Puglisi smentisce il Cavaliere di Francesco La Licata

Puglisi smentisce il Cavaliere Puglisi smentisce il Cavaliere «Volevano compagni di strada improponibili» LA RINUNCIA DEL CANDIDATO PALERMO DAL NOSTRO INVIATO La novità è la seguente: il candidato del Polo «consigliato» dalla procura della Repubblica a «non scendere in campo», nella prossima battaglia per la poltrona di sindaco, non è il preside di «Scienza della formazione», professor Gianni Puglisi. E' lo stesso luogotenente di Silvio Berlusconi, Gianfranco Mieciche, a chiarire il piccolo «giallo» che da 36 ore scuote gli ambienti politici palermitani, solitamente sensibili alle scosse telluriche provocate quasi sempre da frizioni originate da tutto ciò che ruota attorno ai temi di mafia e antimafia. «Smentisco - dice il giovane Mieciche - che il candidato citato da Berlusconi sia il preside Gianni Puglisi». E non perde l'occasione per bacchettare il segretario regionale del ecd, Salvatore Cardinale, che aveva invece confermato. E' un bel guazzabuglio, questa vicenda dei candidati «graditi» alla procura. Nessuno entra nei particolari, arrivano smentite seppure con un po' di ritardo, visto che per ventiquattr'ore si è sostenuto un pubblico dibattito su Puglisi «intimidito» senza che la notizia fosse confermata da alcuno. Oggi si precisa che di altro si tratta. Gianfranco Miccichè non vuole il gioco al massacro e tace i dettagli: «Fare nomi è assurdo. La vicenda riferita da Berlusconi è la dimostrazione di un disagio che alcune persone, che non vogliono vedere apparire il loro nome, pensano e confidano». Traduzione per chi ha poca dimestichezza con Palermo: non voler vedere apparire il proprio nome significa nutrire timori di entrare in un cono di eccesiva visibilità, in conseguenza di una scelta politica. E ancora: c'è chi queste paure le vive ma le rappresenta a pochi intimi. Così sarebbe accaduto ad «un grosso commerciante di Palermo - dice Miccichè - che non voleva si sapesse che io ero andato da lui a proporgli una candidatura. Aveva paura che il giorno dopo arrivasse la Finanza per un'ispezione». Il riferimento, anche se in questa occasione non diretto ed evidente, va alle «altre occasioni» in cui rappresentanti di Forza Italia, o del Polo, sono entrati nel mirino dei giudici di Palermo. C'è il caso di Guido Lo Porto, di An, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. C'è il caso del presidente della Regione, il professor Giuseppe Provenzano, e l'ex presidente della Provincia, avvocato Francesco Musotto. fl primo tace, in ossequio alla scelta del suo «capo», Fini, di non «rompere» coi giudici. Gli altri due vengono agitati come esempi della persecuzione giudiziaria in danno di Forza Italia. Lo stesso Miccichè è stato più volte invitato dai pubblici ministeri a palazzo di giustizia. Con la vicenda impropriamente chiamata «caso Puglisi», si arriva a ipotizzare una ingerenza della magistratura in funzione «preventiva», cioè l'istituzionalizzazione di una sorta-di «gradimento» giudiziario ai candidati sindaci. Il professor Gianni Puglisi ha già smentito questa eventualità. Ma durante la conferenza stampa di ieri ha pure spiegato i «veri motivi» che lo hanno indotto a lasciar cadere l'invito a candidarsi. E cioè l'impossibilità di raggiungere un accordo sulla squadra da mettere in campo: «Sono venuti fuori nomi sparsi, lontani da me e improponibili». In sostanza, una trattativa «romana» andava bene, mentre a livello palermitano si sarebbero svegliati appetiti e richieste di poltrone da parte di alcuni alleati: leggi Alleanza nazionale che proponeva Guido Lo Porto come vicesindaco ed altre «avances» di ccd e cdu. «I confronti che si svolgono a Roma - riflette Puglisi - hanno un altro sapore, ma poi, quando arrivano qui, tutto si trasforma e diventa bistecca alla palermitana». E l'ingerenza di Caselli e dei «suoi»? Il procuratore non abbandona la scelta di un composto silenzio, convinto che non vi sia proprio nulla da-smentire o da commentare. E il disagio di cui parla Miccichè? Palermo non è mai stata una ((piazza» politicamente facile. E il problema non riguarda certamente solo Forza Italia. Gli «azzurri» hanno cercato a lungo un candi- dato anti Orlando e non lo hanno ancora trovato. E' una ricerca difficile, per tutti i partiti. Non tanto per via di presunte «ingerenze» dei giudici, quanto per una reale difficoltà da condizionamento ambientale. La seconda Repubblica ha ereditato più di qualcosa dalla prima e, in particolare, dal vecchio consociativismo. Le inchieste arrivate oggi in porto, infatti, non sono recenti, ma riguardano personaggi che all'epoca dei fatti - come direbbero i magistrati - multavano nei partiti della prima Repubblica. Alcuni sono poi transitati nelle nuove formazioni. L'avvocato Musotto, rinviato a giudizio mentre presiedeva, come forzista, la giunta provinciale di Palermo, era imo dei leader del psi. Il professor Provenzano, invece, è stato chiamato in causa dai pentiti, ma prima della sua elezione alla Regione. Le sue «disavventure», tuttavia, risalgono addirittura al 1984, quando entrò in una induista di mafia e fu arrestato e poi scarcerato dall'ufficio istruzione di Falcone. Insomma, «difficoltà oggettive» si oppongono alle scelte politiche. Specialmente in questi giorni, per via della «bomba-Siino», il nuovo pentito che affonda il bisturi nella piaga appaltipolitica, descrivendo un «gruppo» che va dalla ex de, all'ex pei, dal psi a Forza Italia. Mentre inizia il processo a Marcello Dell'Utri. Francesco La Licata II professor Gianni Puglisi preside della Facoltà di Scienze della Formazione all'Università di Palermo

Luoghi citati: Falcone, Palermo, Roma