POMPEI l'assalto mortale

Per le strade della città archeologica assediata dai turisti, mentre si discute sul futuro: diventerà un museo all'aperto o una Disneyland? Per le strade della città archeologica assediata dai turisti, mentre si discute sul futuro: diventerà un museo all'aperto o una Disneyland? POMPEI l'assalto mortale POMPEI DAL NOSTRO INVIATO Sul Golfo di Napoli il tempo è girato: se ne va l'estate. Una pioggia leggera, fastidiosa, che taglia giù dalla Somma verso Pompei, Erodano, Stabia, alzando profumi di fico e bosso, odore di palma e salino. Aggredita, come è normale, Pompei, fuori da Porta Marina, Porta Stabia, Porta Nocera, Porta Sarno, vive tra serpentoni d'autobus e fiumane di turisti. Cartelli esaltano «parcheggi all'ombra» fra pensioni Spartacus, Forum, alberghi Svizzera e Roma, campeggi Vesuvio e camere. Fra bancarelle di souvenir, cartoline, video, guide, l'odore universale di patate fritte si arresta, entrando nella zona archeologica a qualche decina di metri dall'ingresso di Porta Marina, appena appare Villa Suburbana e il Tempio di Apollo. Il «museo» en plein air più grande del mondo, la città bloccata in quell'attimo che precede la morte: un'agonia che dura, e durerà per sempre, da quell'alba del 24 agosto del 79. Pompei e problemi. Una città, osca, greca, etnisca, sannita, romana, di 44 ettari di cui «solo» 13 scavati e offerti al pubblico, due milioni di persone che ogni anno si affacciano al Foro, percorrono via dell'Abbondanza, attraversano il tempio .di Giove, le Terme Stabiane, entrano nella Casa dei Vettii e di Sallustio, di Diomede e di Menandro. Si fermano a guardare le scene erotiche del Lupanare e quelle esoteriche della Villa dei Misteri, le Menadi e le Veneri gentili. Comitive di giapponesi, tedeschi, slavi, inglesi e italiani che si incolonnano e si acquietano man mano che avanzano fra mura, anfiteatri e negozi, vinti dalla prospettiva del luogo: le lunghe strade che si perdono a ogni incrocio, fra pini e cipressi, il lieve picchettio di giovani archeologi chini sugli scavi. Il silenzio che assorbe le voci. 0 anche il desiderio di sentire l'anima del luogo, la sua sacralità, la meraviglia. Problemi su Pompei. Un appello lo aveva lanciato Walter Veltroni, come ministro dei Beni culturali, durante il Forum, al Lingotto di Torino, sul nostro patrimonio artistico e in concomitanza con la mostra «Pietà Fragmenta» con gli straordinari affreschi di Pompei (con un catalogo curato dal soprintendente Giovanni Guzzo e pubblicato da Allemandi). Ed è di questi giorni l'incontro del vicepresidente della Confindustria Callieri con il ministro Veltroni per definire le tappe dell'intreccio fra pubblico e privato di quella «Convenzione per valorizzare il patrimonio artistico», con priorità assoluta sul «problema nazionale Pompei». Mentre al Senato la commissione Pubblica Istruzione ha appena approvato il disegno di legge noto come «provvedimento su Pompei», che fra l'altro conferisce autonomia scientifica, organizzativa e finanziaria alla Soprintendenza della città vesuviana. Un programma, un comitato, contatti per trovare fondi, sponsor che adottino quartieri, strade, duemila miliardi per salvare questo frammento di Storia Universale. Sono stati fatti molti progetti sul futuro di Pompei, da quelli più radicab, sono degli inglesi, di ricoprirla per «salvarla» definitivamente dagli agenti atmosferici e dal turismo di massa a quelli di trasformarla in un parco Disneyland o Jurassic Park. Renzo Piano vedendola come «città archeologica» per eccellenza aveva cominciato a pensare a Pompei dall'esterno: a un vialone circolare dove potessero collocarsi tutti i servizi, biglietterie, guide, parcheggi; e a un sistema di «bolle» sporgenti dal terreno. Queste quattro bolle potevano ospitare un teatro con la rappresentazione degli ultimi giorni della città, un'altra un museo di com'era Pompei, una terza con banca dati, anche virtuale, e l'ultima con gli aggiornamenti degli scavi, un vero spettacolo di «scavo in progress» che lo studioso e il visitatore poteva vedere dal vivo. All'interno della città Piano si poneva il problema di aiutare le setteottomila persone che quotidianamente la visitano a viverla senza ferirla. E dunque: nuovi arredi, telefoni, toilette, sedili, insieme con delle «coperture» trasparenti attraverso le quali potesse essere visibile il cantiere. I reperti scavati avrebbero dovuto trovare ospitalità in container mobili da spostare lungo la città. Una «treasure house» in movimento. «H pubblico - dice Piano - può essere reso intelligente mediante l'interesse e l'interesse deriva dallo spettacolo, dal suscitare la curiosità, dal fascino che si provoca con una buona regia nella spiegazione