«Parola d'ordine: essere i migliori» di Fabio Galvano

Estero Al congresso del trionfo Blair sceglie toni messianici e ribadisce i programmi «Parola d'ordine: essere i migliori» Sull'Europa nessuna indicazione «Sarà certo una scelta difficile» BRIGHTON DAL NOSTRO INVIATO Dal New Labour alla New Britain. Perché, dice Tony Blair, «non potremmo mai essere i più grandi né ridiventare i più potenti, ma possiamo essere i migliori». L'ovazione è fragorosa, nel Conference Centre di Brighton dove le truppe laburiste si sono date convegno per celebrare il ritorno al potere dopo 18 anni di esilio. Fragorose come quando Blair aveva fatto il suo ingresso in sala, in una scenografia con reminiscenze pugilistiche, il riflettore che illumina una porticina da cui il campione entra solcando la folla plaudente, esaltata ed esaltante. «Oggi - dice Blair - voglio fissare una rotta ambiziosa. Niente meno che essere la nazione modello per il XXI secolo, un faro per il mondo. Attingendo alla ricchezza del carattere britannico: inventivo, compassionevole, aperto al mondo». La coperta è stretta, e Blair lo sa. Il governo ha le mani legate dalla realtà economica e sociale; e allora il primo ministro, sfruttando la sua immensa popolarità, attacca il turbo. Più potenza con la stessa cilindrata: basta raggiungere la fascia improduttiva della nazione, darle impulsi nuovi e speranze nuove. Ma alla compassione, leit-motiv di un discorso in cui i toni della rivoluzione culturale e dell'evangelismo televisivo vanno scomodamente a braccetto, Blair è costretto ad affiancare l'elemento - impopolare - del rigore, quasi il sangue e il sudore di churchilliana memoria. «Una società - dice - fondata non sul diritto ma sul dovere». Perché anche i sogni sono destinati a rimanere nel cassetto; peggio, a morire all'alba senza un colossale e comune sforzo di modernizzazione, di ricostruzione della società attraverso le armi dell'istruzione e 'di'una severa riforma del Welfare. «Le catene della mediocrità sono spezzate, le giornate cupe sono alle spalle. Siamo liberi un'altra volta di eccellere». Il trionfalismo non può mancare, perché questo è il congresso della vittoria elettorale. Il primo ministro sciorina quello che il governo ha già fatto dal 1° maggio: scuole, ospedali, autonomia scozzese, tasse, armi, avvio dei negoziati in Ulster. Ma è soprattutto - come durante la campagna elettorale di primavera - il suo piglio messianico a fare breccia. Dal suo pulpito il «lider maximo» del New Labour parla di un governo «non solo migliore di quello conservatore, ma uno dei grandi governi riformisti e radicali della storia». Fa l'occhiolino ai liberali, il terzo partito d'Inghilterra. «I miei eroi - dice non sono soltanto Bevin, Bevan e Attlee, sono anche Keynes, Beveridge e Lloyd George. La scissione fra i radicali, quasi cent'anni fa, ha dato un XX secolo dominato dai conservatori. Io voglio che il XXI secolo sia il secolo dei radicali». Tirarsi su le maniche, allora, se si vuole che il sogno diventi realtà: «Possiamo farcela, se abbiamo volontà, coraggio e determinazione». La ricetta? «Istruire la gente, gestire l'economia, incoraggiare le attività mercantili e industriali». Cominciando con le scuole, attraverso una rivoluzione informatica che entro il 2002 le doterà tutte - sono 32 mila - di moderni computer collegati gratuitamente alle autostrade informatiche e con costi telefonici ridotti a una sterlina per allievo, ma anche attraverso una maggiore intransigenza con gli insegnanti incapaci e una più stretta disciplina. E poi una botta ai sindacati («Non c'è spazio per il sindacalismo militante: quello della partnership è l'unico lin- guaggio che il governo laburista rispetterà»). Il nuovo Welfare, che «deve incoraggiare il lavoro e non la dipendenza»: «Non sa¬ remo un faro per il mondo nel 2005 con un Welfare strutturato nel 1945». Gli ospedali, con la promessa strappa-applausi che la medicina di Stato sarà potenziata. La criminalità, per la quale promette «tolleranza zero». Grandi visioni, immense speranze, sogni a gogò. «Fate di questa l'età del dare». Ma non una parola nuova sui grandi appuntamenti monetari con l'Europa, salvo ammettere che sarà «una scelta difficile» e ricordare che la Gran Bretagna - la Nuova Bretagna - «non potrà foggiare l'Europa se non avrà un peso in Europa». La modernizzazione, insiste Blair, «non può essere fine a se stessa». Il suo messaggio appassionato è chiaro, o dovrebbe esserlo: «Progresso e giustizia sono le due rocce della New Britain. Questo è il Paese che vi offro». Il popolo laburista esulta. Se ci sono dissapori, fra vecchio e nuovo Labour, non è questo il momento di esprimerli; non quando il grande predicatore parla di «valori né vecchi né nuovi, ma soltanto laburisti», di un partito fatto di compassione, di giustizia sociale, di una lotta serrata contro povertà e ineguaglianza, di libertà, di solidarietà umana. Una grande festa, per un discorso forse più impressionante che importante, fatto di spinte profetiche più che di piani d'azione per annunciare «un governo di alti ideali e di dure scelte» come faro del 2000. Fabio Galvano «Non c'e spazio per il sindacalismo militante, l'unico linguaggio che conosciamo è quello della partnership» Tony Blair con la moglie Cherie e alcuni ex campioni del calcio britannico Nella foto piccola, Gordon Brown

Persone citate: Attlee, Beveridge, Bevin, Gordon Brown, Keynes, Lloyd George, Tony Blair

Luoghi citati: Europa, Gran Bretagna, Inghilterra, Ulster