Ora L'Italia deve pensare alla ripresa

Ora L'Italia deve pensare alla ripresa Ora L'Italia deve pensare alla ripresa ITALIA ha subito rari e indispensabili interventi chirurgici per curare metastasi che mettevano in gioco la sua sopravvivenza di Paese libero e indipendente. Il malato è in via di risanamento, ma la terapia deve prevedere il rilancio immediato della strategia dello sviluppo, facendo leva sulle energie liberate dalle pastoie dello statalismo c del monopolismo per lavorire una generale competitività del sistema nazionale, oltre che delle sue imprese. Il governo non può limitarsi all'opera meritoria di risanare i conti pubblici (da completare con la riforma del welfare), deve suonare la riscossa della ripresa economica. Sono state poste le basi per una crescita ordinata, per sconfiggere la disoccupazione, non a spese del bilancio dello Stato, ma l'attuale pressione fiscale smorza entusiasmi e voglio di intraprendere. Ridurre le tasse sul capitale e sugli individui in forme coraggiose e assennate non è detto comporti contrazioni del gettito. Circa cinquanta anni or sono Valloni varò la riforma tributaria riducendo la pressione fiscale sulle imprese e sui cittadini. Non è arbitrario collegare anche a quei provvedimenti il take off dello sviluppo che è passato sotto il nome di miracolo italiano. L'Italia affrontava la ricostruzione con spunto giovanile entusiasta in ogni sua componente, pur nelle contrapposizioni sociali e politiche aspre, pronta a fondare da protagonista lo primo istituzioni europee. I conti pubblici non orano in disordine, lontana l'epoca delle dissipazioni e dei saccheggi. La crescita dell'economia, della produzioni;, della occupazione andava di pari passo al rigore della finanza statale. Gli imprenditori rischiavano i propri capitali fiduciosi nelle loro capacità e nel futuro dell'Italia. Non intendo riandare a un vicino passato, né riproporne anacronistiche imitazioni, ma ricordare che anche adesso ò possibile, oltre che necessario, riprendere con vigore la via dello sviluppo, forti del risanamento effettuato da Prodi e Ciampi noi conti pubblici, dall'avere afferrato in extremis il carro di tosta di Maastricht, di una stabilità politica e sociale non erosa dallo scorribande irritanti e impotenti della Lega. Non sono pochi coloro che attualmente mettono l'acconto soprattutto sulle esigenze del rigore, del contenimento dell'inflazione, della riduzione del fabbisogno pubblico, dol taglio delle spese, della riforma, indispensiibilo, dello Stato sociale e della previdenza, della flessibilità e della mobilità della manodopera. Tutte coso da perseguirò, ma non sono questi i segni distintivi dol capitalismo, o non si deve alimentare la fatalistica rassegnazione sul permanerò di una elevata disoccupazione e di una costante arretratezza del Mezzogiorno. E' bene sgombrare il campo dagli equivoci: la disoccupazione può essere sconfitta solo con la crescita economica; non è mai esistito capitalismo che rinneghi la sua ragione di essere: lo sviluppo, l'innovazione, la trasformazione continua, la fiducia nella conquista di nuovi traguardi. Il capitalismo non è unico e uguale ovunque, da una parte privilegia profitti esasperati, l'individualismo prevaricante, altre volte sente le ragioni dei salariati, dell'uso accorto delle risorse umane e naturali, talaltra impone abusi su lavoratori e natura in una ottica di sfruttamento miope e insensato. In Italia è possibile affermare un capitalismo dal volto europeo, uno strumento per lo sviluppo che non ha nel profitto il suo obiettivo esclusivo, ma che vuole accumulare profitti come garanzia di successo e di salute per ogni impresa e per la società hi generale. l i l gIl rigore e la stabilità sono precondizioni per maturare una crescita ordinata, evitando di mettere il capitalismo in contrasto con lo sviluppo delle forze produttive: si avviterebbe in una crisi che rinnega il suo essere, pronto per fare il suo harakiri. Antonio Mereu

Persone citate: Antonio Mereu, Ciampi, Prodi

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