CRISTIANESIMO CON HUMOUR IN ONDA SULLA BBC di Franco Garelli

CRISTIANESIMO CON HUMOUR IN ONDA SULLA BBC CRISTIANESIMO CON HUMOUR IN ONDA SULLA BBC Le conversazioni di Lewis in tempo di guerra, dal 1942 al 1944 IL CRISTIANESIMO COSI' COM'È* C.S. Lewis Adelphi pp. 272. L. 22.000 Non un semplice divertissement, bensì uiùjjìcace apologia, un catechismo elementare né saccente né noioso Un messaggio mai annacquato: evitato sia il perbenismo sia il rischio di scivolare nel trito buon senso L'ISLAM LAICO Olivier Carré // Mulino pp. 135. L. 18.000 IL FONDAMENTALISMO RELIGIOSO Bassam Tibi 8o//oti Boringhieri pp. 151. L. 30.000 L cristianesimo puro e semplice... è simile a un vestibolo in cui si aprono porte che danno in varie stanze...». Paragonare gli elementi essenziali del cristianesimo a un'anticamera e le varie confessioni cristiane - anglicana, ortodossa, cattolica - a diverse sale in cui «uno può scaldarsi al fuoco e sedersi e nutrirsi» è solo la prima di una serie di efficaci analogie di cui è intessuta questa insolita opera di un insolito autore: studioso del Medioevo e scrittore di fantascienza, passato da un cauto agnosticismo alla fede cristiana, C.S. Lewis tenne queste conversazioni radiofoniche alla Bbc - la mitica «Radio Londra» - negli anni dal 1942 al 1944. Parlare di fede cristiana alla radio, per un pubblico vastissimo quanto culturalmente variegato, in una nazione in guerra, affrontando temi nient'affatto marginali come la giustizia, il perdono, la superbia, la speranza, non è certo facile. Abbordare problematiche complesse con la levità e l'essenzialità di una conversazione di poche decine di minuti è una sfida che ancor oggi non trova molte persone disposte ad affrontarla. Certo lo humour inglese, la scioltezza di linguaggio, l'immediatezza di alcuni esempi tratti dalla natura o dalla vita quotidiana possono aiutare, ma credo ci sia una realtà più profonda che trasforma quello che potrebbe apparire un semplice divertissement in un'opera pregevole, in un'efficace «apologia» - genere ormai praticamente in disuso - del cristianesimo. E il segreto, se di segreto si può parlare, mi sembra risiedere nel narratore stesso, nella sua esperienza di vita, nella felicità che lo abita, nella pacata consapevolezza dei suoi limiti, nel suo porsi francamente in dialogo con interlocutori che, per il fatto di non essere visibili al di là della cabina di registrazione, non sono per questo meno presenti e concreti, con tutte le loro perplessità, domande e contraddizioni. Sotto, a sinistra Clive Staples Lewis, studioso del Medioevo, scrittore di fantascienza, passato Lewis tenta di fornire una sorta di catechismo elementare ma, a differenza di molte opere «ufficiali» di questo genere - vecchie e nuove -, non annoia, non assume toni saccenti, non pretende di inquadrare definitivamente ogni aspetto della vita umana; al contrario pare di essere di fronte alla narrazione di alcune «verità» che si sono rivelate tali non per l'irrefutabilità dell'apparato dogmatico che le sostiene, ma piuttosto per la felicità, la serenità, la schiettezza che hanno saputo suscitare in chi le ha abbracciate, verità che si finisce quindi per aver voglia di accettare perché si è affascinati dalla radiosità di chi già le vive. E non si pensi che l'autore affronti solo tematiche in cui è facile raccogliere consensi, oppure che annacqui il messaggio cristiano fino a farlo coincidere con uno stucchevole perbenismo o con una sorta di summa del buon senso quotidiano. Al contrario, Lewis - in questo fedelissimo discepolo di Gesù non tace le esigenze radicali dell'evangelo: «Cristo non ha mai fatto discorsi vaghi, idealistici. Quando ci dice "siate perfetti", dice sul serio. Intende che dobbiamo rigene¬ rarci da cima a fondo. E' difficile; ma quella sorta di compromesso a cui tutti agogniamo lo è ancora di più - è, anzi, impossibile». Se qualcuno avesse dubbi in proposito, legga le riflessioni sulla morale sessuale o sul matrimonio cristiano, oppure ancora quelle sulle «virtù cardinali»: sono parole esigenti ma mai spietate, pronunciate con franchezza ma mai con acredine, sgorgate da un cuore che discerne ma non giudica, da un uomo insomma che non si è incattivito facendo il bene ma che al contrario, nel tentativo di seguire Cristo, ha visto emergere la parte migliore di sé e desidera che anche per altri avvenga questo miracolo. Un uomo semplice e profondo, questo