del sapere». E' vero. Pietre e pietre, muri e muri, momenti in cui l'occhio si ferma sui mosaici, sulle pitture, sui calchi, sul vasellame, momenti in cui riempie le arene di combattimenti, i teatri di maschere, ma poi... Ma poi vorrebbe di più, abi- tuato, condizionato com'è, da tanto cinema, da tante immagini, il visitatore vorrebbe veder animarsi vie e case, palestre e terme, di vita, almeno di una simulazione di vita che faccia capire chi erano i pompeiani, come vivevano. Anche senza Spielberg e i suoi effetti speciali tipo sciara dal Vesuvio, nuvole di lava sospese sulla città, vortici di fumo che arrivano, lo ricordava Plinio il Giovane, ad aggredire Capri. L'architetto Paolo Romanello, direttore dell'Ente delle Ville Vesuviane, responsabile del Miglio d'Oro, quel tesoro costituito dalle straordinarie costruzioni che lambiscono Pompei, storce il naso sulle «bolle». Dice che le Ville potrebbero costituire il luogo ideale per i laboratori di ingresso a Pompei, centri d'accompagnamento culturale e ricerca. «Il problema di Pompei è la sua conservazione. La sua natura è di museo all'aria aperta. Il pericolo costante è la sua consunzione, dovuta più agli agenti atmosferici che non ai visitatori. Sarebbe certo opportuno organizzare percorsi di guida, itinerari prestabiliti, essere attenti alle esigenze dei visitatori. Ma bisogna intervenire il meno possibile, salvare l'esistente. Il restauro può portare a equivoci. Il problema è scavare e conservare. Certo è importante che il turista trovi le condizioni per star bene. Ma allora bisogna pensare alla città, alla sua viabilità, alle sue strutture turistiche. Lo so che siamo nella civiltà delle immagini e qualche concessione al virtuale è da prevedere. In questo senso esperimenti, che siano reversibili, si pos- Un disegno del progetto di Renzo Piano per Pompei. Al centro uno dei dipinti pompeiani restaurati e in mostra al Lingotto di Torino sino all' I I gennaio. In basso una veduta degli scavi sono tentare. Ma prima bisogna lavorare sulla coscienza dei visitatori. Quando vanno a una Disneyland di Parigi o Florida, sanno cosa vanno a vedere. Bisogna dare gli strumenti perché sappiano cosa significhi essere a Pompei. E allora bisognerebbe avere anche delle guide che siano all'altezza del luogo e della sua Storia». Se al professor Guzzo gli si dice che poter camminare su 13 ettari, invece che 44, sembra più che sufficiente, ride dell'ingenuità e dice: «Sì, ma sono quattro milioni di piedi ogni anno sulle stesse pietre. Sarebbe meglio disperderli sui 44 ettari della città. No, bisogna scavare e aprire. Noi conosciamo la città del 79 dopo Cristo, non quella ancora sottoterra del 1500 avanti Cristo. Il problema è scavare e conservare. Ci vengono accuse su pietre e mosaici calpestati dai turisti. E' vero, e proprio il 6 di novembre abbiamo una riunione al Cnr per discutere con Guido Baldi di questo problema». Il responsabile alla Sovrintendenza di Pompei ha appena appreso la notizia dell'incontro Veltrom-Calheri. E' soddisfatto, dice: «Pompei è la punta di un iceberg, iceberg che si chiama Patrimonio Artistico. Lo si risolve insieme con la società civile, fra pubblico e privato. Il problema dei Beni culturali, oltreché tecnico, è politico, come ha mostrato il vicepresidente Veltroni». Ma Guzzo che proposte avanza per Pompei? «Sono abbastanza laico - dice - per studiare soluzioni possibili. Disneyland? Se frotte di ragazzini scaricano la loro energia in uno spazio cosi e poi vedono l'autentico può andar bene. Ma la Disneyland è un di più... Dobbiamo dare visibilità e sempre di più a ciò che c'è. E conservarlo per i nostri nipoti. I progetti provocatori ben vengano, come quello di un grande ombrello che proteggerebbe Pompei. Va bene, ma quanto costa? In che rapporto stanno costi e benefici? Credo che dovremmo pensare ad affidare la città per settori a équipe di archeologi e architetti che elaborino un progetto di conservazione e restauro strettamente collegato a tutta la zona archeologica di Napoli e ai suoi musei. Va bene trovare uno sponsor che leghi la sua marca di scarpe a un affresco, ma è molto meglio se riusciamo a mettere su una rete che colleghi il tessuto vitale della regione, vivificandone tutte le infrastrutture che possono rendere godibile una visita a Pompei». Piovicchia ancora. Uscendo dal Viale della Villa dei Misteri il profumo di fico lotta con quello delle patate fritte. I bancarellai offrono libretti sull'eros sfrontato di Pompei e i colori delicati della Venere della conchiglia, con quel cielo dello stesso colore delle campanule che grondano sotto le palme, lungo i muri. Scavare, conservare, restaurare. E Disneyland sì o no, o un po'? ANNO 131 NUMERO 266 23