Cossutta «D'Alema, io ti condanno»

I PERCHE' La grande rivincita contro la Quercia: sono stati troppo arroganti, la storia li boccerà Cossutta: «D'Alema, io lì condanno» «E Rifondazione è ormai forte come ilpds» INTERVISTA I PERCHE' DELIA ROTTURA SROMA ONO le nove del mattino quando Amando Cossutta arriva nel suo piccolo ufficio alla Camera dei Deputati. Solita modesta cravatta blu su decoroso abito blu, unico ornamento il distintivo partigiano del Corpo volontari della libertà al bavero della giacca. Il vecchio professionista della politica tiene degli appunti già preparati sulla scrivania, li segue con gli occhi, e la voce gutturale calibra ogni parola, più di sempre. Ma poi, solo per un attimo, l'argomentare freddo su di una decisione ormai assunta l'uscita di Rifondazione comunista dalla maggioranza di governo - lascia spazio all'irrompere dei ricordi e dei sentimenti. Di colpo Cossutta finge di dimenticare l'intervistatore, dirige lo sguardo altrove e punta il dito indice: «Tu, Massimo D'Alema, sei sul banco degli imputati. I miei nipoti lo leggeranno sui libri di storia che tu, un vicepresidente dell'Internazionale Socialista, insieme a Prodi hai scelto l'Europa di Kohl e della Bundesbank, condannando alla solitudine il tuo compagno socialista francese Jospin che tentava una politica di rilancio dell'occupazione, di riduzione dell'orario, di tassazione delle grandi rendite. So bene che di fronte alla nostra decisione formale di uscire dalla maggioranza di governo, una valanga di accuse e anatemi ci sommergerà. Saremo definiti affossatori dell'Europa, delle riforme istituzionali, della sinistra. Ma tu, D'Alema, lo sai bene in quanti incontri riservati, nelle case e negli uffici, abbiamo ripetuto in tutte le lingue che non potevamo sopportare l'arroganza di una politica del tutto indifferente alle istanze no,stre, dei disoccupati, dei pensionati, delle masse popolari. Oltre che inique, le vostre scelte di oggi erano non necessarie. E allora la storia collocherà te, non noi, sul banco degli imputati». Si capisce così che quella di oggi, per il presidente di Rifondazione, non sarà solo la giornata della grande rottura. E' anche la giornata della grande rivincita. Onorevole Cossutta, dal suo tono devo dedurre che non intendete neppure aprire una trattativa per modificare la legge finanziaria presentata dal governo? «Ha capito perfettamente. Non abbiamo una posizione emendativa bensì alternativa nei confronti di un governo che riduce le prestazioni sociali e aumenta l'Iva. Certo se potremo strappare anche solo una lira di miglioramento ne saremo lieti, ma non cambierà il nostro giudizio che ci porta oggi a sanzionare la fine di questa maggioranza». Il governo Prodi cade sulle pensioni? «Non voghamo essere chiusi nell'angolo della pur sacrosanta difesa delle pensioni. L'elenco delle questioni su cui la maggioranza non ha trovato un cemento comune è ben più vasto: le riforme istituzionali, la politica estera, la legge suirimmigrazione, i finanziamenti alla scuola privata, perfino i favori accordati a quest'ultima riguardo agli esami di maturità, per non parlare della candidatura di Di Pietro. Su tutto ciò, come un macigno, è arrivata una Finanziaria diametralmente op posta a quella del governo Jospin». Ingresso nell'Unione monetaria; riassetto della spesa sociale; riforme istituzione li. Per l'Italia pareva schiu dersi un'epoca di stabilità. E' questo che non sopportava te? «Purtroppo questa euforia del tutto fuori luogo si è alimentata di un equivoco. Rifondazione è sempre stata, fin dal principio, cosa diversa rispetto all'Ulivo Tanto è vero che alle elezioni del '96 realizzammo quel frutto della fantasia italiana che è la desi stenza, per cui nell'uninominale Rifondazione ha presentato can didati solo in 27 collegi su 450. Prodi aveva capito