II testimone al centro del giallo
I carabinieri ieri hanno prelevato l'uomo che ha precedenti I carabinieri ieri hanno prelevato l'uomo che ha precedenti II testimone al centro del giallo Coniugi sgozzati, svolta nelle indagini MANTOVA. Un puzzle impazzito. Per risolvere il mistero che sta dietro l'omicidio di Giorgio e Laila Laili, i due coniugi sgozzati mercoledì sera a Villanova de Bellis, occorrerà riordinare numerosi tasselli. A partire dalla testimonianza di Carmelo Borruto, 54 anni, calabrese, residente da trent'anni a Verona, amministratore della società che nel '95 aveva rilevato l'attività commerciale dei Lalli, le «Schiacciatine San Giorgio». Borruto è stato prelevato ieri alle 17,30 da una pattuglia in borghese dei carabinieri. I militari erano arrivati alla casa dell'imprenditore alle 14,30 e se ne sono poi andati tre ore dopo con il «testimone», seguiti dalla moglie di Borruto, Barbara Piccoli, su un'altra auto. Tutto farebbe pensare che in queste tre ore sia stata compiuta una perquisizione nella casa dell'uomo, ma la circostanza è stata smentita dall'avvocato di Borruto, Paolo Tebaldi. Il legale ha anche aggiunto: «Credo di potere escludere che sia stato emesso un provvedimento a carico del mio cliente, perché altrimenti io lo avrei saputo». Borruto, ascoltato con grande at- Carmelo Borruto, il testimone del delitto di Mantova tenzione dagli mquirenti, che lo indicano come unico testimone dell'intera vicenda, ha raccontato di essere stato aggredito, accoltellato ad una mano, rapito e lasciato libero in campagna dal commando che - a volto scoperto - avrebbe ucciso i Lalli. Ora Borruto si dichiara spaventato, chiede la protezione delle forze dell'ordine: «Ho visto in faccia gli assassini». Che, dopo aver compiuto un feroce, sanguinario delitto, hanno risparmiato chi potrebbe condannarli. Carmelo Borruto, ex ispettore della Stradale, tra l'altro è già stato coinvolto in fatti di sangue. E' stato accusato nell'83 per traffico di droga ed associazione a delinquere e in queste settimane è attesa la richie¬ sta di rinvio a giudizio nei suoi confronti per una brutta faccenda: il 21 dicembre del '79, quattro uomini tesero un agguato ad Antonio Maritati, maresciallo di polizia. Colpirono ed uccisero per errore, però, il figlio Fabio. Uno dei killer, Francesco Mocci, ha indicato proprio Borruto come mandante del delitto. Voleva liberarsi - secondo Mocci - di Maritati per far carriera, approdare alla squadra mobile ed aiutare nel suo nuovo ruolo una gang criminale. Altro dettaglio fuori fuoco: Borruto ha raccontato di essere stato caricato dagli assassini su una vecchia Peugeot 205. Dopo averlo liberato, gli omicidi avrebbero proseguito la loro fuga su due auto, la Peugeot e una Lancia Kappa, appartenente allo stesso amministratore, e abbandonata poi poco lontano dal luogo del delitto. Perché prendere anche la Lancia Kappa, per separarsene quasi subito? Sull'auto sono state trovate macchie di sangue: a chi appartengono? E che fine ha fatto la Peugeot 205? Dalla Procura fanno sapere che ancora non ne è stata trovata traccia. AnnaTalò Feriti cinque uomini che stavano giocando a carte
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