Lewis, un uomo che ci possiamo figurare delineato dalle parole che lui stesso usa per tratteggiare l'umiltà: «Non immaginatevi che un uomo davvero umile, se vi capiterà di incontrarlo, corrisponda a ciò che oggi si suole designare con quell'aggettivo: una persona untuosa e viscida, che dichiara a ogni pie sospinto di non essere nessuno. Probabilmente vi troverete di fronte un uomo vivace e intelligente, che si interessa davvero a ciò che voi gli dite. Se vi riesce antipatico, sarà perché vi sentite un po' invidiosi di uno che sembra godersi così facilmente la vita». E' vero, di un uomo così, e di uno scrittore così, è facile essere un po' invidiosi. Enzo Bianchi Sotto, a sinistra Clive Staples Lewis, studioso del Medioevo, scrittore di fantascienza, passato da un cauto agnosticismo alla fede cristiana. In basso a destra l'imam Khomeini AVVISO AI FONDAMENTALISTI CE' UN ISLAM LAICO A ormai parte del senso comune l'idea che quella islamica sia una cultura che ingloba l'aspetto spirituale e quello temporale, la religione e la politica, la Chiesa e lo Stato. L'Islam non sembrerebbe quindi toccato dal processo di secolarizzazione, a meno che i musulmani rinuncino alla loro cultura e identità religiosa. I musulmani che emigrano negli Stati europei sono dunque spinti ad abbandonare o attenuare la loro appartenenza religiosa, se non vogliono essere emarginati dai processi sociali. Affermazioni come queste rientrano - a detta di Olivier Carré, direttore di ricerca alla Fondation nationale des Sciencespolitiques di Parigi - nei molti stereotipi con cui si guarda al fenomeno islamico nelle società occidentali avanzate. Nel suo interessante libro L'Islam laico egli esprime su questo tema - posizioni controcorrente, ripercorrendo la storia del pensiero e della teologia islamici, evidenziando le molte differenze interne al mondo dell'Islam (sia nelle epoche passate che in tempi recenti), operando un confronto tra la traiettoria storica dell'Islam e quella del cristianesimo pur nei diversi contesti in cui le due religioni si sono sviluppate. finito con i termini di integralismo o islamismo. Gli islamisti di oggi mirano dunque alla ribellione contro un potere «occidentale» dichiarato empio e rinnegato, operano per realizzare una giustizia sociale islamica, costituiscono un punto di riferimento per quanti sono delusi dai regimi autoritari alle prese con uno sviluppo economico accelerato, combattono la società occidentale come modello unico di società Gli stereotipi occidentali sul fenomeno nascono spesso dall'indebita identificazione tra l'Islam e i movimenti fondamentalisti, in base alla quale l'Islam viene percepito dall'Occidente come un baluardo contro la modernità. Il mondo islamico sta indubbiamente vivendo una stagione di ripresa dell'«ortodossia», di riaffermazione dei diritti dell'Islam, che fa da volano anche all'attivismo politico di oggi, perlopiù de¬ finito con i termini di integralismo o islamismo. Gli islamisti di oggi mirano dunque alla ribellione contro un potere «occidentale» dichiarato empio e rinnegato, operano per realizzare una giustizia sociale islamica, costituiscono un punto di riferimento per quanti sono delusi dai regimi autoritari alle prese con uno sviluppo economico accelerato, combattono la società occidentale come modello unico di società mondiale. Ma si tratta, a detta di Carré, di un ramo deviante, di una tradizione «corta» dell'Islam, rispetto ad una lunga e grande tradizione musulmana che - parallelamente a quanto è avvenuto per il cristianesimo - è venuta caratterizzandosi nel corso della storia per una tendenza «quietista» in politica (per la separazione del potere religioso da quello politico), per un crescente rifiuto della tenta- Due saggi sul rapporto ira politica e fede, tra musulmani in patria ed emigrati in Occidente zione teocratica, per la coesistenza nei Paesi islamici di varie espressioni e pratiche della fede musulmana e di varie tradizioni culturali locali. Dunque questi processi indicano come anche il mondo islamico (al pari, o forse ancor di più del cristianesimo) abbia prodotto varie forme di adattamento al mondo moderno, operando compromessi anche nel rapporto con la scienza e la tecnologia. L'attuale mondo musulmano attesterebbe questo clima secolarizzato, con molti Paesi in cui prevale una laicità multiconfessionale, con Stati relativamente secolarizzati che riconoscono di diritto (se non di fatto) la piena eguaglianza dei non musulmani, con l'Islam che in vari casi non si presenta come la religione di Stato. Questa situazione di pluralismo sembrerebbe del resto confermata anche dai grandi nume¬ ri, sulla base dei quali risulta impossibile confondere musulmano e arabo, Islam e carattere arabo. Attualmente i musulmani nel mondo ammontano a circa 1 miliardo, ma tra questi gli arabi non sono più di 200 milioni. Un sesto degli arabi non sono musulmani, mentre in molti Paesi in genere ritenuti arabi, la componente araba risulta di fatto minoritaria. I musulmani poi risultano in costante aumento, e si prevede che fra 30 anni possano raggiungere il miliardo e mezzo. Ma ciò sembra imputabile più alla maggior crescita demografica dei Paesi arabi che alla capacità dell'Islam di far proseliti nel mondo. Anche questi sembrano segni di secolarizzazione. Carré analizza anche la presenza dell'Islam negli ambienti laici occidentali e in particolare in quel contesto francese che ha fatto della laicità un suo caratte¬ re nazionale. La sua tesi è assai suggestiva, ritenendo il modello francese ormai datato in una società multiculturale e multireligiosa e in cui gli stessi ideali della laicità sembrano troppo poveri di contenuto per fondare le basi della convivenza societaria. In questo quadro non si può chiedere ai musulmani di attenuare la loro identità religiosa e cultura, di perdere i loro tratti distintivi, pur rendendosi necessaria l'individuazione di fonne di presenza e di sistemi normativi rispettosi sia delle diversità culturali che delle ragioni della convivenza in una società multiculturale. Da parte sua, del resto, l'Islam in Occidente ha già imboccato per vari aspetti la strada della laicità, pur secondo dinamiche controverse e ambivalenti. Anche II fondamentalismo religioso di Bassam Tibi si propone di smontare vari stereotipi sulla questione islamica oggi, pur applicandosi ad un fenomeno più specifico: quello appunto del fondamentalismo. Si ripete l'invito a non equiparare l'Islam alla componente integralista, a non ritenere che il fondamentalismo sia perlopiù una prerogativa islamica, a porsi nei confronti di questo fenomeno più in termini conoscitivi che emotivi. Per quali ragioni sociali è oggi in crescita il fondamentalismo religioso, non solo islamico? Le società occidentali sono attraversate da una profonda crisi, prima ancora di senso che di natura politica e economica. La religione torna alla ribalta proprio per l'incapacità delle ideologie laiche di rappresentare risorse simboliche adeguate per far fronte ai punti di rottura dell'esistenza individuale e collettiva. Ma sovente la religione che oggi si propone con maggior forza non è tanto quella che sottolinea la dimensione etica (terreno questo di incontro in una società multiculturale e multireligiosa), quanto quella politica, che utilizza il fattore religioso per affermare una determinata concezione del mondo e conquistare il potere. Il fondamentalismo religioso è dunque la nuova ideologia che calca la scena mondiale e alimenta il conflitto di civiltà; e che «costituisce uno dei maggiori pericoli per la democrazia alle soglie del Duemila». Bassam Tibi stigmatizza quanti guardano agli estremisti religiosi con una certa indulgenza, sulla base di una comprensione che sottolinea perlopiù l'etica dell'intenzione. Questo tipo di atteggiamento sembra ricorrente nelle società occidentali, e l'eccesso di attenzione alle ragioni culturali degli «stranieri» indica sovente la scarsa identificazione con i valori della propria civiltà. Parallelamente, Bassam Tibi smonta l'idea che sia possibile realizzare - anche nel tempo della globalizzazione - una civiltà universale. Pur teoricamente auspicabile, questa idea non tiene conto né del peso delle diverse culture e civiltà nel mondo, né delle condizioni culturali di base che rendono possibile la vita degli individui e dei gruppi sociali. Nell'epoca del multiculturalismo occorre essere tolleranti e superare le tendenze etnocentriche; evitando però che ciò comporti l'indebolimento delle proprie radici o il prodursi di un cbma di relativismo culturale. L'aprirsi ad altre civiltà e culture non è in contraddizione con la messa in guardia contro gli effetti perversi che il «fondamentalismo, in quanto neo-assolutismo, ha in tutte le religioni». Franco Garelli

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