D'Alema: «Stavolta fanno sul serio» di Augusto Minzolini

IKAlema: «Stavolta fanno sul serio» IKAlema: «Stavolta fanno sul serio» Duello a sinistra, il pds vuol vedere le carte delprc Aben guardare, l'ipotesi catastrofica di cui il segretario del pds ha parlato ieri - sempreché si realizzi avrebbe come motivi scatenanti non tanto le questioni di merito, quanto la difficoltà di far coesistere le due sinistre, quella di governo e quella antagonista. Eh già, se Bertinotti e Cossutta si trovassero a votare anche questa finanziaria, se decidessero di non cambiare la loro collocazione parlamentare di questi mesi (è la nuova espressione usata ieri dalla segreteria di Rifondazione per minacciare la crisi), il loro «non ingresso» al governo si trasformerebbe in una questione puramente formale: la presenza nell'esecutivo di ministri o sottosegretari «neo-comunisti» diventerebbe solo un particolare privo di importanza, perché, il partito di Cossutta e Bertinotti avrebbe nei fatti cambiato pelle. Del resto, l'ingresso nel governo sarebbe~l!epilogo naturale per una forza che da un anno e mezzo appoggia il governo Prodi, che gli ha dato i suoi voti per due manovre economiche di un certo peso. Ma questo discorso non vale nel caso di Rifondazione, cioè di un movimento che per difendere la sua identità si barcamena nel ruolo paradossale di forza di maggioranza che fa opposizione. Sul piano logico si tratta di una condizione insostenibile per lungo tempo, se non si vuole perdere di credibilità, visto che è difficile sposare i cortei contro il governo con la nomina di personaggi di fiducia ai vertici di banche e di enti. Ma questa logica che vale per i «comuni partiti» non piace a Bertinotti e a Cossutta, che potrebbero contrapporgliene un'altra che ai più potrebbe sembrare irrazionale: quella di far cadere l'esecutivo che sta per portare il Paese in Europa, pur di non ammettere che Rifondazione è diventata a tutti gli effetti una forza di governo. Ecco perché i timori di D'Alema, quelli su cui ha dissertato nella riunione di ieri a Botteghe Oscure, sono fondati. Tutto può accadere quando si ha che fare con un partito che vive nel passato, che nell'epoca del bipolarismo e dell'alternanza crede ancora che una forza possa partecipare al governo senza assumersene le responsabilità. Sull'argomento, un dirigente di Rifondazione che vuole rimanere anonimo offre una spiegazione accademica: «Appoggiando il governo Prodi anche in que st'occasione, noi avremo problemi a rendere visibile il nostro antagonismo. In più la stabilità del quadro politico aprirebbe la strada alle riforme Nello schema bipolare è chiaro che la nostra presenza diventerebbe sempre più marginale alla fine, volenti o nolenti, diventeremmo la corrente di sinistra della Cosa due di D'Alema. La strada della crisi, anche se molto rischiosa, potrebbe rimettere in discussione tutto. Si creerebbe automaticamente una sorta di grande centro e il pds si ritroverebbe schiacciato tra noi e loro. Senza contare la voglia di ritorno al proporzio naie che c'è in giro. D'Alema potrebbe all'improvviso ritrovarsi in un imbuto, potrebbe essere costretto ad allearsi con un inedito schieramento neo centrista, accettando il ruolo che una volta era del psi. A quel punto noi potremmo risucchia re l'elettorato di sinistra del pds, rimettere su lo stesso blocco sociale del vecchio pei». Elucubrazioni fuori dalla realtà, fantasie che rasentano la follia? Sarà. Ma a ben vedere il piano - se è realmente questo - una sua razionalità perversa ce l'ha. E anche il grado altissimo di rischio deve essere inquadrato nell'ottica di una forza come Rifondazione che si sta giocando la sopravvivenza. Se ne è accorto anche il vertice del pds. Tant'è che ormai tutti, da D'Alema a Veltroni, da Minniti alla Mancina, hanno assunto lo schema: «Se c'è la crisi si va ad elezioni». Ma non è detto che la «contromossa» riesca. «Noi lo grideremo alto e forte - ha detto ieri D'Alema ai suoi - ma non è detto che ci permetteranno di andare alle urne. Se Rifonda- zione lasciasse la maggioranza bisognerebbe mettere i cancelli per tenere lontano dal governo quelli del centro-destra». Ecco perché, in fin dei conti, la carta principale che la «sini¬ stra di governo» si accinge a giocare contro «la sinistra antagonista» è quella del confronto. «Dobbiamo - ha spiegato D'Alema ai suoi - ridurre gli spazi che Bertinotti ha a disposizione. Se si entra nel merito dei problemi, Rifondazione è un pericolo ridotto. Noi dobbiamo parlamentarizzare gli argomenti e a quel punto voglio vedere se Bertinotti arriverà fino in fondo. Dobbiamo affrontare le questioni singolarmente e con pragmatismo. Senza contare che, dopo il passaggio al Senato, alla Camera la Finanziaria sarà inevitabilmente modificata per rendere meno violento il suo impatto sociale». Insomma, per evitare la crisi i protagonisti si stanno attrezzando ai tempi lunghi. Il confronto vero ci sarà a Montecitorio, più o meno a metà novembre. Intanto D'Alema e i suoi si apprestano a lanciare su Rifondazione una manovra avvolgente. Ieri il segretario del pds ha addirittura fatto presente che i provvedimenti sull'occupazione lasciano a desiderare, beccandosi le repliche di Veltroni. Ma anche il vicepresidente del Consiglio, malgrado Prodi continui a fare il duro («non calerà le brache» è il leit motiv dell'entourage del presidente del Consiglio), ha indossato i panni del trattativista. «Personalmente - ha raccontato ieri al Bottegone - da sabato scorso ho cominciato la mediazione con Bertinotti. Per lui sarà difficile rompere dato che siamo pronti a fare una proposta anche sulla riduzione dell'orario di lavoro». Capita l'antifona? Nella liturgia di questo strano confronto, al solito pesano più i simboli che il merito dei problemi. Augusto Minzolini «Se i neocomunisti lasciassero la maggioranza bisognerebbe mettere i cancelli per tenere lontano il centrodestra» Il ministro del Tesoro Azeglio Ciampi ggg Il ministro del Tesoro Azeglio Ciampi

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