bene la situazione, sapeva di non avere una propria maggioranza dell'Ulivo. Di qui la necessità di stabilire un rapporto con noi», n vostro in effetti appariva un tipico equilibrio provvisorio... «Sì, ma Prodi sembrava tenerne conto. Poi è cresciuta via via una sicurezza di sé, l'illusione di poter fare a meno di noi, perfino un'arroganza particolarmente accentuata del pds. E' fin dal tempo del governo Dini che il pds pensava di distruggerci o fagocitarci, riducendoci comunque a alleato subalterno e minoritario». Per questo la futura stabilità politica vi era insopportabile? «Lei si riferisce probabilmente agli accordi raggiunti da D'Alema nella Bicamerale. Intanto valutiamo quale possa essere il loro destino. Può darsi che si vada a un rabberciamento della maggioranza, cercando di sostituire i nostri voti con qualche altra stampella, come ipotizzano settori rilevanti del centro-sinistra. Ma se invece prevarrà l'ipotesi delle elezioni è del tutto evidente che la Bicamerale va considerata carta d'archivio, si dovrà ricominciare da capo». Affossare la Bicamerale è dunque l'obiettivo della crisi che aprite? «Noi sinceramente non voghamo le elezioni e non è vero che agiamo sulla Finanziaria per chiudere i battenti della Bicamerale. Però certo i suoi esiti non sono tra le ultime ragioni della nostra difficoltà a restare in questa maggio- ranza. La soluzione presidenzialistica è una vittoria strategica dell'estrema destra che fin dai tempi di Almirante ne aveva fatta la sua parola d'ordine. Senza contare le conseguenze drammatiche che potrebbero derivare dalla candidatura di un personaggio come Di Pietro...». Però non avete aperto la crisi su quel voto della Bicamerale. «Perché non riguardava direttamente il governo. Ma anche la divisione su quel voto conferma la fragilità della maggioranza. Leg¬ go che secondo la compagna Salvato dovremmo entrare nel governo. Ma come potremmo se questa maggioranza è in disaccordo su argomenti fondamentali?». Dunque ha sbagliato chi vi identificava col governo del- l'Ulivo. Ma dove pensate di andare, adesso, senza Ulivo? «Rifondazione ha già dimostrato di essere ben più di una semplice testimonianza. Io non avevo mai avuto dubbi sulla validità della scelta di dare vita a una presenza antagonista, ma certo non prevedevo di raggiungere così rapidamente tanto seguito e incidenza. Vivremo pure la fine secolo del Pensiero unico, ma queUa dell'antagonismo sociale è un'esigenza ^sopprimibile, cui purtroppo era venuto meno lo stesso grande pei». Fa un po' effetto sentirla adoperare questa terminologia da centro sociale giovanile. «Proprio ieri ho incontrato i compagni di Lotta continua che commemoravano T/Valter Rossi; assassinato vent'anni fa dai fascisti, e glielo ho detto: vi fu una compromissione del grande pei. Io stesso li chiamavo gruppettari e invocavo un "clima rovente" contro di loro, sbagliando». Sbagliava anche Berlinguer? «Vede, a me capita di pensarci tutti i giorni, è tutta la mia vita. Con la spinta dei moti operai e studenteschi l'intero movimento democratico realizzò grandi obiettivi. Ma poi, quando c'era da osare - nulla di avventuristico, sia chiaro - il pei si arrestava. Scattava la compromissione: il partito sosteneva con l'astensione un governo democristiano e la Cgil accettava le logiche del sistema con la svolta dell'Eur. Non a caso, è da allora che il pei perde consensi». Non glieli procurò certo lei, Cossutta, difendendo l'Urss. «Sull'Urss io sbagliavo e Berlinguer aveva ragione, ma in quel mio malessere si esprimeva la percezione della "mutazione genetica" già in atto nel pei». Se permette anche lei è sospettabile di mutazione genetica. Un vecchio comunista togliattiano che presiede un partito pieno di ex auto- nomi, punk, irriducibili... «Le assicuro che non sono un pesce fuor d'acqua dentro questa