Barn più lontana da Roma di Valeria Sacchi

Le voci libiche invitano alla cautela. Il titolo s'impenna del 9,63% Barn più lontana da Roma Le voci libiche invitano alla cautela. Il titolo s'impenna del 9,63% Dubbi in consiglio sull'operazione MILANO. Una riunione chilometrica, quella di ieri alla Banca Agricola Mantovana, con parecchi temi all'ordine del giorno, ed una questione scottante: se partecipare o no alla privatizzazione della Banca di Roma, un investimento del valore di 700 miliardi. Cinque ore di discussione hanno consigliato una soluzione salomonica: rinviare la decisione a data da destinarsi. La guerra all'interno della Barn tra fautori dell'abbraccio con Bancaroma e contrari, unita alla notizia di un misterioso gruppo pronto a lanciare sull'istituto mantovano un'Opa, hanno fatto comunque bene all'azione. Mentre il consiglio discuteva, in Borsa il titolo guadagnava il 9,63%, dopo essere stato sospeso per eccesso di rialzo. Nella maggioranza dei consiglieri Barn è dunque prevalsa una linea di prudenza, forse anche alla luce delle notizie di stampa che ipotizzano l'ingresso, nella compagine azionaria dell'istituto presieduto da Cesare Geronzi, del banchiere libico Abdulla Saudi. Lo stesso che nel 1976 era stato il fautore dell'ingresso dei capitali libici nella Fiat. Sia come sia, gli azionisti non favorevoli all'operazione Bancaroma (tra cui i tre di maggior peso nel capitale Barn, ossia Steno Marcegaglia, Luigi Frati e Ettore Lonati) hanno avuto buon gioco nel convincere i favorevoli, come il presidente Piermaria Pacchioni, e i consiglieri Calisto Tanzi e Roberto Colaninno, a prender tempo. Anche perché, dalle telefonate intercorse in questi ultimi giorni tra vertici Bancaroma e vertici Barn, sarebbe emerso chiaramente il rifiuto di Bancaroma a prendere in considerazione una delle condizioni richieste da Barn per portare in dote 700 miliardi: il diritto di nomina dell'amministratore delegato dell'istituto romano. Diciamo telefonate, perché queste condizioni non sono state mai ufficializzate, ma semplicemente fatte «trapelare». E del resto, in questa storia tutta mantovana dell'ipotetico ma¬ trimonio con la banca della capitale, molte sono le cose che «trapelano» e di cui è difficile capire i precisi contorni. Si sa, ad esempio, che il Crédit Suisse First Boston ha contattato nei giorni scorsi alcuni consiglieri della Barn per sondare i loro umori in vista di una offerta d'acquisto sulla Barn da parte di un cliente. La banca svizzera si è rivolta direttamente ai grandi azionisti: Marcegaglia, Frati e Lonati, tagliando fuori gli azionisti con quote minime, come Tanzi e Colaninno. Né si è fatta viva con il presidente Pacchioni, grande fautore dell'intervento in Bancaroma. Ieri, il portavoce di Crédit Suisse si è limitato ad osservare che «non è consuetudine del gruppo commentare i rumors», cosicché il mistero sullo scalatore resta totale. Mentre i gruppi indicati dal mercato come possibili scalatori, Unicredito e Antonveneta (in cordata con Abn-Amro), hanno smentito ufficialmente qualsiasi interesse. La strada di Banca Agricola Mantovana verso la capitale appare sempre più complicata, anche per l'opposizione delle forze politiche locali. Se l'affare salterà, i riflessi all'interno di Barn si faranno sentire. Nel senso che, con l'operazione, salteranno probabilmente i due grandi sponsor di Bancaroma: il presidente Pacchioni e il direttore generale Mario Petroni. Valeria Sacchi Steno Marcegaglia

Luoghi citati: Boston, Milano, Roma