Sino: «La mafia minacciò Cuccia»
Veleni del pentito sul Cavaliere che replica: «Tutte bugie, resto scomodo e irriducibile» Veleni del pentito sul Cavaliere che replica: «Tutte bugie, resto scomodo e irriducibile» Sino: «La mafia minacciò Cuccia» Berlusconi: fermate quel fango PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Silvio Berlusconi, Marcello Dell'Utri, Enrico Cuccia. Tre nomi pesanti che ricorrono nei verbali dell'interrogatorio di Angelo Siino, il «ministro dei lavori pubblici» di Riina che ha deciso di collaborare con la giustizia dopo una condanna a otto anni nel processo «Mafia e appalti». Torna così a galla l'ipotesi di rapporti negli Anni 70 tra il leader del Polo e i mafiosi. Rivelazioni con molti particolari che non possono essere verificati (molte delle persone citate sono morte). Rivelazioni che potrebbero essere una montatura, un nuovo scorrere di veleni. Sfiorato dal «caso Dell'Utri» (l'ex presidente di Publitalia rinviato a giudizio per associazione mafiosa), Berlusconi aveva visto archiviare la sua posizione. Ora il Cavaliere replica indispettito: «Chi pensa di fermarmi con questi metodi, fa male i suoi conti. Non credo di dover continuare a smentire le chiacchiere e le millanterie di gente che non ho mai conosciuto ed è del tutto estranea a me, alla mia vita, al mio mondo, ai miei interessi. Mi domando però che senso abbia raccogliere, divulgare e, così facendo, accreditare montagne di spazzatura». Berlusconi ha quindi prospettato - non è la prima volta che lo fa - la tesi della congiura politica: «Nasce il dubbio ha infatti detto - che tutto ciò sia inventato e costruito ad arte al solo scopo di gettare fango e discredito su un avversario scomodo e irriducibile». Compaesano di Giovanni Brusca (è pure di San Giuseppe Jato), Siino, che ha 53 anni e in passato ha corso in auto con lo pseudonimo «Bronson» per la sua somiglianza con l'attore americano, ha citato due suoi viaggi a Milano negli Anni Settanta con l'allora capo della mafia palermitana Stefano Bontate, assassinato nel 1980 dal clan dei Corleonesi che non era riuscito a scalzarlo. A suo dire la prima volta a Milano esercitarono pressioni su mafiosi calabresi per impedire che la 'ndrangheta rapisse il figlio maggiore di Berlusconi; nel secondo avrebbero chiesto a Dell'Utri d'intercedere su Cuccia, altro vip palermitano, perché scongiurasse il crack delle banche di Michele Sindona, caro tanto alla mafia quanto alla massoneria. Dell'Utri, secondo Siino, rispose che Cuccia se n'era andato dà Palermo per non avere a che fare con i boss «e aveva una forte avversione per tutto quello che era siciliano, compreso Sindona». A pranzo con loro sarebbe stato il massone palermitano Giacomo Vitale che interloquì con un inequivocabile «ora gli rompiamo le corna». Tempo dopo sarebbe stato proprio Vitale a incendiare l'uscio di casa Cuccia con un macellaio e contrabbandiere che aveva organizzato il viaggio di Sindona su uno yacht dal Pireo a Palermo, durante il sequestro simulato all'Hotel Pierre a New York. Questa parte delle dichiarazioni di Siino ieri è stata acclusa al processo a Giulio Andreotti in cui si parla anche di Sindona; il resto a quello a Dell'Utri, inclusi i passaggi in cui il pentito dà per certi rapporti tra Berlusconi e i commercianti di vino palermitani Pullara che negli Anni Settanta furono implicati in Lombardia nell'Anonima sequestri di Luciano Liggio che tra l'altro rapì Luigi Rossi di Montelera. Ancora secondo Siino, in un incontro con il boss Nitto Santapaola, dopo gli attentati alle filiali Standa a Catania, Giovanni Brusca disse: «A Berlusconi dobbiamo strozzargli le palle perché dovevamo arrivare a Craxi». Sferzante l'avvocato Enzo Trentino, legale di Dell'Utri: «Andreotti consentendo, adesso ci aspettiamo anche un bacio con qualche mammasantissima palermitano. Ci chiediamo fino a quando i pentiti abuseranno del tempo dei giudizi e della presunzione di essere creduti». Antonio Pavida Il presidente onorario di Mediobanca Enrico Cuccia
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