L'Onu scopre l'Algeria di Franco Pantarelli
l'Orni scopre l'Algeria l'Orni scopre l'Algeria E il Fis rivela: trattiamo coi militari NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Per un momento, ieri, è sembrato che si stesse facendo strada l'ipotesi di un intervento internazionale di qualche tipo per fermare l'ormai quasi quotidiana carneficina in Algeria. A New York, come si sa, è in corso la sessione dell'Assemblea Generale dell'Onu, cioè il momento di massima concentrazione di capi di governo e di ministri degli Esteri al Palazzo di Vetro. Gli incontri bilaterali sono fittissimi e fra questi ce n'è stato uno, quello fra il Segretario di Stato americano Madeleine Albright e il rninistro degli Esteri francese Hubert Vedrine, in cui si è esaminato per l'appunto il problema algerino. Finora, di fronte alla gente sgozzata dai fondamentalisti islamici la comunità internazionale si è limitata a guardare dall'altra parte. Qualcuno tempo fa ha provato a portare il problema al Consiglio di Sicurezza ma è stato respinto perché si trattava di «un problema interno di un Paese membro dell'Onu», che è poi la tesi ufficiale del governo algerino; e la stessa sorte hanno subito i tentativi del Segretario Generale Kofi Annan di «attivare» l'Organizzazione. Ma ieri, durante una colazione, ecco la Albright e Vedrine concordare - se¬ condo le parole studiate una per una del portavoce del Dipartimento di Stato James Rubin - che «questo è im argomento su cui è utile che Francia e Stati Uniti comincino un dialogo». Poi, assillato da domande su cosa stesse maturando di concreto, Rubin ha detto che «più tardi», non si sa quando, si sarebbero riuniti alcuni funzionari di Parigi e di Washington per «vedere se c'è qualco¬ sa di specifico che possiamo fare». Poche ore prima, cioè mercoledì sera, nella sala dell'Assemblea Generale il ministro degli Esteri tedesco, Klaus Kinkel, era stato il primo degli oratori a rompere il silenzio sull'Algeria: «Quanto continueremo ancora a far finta di nulla? Lo so quanto è difficile un aiuto dall'esterno, ma non siamo del tutto impotenti e non possiamo accettare una situazione del genere». E ieri anche il rninistro Dini ha detto che sebbene non ci siano «le premesse per una mediazione fra le parti in causa», è necessario che «la comunità internazionale applichi tutta la pressione possibile». Se le parole di Kinkel siano state il «la» all'iniziativa franco-americana non si sa. Di sicuro c'è che gh stessi interessati hanno provveduto quasi subito a fugare ogni sospetto (o speranza) che qualcosa di concreto si stesse mettendo in moto. «Parlare non vuol dire progettare un'azione internazionale. Soltanto gli algerini possono risolvere la loro crisi interna», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri francese Yves Doutriaux. E gli algerini, per bocca di un loro portavoce intervistato da una tv araba, hanno ripetuto che non desiderano alcun aiuto esterno. Quanto al Fis, il Fronte islamico di salvezza che sta cercando di distinguersi dagli ultra, ieri un suo esponente ha detto che c'è una trattativa in corso. Non con il governo di Algeri, ha precisato, ma con «una parte», quella moderata, dello stato maggiore dell'esercito. Franco Pantarelli Il ministro degli Esteri tedesco Klaus Kinkel
Persone citate: Albright, Dini, Hubert Vedrine, James Rubin, Kinkel, Klaus Kinkel, Kofi Annan, Madeleine Albright, Vedrine
Luoghi citati: Algeri, Algeria, Francia, New York, Parigi, Stati Uniti, Washington
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