La Cina ora guida la «rivolta» dello sviluppo

La Cina ora guida la «rivolta» dello sviluppo Il premier dice «no» alle richieste di maggiore democrazia e annuncia anni d'oro per Pechino La Cina ora guida la «rivolta» dello sviluppo La ricetta diLiPeng: cooperazione economica senza vincoli politici HONG KONG DAL NOSTRO INVIATO Ai tempi di Mao, la Cina comunista voleva unire nel mondo «le campagne contro le città», i Paesi poveri contro quelli ricchi. Ora, accolta trionfalmente dentro il sistema capitalista, vuole fare qualcosa di simile. Il primo ministro Li Peng, inaugurando ieri mattina l'assemblea annuale del Fondo monetario e della Banca mondiale, si è atteggiato soprattutto a interprete delle esigenze dei Paesi in via di sviluppo. Dei suoi «sei punti» il più importante è forse il terzo: l'assistenza e la cooperazione economica non devono essere legate a condizioni politiche. No alle richieste di maggiore democrazia, dunque. E nemmeno il nuovo impegno della Banca mondiale contro la corruzione sarebbe molto gradito (benché il presidente James Wolfensohn si affretti a smentire). Se un tempo i «compagni cinesi» si rivolgevano ai «proletari», ora «sua eccellenza» (così il testo ufficia¬ le di ieri, una novità) Li Peng trova buon uditorio nei molti governi autoritari, di ogni colore, del Terzo mondo. E lo fa grazie alla forza economica conquistata dalla Cina nel mercato mondiale, nello scenario impressionante dei grattacieli di Hong Kong tappezzati di marmi pregiati. «Sì, a vederli da vicino fanno un po' paura» confida un membro della delegazione italiana. «Potete vedere con i vostri occhi» ha detto Li Peng ai governanti e ai banchieri dell'assemblea che Hong Kong sotto sovranità cinese continua a operare perfettamente «come centro finanziario e commerciale internazionale». Per invitare imprenditori e finanzieri a investire ancor più, il primo ministro promette che «nei restanti anni di questo secolo, la Cina manterrà un tasso di sviluppo annuo sopra l'8% annuo, mentre l'inflazione sarà fermata sotto il 5%; nel primo decennio del nuovo secolo, continuerà a crescere attorno al 7%). Già ora gli investimenti diretti stranieri contribuiscono per il 13% netto al prodotto interno lordo della Cina. All'assemblea, Pechino ha visto accrescersi grandemente il suo peso in quelle che furono fondate come istituzioni economiche del «mondo libero». Nei corridoi, si avverte una forte pressione cinese per entrare nella Wto, l'organizzazione mondiale del commercio. Non che nessuno li voglia tenere fuori; ma per farne parte bisogna ridurre le barriere tariffarie alle importazioni. Il vice primo ministro Zhu Rongji ripete che dal 1° ottobre su 4800 merci le tariffe scenderanno dal 23% al 17%, e che questo basta. Americani ed europei insistono che non basta; esponenti della Banca mondiale li invitano a non essere «troppo esigenti». Dalla Wto trapela che le trattative saranno lunghe. Li Peng ha blandito gli europei: «La Cina guarda con attenzione all'Euro come moneta di riserva internazionale». Nello stesso tempo, sembra configurare un'area monetaria asiatica l'adesione di Hong Kong al fondo proposto dal Giappone (e osteggiato dall'Occidente) per tamponare eventuali nuove crisi finanziarie nell'area. Di certo, tra ascesa della Cina, ristagno del Giappone, difficoltà bancarie della Corea del Sud, crisi della Thailandia e guerra contro gli speculatori dichiarata dal primo ministro malese, sull'orlo del Pacifico le carte si stanno rapidamente rimescolando. Banchieri occidentali che operano a Hong Kong o a Singapore prevedono un periodo di instabilità finanziaria abbastanza lungo in tutta l'area. Schiacciato dalle perdite delle vecchie industrie di Stato, anche il sistema bancario cinese è tecnicamente in bancarotta (forse per averlo scoperto un economista del Fmi di nazionalità cinese, Hong Yang, è da due anni in galera). «Dobbiamo capire come faranno, nei tre anni in cui lo promettono, a ristrutturare le imprese di Stato e insieme a risanare il sistema bancario» dichiara Joseph Stiglitz, capo economista della Banca mondiale. [s. 1.)

Persone citate: Hong Yang, James Wolfensohn, Joseph Stiglitz, Mao, Zhu Rongji