Chieti, altri quattro arresti per il ragazzo strangolato

Chieti, altri quattro arresti per il ragazzo strangolato Chieti, altri quattro arresti per il ragazzo strangolato CHIETI. E' un delitto in cerca d'autore quello di Sergio Zaccardi, il giovane di 22 anni cu Castiglione Messer Marino, strozzato nella notte di sabato scorso durante una violenta rissa tra gruppi rivali di giovani. Botte da orbi, per un regolamento dei conti, per una scaramuccia iniziata in discoteca per una sigaretta negata ad una ragazza e terminata in tragedia nel corso principale di Villa Santa Maria, nella «patria dei cuochi». Ieri sono stati arrestati altri quattro giovani, che si aggiungono ai sei già finiti in manette martedì. Sono dieci presunti assassini, ma il colpevole è uno solo. I legali della difesa parlano di «retata senza senso», che di questo passo si arresteranno i giovani di mezzo paese. A dare nuovo impulso alle indagini sono stati gli ultimi interrogatori di mercoledì notte, alla procura di Lanciano. E' spuntato un supertestimone, che avrebbe assistito alla mega-rissa, tentando di dividere i più facinorosi. Si chiama Nicola, è di Villa Santa Maria e lavora come cuoco nel villaggio turistico di «Pietraspaccata», sul lago di Bomba, dove si era tenuta la festa di compleanno di un giovane diciottenne e dov'erano iniziati i primi screzi fra i gruppi rivali di Castiglione Messer Marino e di Villa Santa Maria. Ha fatto dei nomi, forse ha anche scagionato altri indagati. Alessio Pavia, 22 anni, e Nicola Sabatini, di 24, sono finiti nel carcere di Lanciano. Per loro l'accusa è di concorso in omicidio preterintenzionale con Daniel Stanziani, Gianni D'Alessandro e Matteo Di Paolo. Stessa accusa per Giuseppe Biondi, 26 anni, al quale sono stati però concessi gli arresti domiciliari, come pure ad Andrea Checchia, accusato del solo reato di rissa aggravata. La posizione più grave è dunque quella di Sabatini e Pavia, entrambi già ascoltati dai magistrati come testimoni. Ora sono i principali indiziati. I due, secondo quanto dichiarato dal giovane cuoco, si trovavano sul luogo del delitto già prima che cominciasse la rissa. Ir. e.] CALTANISSETTA DAL NOSTRO INVIATO Un pessimo affare, per Cosa Nostra, la strage compiuta per uccidere Giovanni Falcone. Anche da morto, il nemico giurato della mafia continua a procurare «dispiaceri». L'eccidio di Capaci - assassinati anche Francesca Morvillo, magistrato e moglie di Falcone, e gli agenti Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani non è rimasto impunito. A distanza di cinque anni, sulla «direzione strategica» di Cosa Nostra si abbattono 24 ergastoli e più di un secolo di carcere. La mafia esce perdente dallo scontro con la società civile e con lo Stato. E si percepisce, adesso, la rabbia degli sconfitti: si intuisce da quelle gabbie vuote e silenziose, mentre il presidente della corte d'assise - Carmelo Zuccaro - legge la sentenza. In piedi Anna Maria Arena, giudice a latere, accanto ai giurati popolari. In piedi i pubblici ministeri Luca Tescaroli e Paolo Giordano, «confortati» dalla presenza del procuratore Giovanni Tinebra. In piedi Anna Falcone, la sorella maggiore del giudice assassinato, Tina Montinaro, vedova dell'agente caposcorta, in piedi Alfredo Morvillo, fratello di Francesca. In piedi gli avvocati, in piedi - a braccia conserte - l'unico imputato presente: Pietro Aglieri, u' signurinu. Non sono venuti, i capi di Cosa Nostra. Eppure avevano seguito attentamente quasi tutte le fasi del processo. In quest'aula Riina e Bagarella si erano incontrati dopo anni di lontananza, da quest'aula erano partiti segnali, messaggi, le singole strategie difensive dei boss. L'indifferenza quasi rassegnata di «Nitto» Santapaola, l'ironia di don Piddu Madonia, gli sguardi torvi di Leoluca Bagarella, l'assenza imbarazzata e perpetua di don Bernardo Brusca, padre di Enzo e Giovanni, pentito il primo, aspirante l'altro. Non sono venuti, segno che non riconoscono questa sentenza: d'altra parte le aspettative non potevano essere ottimistiche. Il clima di oggi non è quello «speranzoso» della sentenza del primo maxiprocesso quando al popolo di Cosa Nostra era stato assicurato che «Falcone si sarebbe ritrovato solo e sconfitto». Previsione risultata sbagliata, ma solo perché uno scherzo del destino aveva fatto sì che il giudice Falcone, neutralizzato a Palermo, si ripresentasse più pericoloso di prima dagli uffici del ministero della Giustizia. No, stavolta Cosa Nostra sapeva che non ce l'avrebbe fatta a sfuggire. Per questo hanno disertato, facendosi rappresentare dai legali che parlano di «sentenza scritta dai pentiti». C'è un segnale positivo, oggi in corte d'assise, al di là di qualunque dubbio e perplessità, che esistono. Un dato è certo: arrivano le sentenze. Cioè la stagione dell'Antimafia, la sta¬ Spunta un super-testimone che ha assistito alla rissa