IL DOLORE SPETTACOLO di Gianni Vattimo

Un Fondo per i poveri IL DOLORE SPETTACOLO venti persone. Invece di riconoscere che qui c'è unproblema reale, espresso per esempio nel detto latino «propter vitam vivendi perdere causas» (varrebbe la pena salvare la vita se al mondo non rimanessero opere d'arte da contemplare?), tutti si sentono obbligati a schierarsi da una parte o dall'altra, come tifosi di calcio. E poi: il presenzialismo un po' vacuo dei politici di ogni colore; la «giusta rabbia» delle popolazioni colpite, l'ira dei sinistrati, la protesta nei confronti del governo che «non fa niente». Fiumi di interviste televisive a terremotati che, come è perfettamente comprensibile dal loro punto di vista, si scagliano contro tutto e tutti; salvo poi, fra una settimana o un mese, continuare la solfa del «ci dica ci dica» andando a chiedere loro se si sentono di perdonare il sottosegretario, la Protezione civile, il prefetto, il governo e magari l'Onu. Ripetiamolo: coloro che sono stati colpiti nella persona, negli averi, negli affetti, hanno tutto il diritto di aspettarsi la nostra solidarietà, e di manifestare il dolore e anche la rabbia che provano. Un po' meno accettabile è che tutto questo sia subito diventato spettacolo, soprattutto televisivo, con la scusa che i media hanno il dovere di dare le notizie. Ma non si danno notizie andando a domandare alla madre in lutto come «si sente» dopo che le è morto il figlio; e purtroppo questo è fin troppo usuale nei media italiani. E' difficile, certo, dalle colonne di un giornale lamentare che anche il terremoto sia diventato un circo mediatico. Anche la discussione sul comportamento dei media rischia infatti di diventare un altro pezzo dello spettacolo, di aprire un «vasto dibattito». Sappiamo che il rischio c'è, ma lo affrontiamo consapevolmente, sicuri che, per fortuna, non tutto ciò che si mostra, si dice e si scrive sui media ha lo stesso valore. Invece di continuare l'iroso palleggio delle responsabilità e lo scavo nei sentimenti delle persone colpite, chi si preoccupa di fare informazione seria sul terremoto e le sue conseguenze potrebbe per esempio puntare l'attenzione sulle misure di prevenzione, sulla politica del territorio, sui rischi documentati da altre tristi vicende del passato recente - che la ricostruzione sia troppo lenta o troppo inquinata da tangentismi di ogni tipo. Soprattutto, ma temiamo che anche questa volta non succederà, si potrebbe cominciare a pensare e dire esplicitamente - negli alberghi, negli edifici pubblici, nelle scuole, stadi, cinema, teatri e così via - che l'Italia è un Paese a intenso rischio sismico, come il Giappone, il Messico la California, fornendo precise e chiare norme sui comportamenti da tenere in situazioni di emer genza. Appunto come si fa nei Paesi che convivono con questo rischio; e dai quali potremmo imparare, se non a prevedere i terre moti, perché a quanto pare nessu no sa ancora come fare, almeno a costruire o ristrutturare le nostre case, gli ospedali, gli edifici pubblici in modo da adeguarli ai pericoli a cui, per la natura del territorio, sono permanentemente esposti. Senza dovercelo ricordare sempre di nuovo quando è ormai troppo tardi. Gianni Vattimo PRIMA PAGINA

Luoghi citati: California, Giappone, Italia, Messico