese, per il re un onore e un onere molto molto cospicuo. Hussein infatti è andato a prendere personalmente il leader di Hamas all'elicottero, e ha trovato per i suoi abbracci un volto severo e neppure un sorriso. Che effetto può avere Yassin in futuro su Hamas? Il suo braccio armato è entrato in clandestinità dura da quando Arafat, dopo gli accordi di Oslo, sia pure con alterne vicende, lo vede come un antagonista da tenere a bada e comunque da gestire in proprio. Gli israeliani non hanno molti agganci nei Territori, cosicché non riescono più ad arrestare per tempo i gruppi che preparano gli attentati. Hamas peraltro sa che Arafat è incerto se portare alle estreme conseguenze la stretta antiterrorista richiesta da Madaleine Albright, e quindi esita a compiere nuovi attentati che potrebbero costringere il rais a infierire nuovi duri colpi all'organizzazione. Yassin potrebbe alternativamente giocare un ruolo eccitante, dare la carica a Hamas contro Israele o contro Arafat; oppure usare il suo carisma per fare un sodalizio rassicurante per i palestinesi con Arafat. Il suo periodo d'oro, dopo tutto, fu quello in cui Hamas costruì il suo potere come organizzazione assistenzialista e di grandi rapporti internazionali, e non soltanto con il terrorismo. Fiamma Nirenstein

Luoghi citati: Amman, Gaza, Giordania, Israele, Oslo, Tel Aviv