Il regista che lasciò Hollywood per un Soriano bianco e nero di Franco Garelli

i i Il regista che lasciò Hollywood per un Soriano bianco e nero AVEVA appena finito di girare a Los Angeles un film con la Hemingway. Gli avevan dato cinquecentomila dollari, poteva considerarsi un promettente regista hollywoodiano. Invece un bel mattino Eduardo Montes Bradley si sveglia e si chiede cosa stia facendo in America e che quello non è un cinema che fa per lui. Così se ne torna in Argentina dove ha un grande amore: quello per Osvaldo Soriano. Ne conosce a memoria ogni libro, ogni sofferenza nell'esilio di Parigi. Ma a Buenos Aires, Eduardo Montes arriva troppo tardi, l'autore di Triste Solitario y Final è morto da poco. Montes conta quanti soldi hollywoodiani gli son rimasti, chiede aiuto all'Istituto Nazionale del Cinema, all'Università di Buenos Aires, a qualche assessorato e parte per fare un film di novanta minuti su Osvaldo Soriano. Scrive su un carnet nomi di città: Buenos Aires, Rosario, Mar del Piata, Chipolletti, New York, Londra, Milano, Torino, Roma, Parigi. Scrive dei nomi: Bioy Casares, Eduardo Galeano, Ignazio Taibo II, Gianni Mina. Prende un operatore esperto in bianco e nero, Alberto Saad. E partono. Affittano macchine che diventano il loro albergo, guidano di notte per guadagnar tempo e per risparmiare han deciso che sono «in cura dimagrante». A vederli, Eduardo e Alberto, sembrano personaggi di mia nuova storia di Soriano. Nico Orengo Feltrinelli MICHELE SERRA IL RAGAZZO MUCCA Il primo romanzo che rumina. Il primo romanzo di Michele Serra. Parliamone ROCK E SPOT OFFUSCANO LA LINGUA DI DIO IN un mondo in cui le coso sembrano contare solo se si traducono in immagini, solo se vengono fissate e ri_J lanciate dai mass media, non sono pochi quelli che guardano con interesse e un po' di perplessità a ciò che sta avvenendo in questi giorni a Bologna. «Bologna la grassa», «Bologna la rossa», ha improvvisamente cambiato volto, per dar spazio a una celebrazione senza precedenti che dura tutta la settimana: quella conclusiva del 23" Congresso Eucaristico. In attesa del Papa (sabato e domenica), ogni giorno è dedicato a un tema, per una sorta di coniugazione tra Eucarestia e vari ambiti della vita. La chiesa di Bologna (che ha organizzato l'evento) ha tatto le cose in grande, collocando i! Congresso Eucaristico nel cammino della Chiesa italiana, come una tappa fondamentale in vista del Giubileo del Duemila. In tutto questo sforzo è chiara l'intenzione di testimoniare la presenza di Cristo «entro ogni frammento di tempo» (come ricorda il Cardinal Tonini su Avvenire), anche in un'epoca per vari aspetti estranea al linguaggio della fede. E proprio per contrastare l'indifferenza, si ò andati alla ricorca di nuovi linguaggi e possibilità espressive. Di qui l'ampio ricorso alla pubblicità alla radio e alla Tv, il contributo degli sponsor, il coinvolgimento di star del mondo della musica e dello sport, ecc. Ovviamente le questioni di sostanza non sono passate in second'ordine. Il centro è occupato dall'Eucarestia, e tutti i giorni il Duomo è pieno di fedeli in adorazione, mentre non sono pochi i richiami religiosi che attraversano le manifestazioni pubbliche. Tutto ciò, comunque, non è sufficiente a cancellare le perplessità di alcuni, connesse ad una grande «fiera profana» della fede. Che cosa dislingue questa kermesse dai molti eventi spettacolari che ci offre la società dell'immagine? Che cosa si vuol proporre ai giovani coinvolgendo divi del mondo del calcio e della musica che guadagnano miliardi all'anno? E' davvero necessario mettere il logo della manifestazione (la grande croce di Cristo, con la scritta «ieri, oggi, sempre») anche nel supermarket degli spot televisivi? In sintesi: che senso ha utilizzare i linguaggi profani pei" predicare il sacro? L'intento è certamente di portare a tutti il messaggio religioso, avvicinandosi in tal modo alle «domande» della gente e utilizzando i mezzi del tempo presente. Ma proprio questa «prossimità» di linguaggio e di strumenti può far disperdere la novità e radicalità del messaggio religioso. Oggi non mancano le attese nei confronti della Chiesa, anche in una parte di quel mondo laico che ha perso molte certezze. Ma più che di generiche occasioni di socializzazione, si avverte il bisogno di proposte specifiche, di momenti di ricerca spirituale, di segni di carità e di testimonianza. Alcune di queste proposte, per essere efficaci, devono porsi in termini «controcorrenti» rispetto alla cultura prevalente, richiamando l'uomo alla sua vocazione ultima, ancorandosi ai bisogni ma nello stesso tempo ampliando i suoi orizzonti. La storia della Chiesa è del resto ricca di quel linguaggio religioso capace anche oggi di interpretare le speranze e le angosce della gente e di restituire un'anima a questo mondo. Franco Garelli