Rifondazione. Quei giovani mi manifestano affetto oltre al rispetto dovuto forse all'età, la vita, la coerenza. In questo partito ho vissuto emozioni indescrivibili. Nel febbraio '96, quando in duecentomila riempirono piazza del Popolo con le bandiere di Rifondazione e il tramonto arrossava quella Roma stupenda, io sul palco non riuscivo a trovare la voce per iniziare il comizio. Stavo pensando a Rimini, il congresso della scissione, quell'immenso salone fieristico da cui uscivamo in quattro gatti, e mio figlio Dario che mi guardava coi lucciconi alla presidenza. In tutto eravamo solo ottanta delegati. Oggi Rifondazione è il secondo partito più votato dai giovani, purtroppo dopo i missini». Cossutta, sta spiegandomi che un tale partito non può ridursi ad ala sinistra dell'Ulivo e delpds? «Bisogna laicamente e civilmente prendere atto che oggi e nel futuro esistono due diverse sinistre in gara tra loro per l'egemonia. Prenderne atto consentirà di farle convivere, evitando che si contrappongano». Il suo sogno è che Rifondazione sorpassi il pds? «Nessuno meglio di me può sapere cosa è il pds, però solo in una parte dell'Italia: l'Emilia e la Toscana, dove la presenza del partito - come direbbe Togliatti - corrisponde a ogni piega del tessuto sociale. Al di là di quelle regioni siamo già dinamicamente equivalenti, siamo una forza che può stare alla pari con il pds. E' così a Torino e a Milano. La nostra presenza organizzata è maggiore nelle grandi fabbriche, tra i giovani, tra gli insegnanti...». Non piacerà a D'Alema, questo suo elenco. «D'Alema ha reagito alla nostra crescita con un riflesso di arroganza, questo sì residuo di un vecchio pei incapace di ammettere alcuna presenza alla propria sinistra. E' mancata la disponibilità al dialogo. Eppure solo degli irriconoscenti possono dimenticare che abbiamo consentito nel primo anno di governo Prodi il reperimento di centomila miliardi, senza peraltro toccare pensioni e sanità. Era giusto che ora partisse la stagione del rinnovamento, nello spirito autentico del 21 aprile. Invece si è imboccata la strada di Kohl». Non si arrabbi, Cossutta, ma questa vostra rottura somiglia molto al ribaltone con cui Bossi fece cadere il governo Berlusconi nel '94: per paura di finirne stritolato. «Qualche analogia può esservi, anche se noi temiamo per la sorte delle classi subalterne più che per il ridursi del nostro potere d'interdizione. Ma infine vogliamo riconoscere l'ultimo dato di fatto che D'Alema si è ostinato a negare?». Quale? «In Italia non ci sono due poh, è l'ennesima bugia. Il Centro è un dato ^sopprimibile della realtà italiana, caratterizzata dalla forte presenza cattohea. Esiste un'esigenza di moderatismo che non è né di destra né di sinistra. Certo, con le forze moderate vanno ricercati accordi elettorali. Ma quell'idea dalemiana di egemonizzarli, prima Buttiglione, poi Bossi, infine Maccanico e Dini, si è rivelata fallimentare perché la realtà non può essere violentata». E così alla fine rispunta il solito Cossutta di sempre. Capace, dopo aver sventolato la bandiera rossa, di strizzare l'occhio ai vari democristiani con cui, nella crisi, giocherà di sponda. Ma non cambierà mai, questa Italia? Gad Lerner «Prodi con il tempo è cambiato e si è illuso di poter fare a meno di noi» «Il bipolarismo è finito Con i moderati si fanno accordi Massimo vuole egemonizzarli» «Analogie col ribaltone leghista? Possibile Ma noi temiamo per le classi subalterne non per il nostro potere d'interdteione» «Se prevarrà l'ipotesi delle elezioni la Bicamerale va considerata carta d'archivio» Il presidente di Rifondazione Armando Cossutta A sinistra una manifestazione del prc Sopra: l'atto di nascita di Rifondazione comunista: Sergio Garavini, Armando Cossutta e Lucio Libertini. A sinistra, Walter Rossi, ucciso 20 anni fa