Pace in Ulster, per Blair «tutta risolto entro maggio» di Fabio Galvano
Pace in Ulster, per Blair «tutta risolto entro maggio» Cade la precondizione del disarmo delle milizie. Due bombe a Belfast, ma sono ruderi di guerra e non scoppiano Pace in Ulster, per Blair «tutta risolto entro maggio» Per la prima volta le parti si riconoscono a vicenda. Lunedì cominciano i negoziati LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Ulster vive un momento di speranza senza precedenti dopo l'accordo di mercoledì notte, con cui si è di fatto rinviata la spinosa questione del disarmo delle organizzazioni paramilitari. Quell'intesa ha aperto la porta, per la prima volta, a quello che il primo ministro britannico Tony Blair ha definito ieri «un negoziato di sostanza». Non sono bastate due bombe a mano - entrambe d'annata, ruderi della seconda guerra mondiale - lanciate ieri contro due stazioni di polizia nella zona protestante di Belfast a offuscare il cielo sereno sul futuro delle trattative. Le bombe hanno fatto cilecca; ma anche se fossero esplose tutti sanno che non sono più i gruppuscoli ribelli (in questo caso si sospettano due piccole ma irriducibili frange dell'Ira) a dettare legge, ma gli esponenti delle due Irlande - quella cattolica e quella protestante - ormai legati dal comune intento di pace al castello di Stormont. «Sono felice dell'accordo - ha detto Blair - e ora voglio un rapido progresso delle discussioni politiche. Queste saranno difficili, ma io resto deciso a far trovare un accordo entro maggio. E' quello che vuole la gente del Nord Irlanda». Il negoziato si è sbloccato, dopo le controversie dei giorni scorsi (prima l'assenza degli unionisti, poi la loro richiesta di espulsione del Sinn Féin), quando i governi di Londra e Dublino hanno accolto le insistenze del Sinn Féin spingendo ad accettarle anche gli unionisti protestanti: quelle che riguardano, appunto, il disarmo. Esso non si verificherà più parallelamente al negoziato, come era nelle intenzioni contestate dall'Ira, ma soltanto quando saranno completati i giochi politici. Estrapolato dall'equazione negoziale, diventerà oggetto dei lavori di una nuova commissione internazionale guidata dal generale canadese John de Chastelam, co-presidente della conferenza al fianco dell'ex senatore americano George Mitchell. Quella di Tony Blair non è l'unica voce entusiasta. «Un raggio di sole illumina l'intera Irlanda e scalda i cuori dei suoi abitanti», ha commentato il ministro irlandese della Giustizia John O'Donoughue. Ma come al solito si leva rumorosa anche la voce polemica della Cassandra dell'Ulster, il reverendo Ian Paisley, il cui piccolo partito democratico unionista ha peraltro deciso di non partecipare al negoziato. «Mi offende - egli ha dichiarato - un primo rninistro britannico che preten¬ de di risolvere tutto entro maggio. Chi crede di essere? Come può sapere quale sarà il voto degli elettori nordirlandesi?». Per buona misura Paisley ha accusato David Trimble, il leader del maggiore partito unionista, di essere disposto a «sacrificare» l'appartenenza dell'Ulster alla Gran Bretagna. Diametralmente opposta è l'accusa che l'estremismo repubblicano rivolge al Sinn Féin: quella di avere fatto, nelle parole di Trimble, «i primi passi incerti» verso l'accettazione di un'Irlanda divisa. Tanto che ieri Martin McGuinness ha ritenuto di dover intervenire per precisare che il Sinn Féin chiederà invece la nascita di un'Irlanda unita. «Andremo al tavolo negoziale con quell'intenzione - egli ha detto -. Trimble sa bene che quando ci troveremo di fronte al tavolo negoziale sarà per discutere fondamentali cambiamenti politici e costituzionali nel futuro di quest'isola». Fabio Galvano David Trimble, il leader del maggiore partito unionista nordirlandese
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