Turow processo al Sessantotto

IL C A S O. Lo scrittore miliardario di legai thriller torna, nel nuovo romanzo, agli anni della contestazione IL C A S O. Lo scrittore miliardario di legai thriller torna, nel nuovo romanzo, agli anni della contestazione Turow, processo al Sessantotto «Lo assolvo: con quelle lotte abbiamo migliorato l'America» ROMA DAL NOSTRO INVIATO Il Grande Freddo incontra Perry Mason? Lo chiede ironicamente il celebre giornalista Seth Weissman al giudice Sonia Klosky, ricomparendole di fronte dopo trent'anni nell'aula dove si sta per celebrare un processo per omicidio. Sonia è il suo antico amore, ai tempi delle rivolte nei Campus. L'avvocato difensore è un vecchio amico di entrambi. Ed è solo l'inizio: presto si ritroveranno in tanti, forse in troppi, intomo ai banchi del tribunale di Kindle County, il luogo deputato - dietro cui si nasconde Chicago - per i legal-thriller di Scott Turow. Da ieri è in libreria La legge dei padri (Mondadori), dove lo scrittore-avvocato reso celeberrimo (e ricco) da Presunto Innocente prende di petto jjli Anni 60, la contestazione studentesca, la rivolta, il '68 americano, la grande stagione del «no» alla guerra in Vietnam, dell'utopia, dei sogni e (in misura minore che in Europa) della violenza politica. Un mondo di cui ha fatto parte, ci racconta, e che non rinnega, anche se, chiarisce «non ho mai creduto che sarebbe accaduto davvero qualcosa al di fuori della democrazia elettorale». Fu un radicale, non proprio un rivoluzionario, il giovane studente di legge che prese a dimostrare contro la guerra nel college di Amsrst, in Massachusetts. Ora ci toma da scrittore affermato, evocando un luogo fittizio che è «un po' Berkeley e un po' Stanford», dopo aver lavorato molto sui quotidiani d'allora per documentarsi. «E pensare che quegli avvenimenti li avevo vissuti. E' incredibile quante cose avevo dimenticato». Parlare con Turow del suo nuovo libro è quasi una seduta d'autocoscienza generazionale come nel film di Kasdan, con tutti quei reduci diventati in buona parte classe dirigente e in piccola parte sconfitti dalla vita. L'antidoto alla malinconia, però, nella Legge dei padri è la micidiale concatenazione di eventi che mota intorno a un assassinio eccellente in un quartiere nero, con colpi a sorpresa, inversioni di moli, suspense e confronti in aula assolutamente appassionanti tra accusa, difesa, testimoni e giudici. Due binari vanno avanti. Ma nella testa dell'autore, alla fine, vince il Grande Freddo o Perry Mason? «La vita è più grande della legge... Perry Mason perde sempre», risponde Turow. Nel libro si processa Nile Eddgar, figlio di un professore maoista del '68 diventato poi senatore, o piuttosto un'età, una generazione? Scott Turow, nella hall del suo albergo romano, sembra più minuto e molto meno aggressivo di come appare in fotografia. Colpisce il suo piglio cordiale ma in qualche modo professionale, come di un avvocato al processo. Amichevole e guardingo: «Io mi son sempre chiesto se Nile sia colpevole. Ma non dichiaro le mie conclusioni, tocca al lettore decidere». Vada per Nile; e per il '68? «Beh, la mia generazione ha nutrito grandissime speranze. Anche se ora che è al potere, negli Stati Uniti, è proprio il momento in cui la differenza tra ricchi e poveri diventa sempre più forte». Lei però, e lo si capisce dal libro, di quei suoi anni e di quelle speranze continua a essere orgoglioso. «La società dopotutto è diventata migliore, ci sono stati grandi progressi, molte cose sono cambiate». Quali, principalmente? «Ovviamente nella condizione delle donne, e poi direi in generale nella fine del formalismo. Se penso a come era la vita negli Anni 60, quasi non riesco a misurare la distanza ormai enorme rispetto a una società estremamente rigida come era quella d'allora, quando era inimmaginabile persino uscire senza il cappello in testa». Pantere nere, formazioni paramilitari, hippies, tanta droga, sesso e musica, le marce per la pace, i leader di allora. Tutto toma nella Legge dei padri, a volte sotto una luce minacciosa, ma in genere sempre con una tonalità di rimpianto, di elegia. Verso la fine il giudice, dopo aver fatto l'amore con Seth, accetta persino una sigaretta di marijuana. E' questo che intende con «fine del formalismo»? Lo scrittore sembra divertito all'idea che, comunque sia, «questo» ha fatto scandalo, negli Stati Uniti. Almeno fra i recensori. «Il mio personaggio fuma quasi per un tributo al passato. Ma questo della droga è un tema importante. Io, ad esempio, ho dovuto spiegare ai miei figli che avevo usato quelle sostanze, come era accaduto a tutta la mia generazione. E come legale ho incontrato spesso negli uffici pubblici personaggi con responsabilità istituzionali che si chiedevano se il loro ruolo non fosse minacciato o viziato dal fat¬ to di aver consumato droga a vent'anni. Dicevo: non è un problema. Non lo è neppure per il giudice Sonia Klonsky, che fa semplicemente un gesto di nostalgia». Lei è a favore della liberalizzazione della droga? «Non penso sia un buon approccio criminalizzare l'uso della droga. Io scoraggio i miei figli dal fare queste esperienze, ma c'è una gran differenza tra scoraggiare e incarcerare». Ma lei, oggi, si sente ancora un «radicai»? «Per molti aspetti sto a sinistra. Non penso certo che l'attuale governo sia un cattivo governo per il mio Paese. Per altri aspetti mi sento un po' conservatore, ad esempio sui temi del Welfare». Lei rifarebbe oggi le marce contro la- guerra delVietnam? «Sì». Anche dopo le conseguenze terribili che sono seguite al ritiro degli Usa, i Khmer rossi in Cambogia, i boat people in fuga dal Vietnam? «Opporsi alla guerra era una buona cosa. Se avessi pensato che eravamo in Vietnam per prevenire i massacri in Cambogia certo sarei stato in favore dell'intervento armato. Ma non era così. Anzi, proprio la nostra invasione destabilizzò la zona, aprendo la via a tutte le conseguenze. E i presupposti dell'intervento americano, allora, erano falsi». E ora? «Mi pare che la nostra politica estera cerchi di non ripetere quegli errori. Così, se mi chiede invece della guerra del Golfo, le rispondo che in quel caso pensai a un uso legittimo del potere militare». Mario Baudino I ribelli trent'anni dopo, riuniti da un delitto. «Sono ancora di sinistra, ma sul Welfare mi sento conservatore» Droga, sesso, rock la classe dirigente di oggi si specchia nel suo passato di utopie Studenti occupano la Columbia University nel '68. In alto, Scott Turow: da Mondadori esce il suo ultimo legai thriller «La legge dei padri»