Il Carroccio sceglie il silenzio di Ugo Bertone
Il Carroccio sceglie il silenzio Il Carroccio sceglie il silenzio Solo pomodori della Life contro un manichino MESTRE DAL NOSTRO INVIATO Il primo, in pratica l'unico, fischio a Scalfaro arriva dai portici, quando il Presidente sillaba che «il Capo dello Stato non sfida nessuno». Polizia e carabinieri piombano, rapidissimi, sul contestatore, rannicchiato proprio sotto i portici. E' Massimo Stevanato, piccolo imprenditore che dichiara di votare Forza Italia («passavo di lì, non c'era nulla di premeditato»). In quattro lo portano via da piazza Ferretto, lo identificano e lo allontanano («ho solo testimoniato la mia idea», borbotta lui). Altra contestazione non ce n'è. Anzi. La folla è solidale, i bambini applaudono, al comando di una maestrina che, prima dell'arrivo di Scalfaro aveva spiegato che «quando alzo la bandierina, tutti ad applaudire». E' difficile immaginare un luogo più protetto di piazza Ferretto, pre¬ sidiata dalle forze dell'ordine, dai consigli di fabbrica e dalle associazioni dei reduci. La contestazione? A farsi vivi sono solo quelli del Life, i «liberi imprenditori federalisti europei», che tentano di marciare verso piazza Ferretto. Ma in largo Garibaldi, a un chilometro dal palco, carabinieri e poliziotti sbarrano la strada agli imprenditori-antifisco, in tutto una trentina. Ne viene fuori una piccola scaramuccia a suon di spintoni e pugni. Ha la peggio Graziano Bertacco, presidente della Life di Vicenza, che rimedia una ferita in fronte. Arriva l'autoambulanza ma Bertacco, impavido, la rimanda indietro: «Non mi faccio ricoverare io - spiega - perché ho un'azienda da guidare...». Intanto Fabio Padovan da Conegliano, leader indiscusso della protesta fiscale, alza il pantalone e mostra una ferita alla caviglia ai carabinieri. Ma la fantasia della protesta non si esaurisce nella conta delle «vitti¬ me». Quelli'della Life stendono un telone sul marciapiede («mica vogliamo sporcare, noi...»), innalzano un manichino con la foto di Scalfaro su un cassonetto delle immondizie. E poi? Giù con il lancio dei pomodori contro l'effigie del Capo dello Stato. Il tutto dura poco meno di mezz'ora, quando Scalfaro lascia la piazza quelli della Life ritirano i teloni, offrono i pomodori (perini da sugo) che avanzano alla parrocchia e, addirittura, applaudono la forza pubblica che ha fatto il suo dovere. «Siamo gente perbene, noi», mormora uno dei trenta irriducibili. Questa, comunque, è l'unica vera contestazione. La Lega? Non si è vista. E i servizi d'ordine, sindacati in testa, hanno vigilato. I sindacati, addirittura, raccontano d'aver raccolto in piazza 3200 firme contro la secessione. E così, alla fine, la parte della «pecora nera», coperta dai fischi della piazza, l'ha fatta Giancarlo Galan, presidente della Regione Veneto, quello che aveva invitato Scalfaro a non venire. «Non mi pento - dice - di quel che ho detto, ma del come». E si sfoga: «Da allora ho subito un'opera di criminalizzazione. Contro di me si è mosso un esercito compatto. Eppure io sono per le istituzioni, ci mancherebbe. Ma rivendico la stessa libertà di espressione concessa a suo tempo ai contestatori di Cossiga». «Povero Galan - ironizza l'eroe della giornata, il sindaco Massimo Cacciari - ha bisogno di allearsi alla Lega ma questo gli provoca contestazioni in Forza Italia...». Ma questo blitz di Scalfaro, Mancino e Violante non sa di manifestazione popolare in suo favore? E quei bambini, i sindacati... Non c'è stata troppa organizzazione? «Ma nessuno ha organizzato nulla - replica lui -. La scuola, la città si è organizzata da sola. E' una città democratica. Io non mi sono certo posto il problema della campagna elettorale, anche perché ero in tutt'altre faccende affaccendato, e questa manifestazione, programmata da un anno, l'avrei fatta comunque, in qualsiasi momento. Però...». Però? «Senza Galan e la Life un clamore del genere era difficile perfino da immaginare...». Ugo Bertone
Luoghi citati: Conegliano, Vicenza
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