Pena di morte, si apre il dossier Usa di Andrea Di Robilant
Pena di morte, si opre il dossier Usa Un inviato al lavoro, finora ha accettato di riceverlo solo l'ex governatore Cuomo Pena di morte, si opre il dossier Usa L'Onu prepara un rapporto tra ostilità e boicottaggio WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Bacre Waly Ndiaye.awocato senegalese di chiara fama, ha una missione diplomatica decisamente ingrata: deve fare un rapporto sulla pena di morte negli Stati Uniti per conto delle Nazioni Unite. L'Onu, si sa, non gode di eccessiva popolarità tra gli americani. E l'avvocato Ndiaye viene ricevuto con prevedibile freddezza in giro per il Paese. Se viene ricevuto. L'unico personaggio di un qualche rilievo politico che è riuscito ad incontrare finora è Mario Cuomo, ex governatore dello Stato di New York e strenuo nemico della pena morte. Ma quando chiede di incontrare personalità politiche favorevoli alla pena capitale, governatori, giudici della Corte suprema o direttori di carcere, la porta rimane quasi sempre chiusa. L'avvocato Ndiaye porta con sé due messaggi: il primo è che gli Stati Uniti sono in probabile viola¬ zione dell'Accordo internazionale sui diritti civili e politici, ratificato nel 1992. L'Accordo, secondo Ndiaye, offre maggiori garanzie ai detenuti nei «bracci della morte» di quante ne dia la Costituzione americana. Ma questo è un tipo di ragionamento che fa rizzare i capelli sulla testa di buona parte dei deputati e senatori nel Congresso. In una recente intervista al New York Times, l'avvocato Ndiaye ha spiegato che nell'interpretazione della Commissione dei diritti umani, l'Accordo non proibisce in assoluto la pena capitale ma cerca di limitarne l'uso a circostanze eccezionali. «Non dovrebbe diventare una ricetta per combattere i problemi che uno Stato incontra. I processi dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto. E comunque non dovrebbe mai essere inflitta a minori, donne incinte o ritardati mentali. L'obiettivo dell'Accordo è di arrivare per gradi all'abolizione della pena di morte. E dunque ogni sviluppo nella direzione opposta a mio avviso ne viola lo spirito». Il secondo messaggio di Ndiaye è, se possibile, ancora più sgradito ai suoi interlocutori. E riguarda il fatto che ormai solo la Cina mette a morte più detenuti degli Stati Uniti. Negli ultimi anni il ritmo delle esecuzioni in Usa ha subito un'accelerazione impressionante - con medie di due-tre alla settimana in Stati come il Texas. Ndiaye prende molto sul serio la sua missione (il suo incarico alla Commissione per i diritti umani non è remunerato, l'Orni gli paga solo le spese) e ha chiesto alle autorità di Pechino di poter fare una simile esplorazione in Cina. Ma i cinesi non hanno tardato a respingere la sua richiesta. L'amministrazione Clinton, invece, ha dato luce verde alla visita di Ndiaye. Che proprio in questi giorni è partito in viaggio verso il Texas, la Florida, la California - un viaggio solitario in terre decisamente ostili. Andrea di Robilant
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