«Joyce, fulminato dal fuoco divino» di Marco Belpoliti

LA REPLICA LA REPLICA di Marco Belpoliti CARO Tuttolibrì, purtroppo ha ragione Alberto Arbasino: il Lettore è un Telespettatore. L'altra settimana, primo incontro con una classe di studenti delle superiori (anno di nascita 1982): nessun libro letto durante l'estate, nessun quotidiano acquistato, nessun quotidiano reperibile in casa (piccola borghesia brianzola). Ma non è sempre stato così? Da una conferenza di Hans Magnus Enzesberger alla Scuola per Librai di Venezia (Avanti Gutenberg. Due hurrah per una minoranza'., Marcos y Marcos 1995): «i riformatori del XIX secolo avevano sopravvalutato l'attrazione per la cultura più elevata. L'enorme successo della carta stampata si è rivelato una fata morgana, un breve interludio nella storia dei mezzi di comunicazione»; e ancora: «In termini di status sociale non fa più nessuna differenza essere appassionati di Schònberg piuttosto che di Michael Jackson; troviamo guidatori di taxi disoccupati che hanno famigliarità con Dante e con Proust e abbiamo politici ad altissimo livello e banchieri che praticamente sono analfabeti». Ma non sarà che è tramontato un modo di leggere, il Nostro (tradizionale, lineare, progressivo)? Come leggono Loro? Lettura trasversale, desultoria, intermessa, ora rapida ora lenta, qual è la lettura dei lettori deculturati; niente canone, niente gerarchie: Leggo quello che mi pare e come mi pare (sotto il tavolo, sdraiato, ecc.)! Come andrà a finire? «Soltanto tra cinquanta o cento anni potremo sapere dove ci ha condotti e, se ne avremo voglia, emettere un giudizio. Ora no, è troppo presto» (A. Petrucci, Leggere per leggere: un avvenire per la lettura, in Storia della lettura, Laterza 1995). L centenario della nascita di William Faulkner (25 settembre) troverà in ottobre un riscontro davvero benvenuto con la pubblicazione, da Einaudi, del romanzo più celebrato, forse, dello scrittore americano, L'urlo e il furore, nella traduzione di Vincenzo Mantovani, introduzione di Emilio ladini e postfazione di Attilio Bertolucci. Altri seguiranno. Di Faulkner esiste sempre un aspetto poco noto, degno di essere riscoperto. Nel profilo che ne tracciai per «Società e Cultura» (La Stampa, 19 maggio 1997) omisi di proposito di affrontare la figura del Faulkner intellettuale, lui che per ostentata civetteria si dichiarava semplicemente un contadino del Mississippi. Henry Nash Smith, uno dei maggiori critici americani, raccontava della sua visita, in qualità, allora, di giovane collaboratore di un giornale del Texas, a Faulkner nella casa di Oxford, Mississippi. Faulkner pretendeva di conoscere molto poco della letteratura contemporanea, sostenendo di sapere vagamente di Joyce. Ma quando egli si allontanò per preparare il drink, il mio amico Henry si prese la libertà di gettare un'occhiata agli scaffali che coprivano le pareti, e scoprì una copia di Ulisse gremita di segnalibri e con annotazioni in margine. Del resto, a Roma, Faulkner confessò a Emilio Cecchi di non ricordare di aver scritto il suo racconto che Cecchi gli diceva di ammirare. Pure, in un paio di occasioni Faulkner accettò per brevi periodi un invito dell'Università della Virginia a incontrare gli studenti. Dalle registrazioni, Frederick L. Gwynn e Joseph L. Blotner ricavarono un'antologia, Faulkner in the University (The University of Virginia Press, 1959). Un libro pieno di sorprese. Ne abbiamo scelto un piccolo florilegio, aggiungendovi alcuni passi tratti dal discorso di accettazione del Nobel, nel '50, unico testo teorico che Faulkner ci abbia lasciato. Claudio Gorlier «Joyce, fulminato dal fuoco divino» DON CHISCIOTTE. Leggo Don Chisciotte ogni anno. Dite che è molto lungo? Non me ne sono mai accorto. Leggo il Vecchio Testamento. Leggo ogni anno un poco di Dickens, e ho un tascabile con le opere di Shakespeare che porto sempre con me. Quasi ogni anno leggo Conrad, Moby Dick, Checov, Madame Bovary, un poco di Balzac, Tolstoi. JAMES JOYCE. E' stato uno dei grandi del mio tempo. Lui, Thomas Mann, sono stati i grandi scrittori del mio tempo Joyce venne fulminato (nell'originale, «electrocuted», lo stesso verbo che indica l'esecuzione sulla sedia elettrica ndt.) dal fuoco divino. Era probabilmente, o avrebbe potuto essere, il più grande, ma venne fulminato. Aveva più talento di quanto ne potesse dominare. accetta per essere uno scrittore. Ha imparato presto un metodo con cui operare, non ha mai mutato il suo metodo, che gli stava bene, e lo ha usato be WOLFL Metto Thomas Wolfe più in alto di Hemingway. Ma Hemingway è un uomo che non ha mai tradito l'integrità che si accetta per essere uno scrittore. Ha imparato presto un metodo con cui operare, non ha mai mutato il suo metodo, che gli stava bene, e lo ha usato bene. Credo che il suo ultimo libro, Il vecchio e il mare, sia il migliore perché ha scoperto qualcosa che non aveva mai trovato prima, cioè Dio. Fino a quel momento i suoi personaggi agivano in un vuoto, non avevano passato, ma d'improvviso, in II vecchio e il mare, ha trovato Dio. DIO. Nessun genere di letteratura ha successo senza una concezione di Dio, chiamateLo con il nome che vi pare. Penso a Jean-Paul Sartre, che è un buono scrittore in senso stretto, ma qualcosa gli manca. Questa è per me la differenza tra Camus e Sartre, fra Sartre e Proust, la differenza tra Sartre e Stendhal. Che Sartre ha negato Dio. FITXGERALD. Troppi scrittori si bruciano da giovani, tragicamente, e poi la loro vita diventa infelice. Vanno a pezzi. E' il ca-

Luoghi citati: Oxford, Roma, Texas, Venezia, Virginia