«E l'omertà il nemico di Silvia»

Tortoli, al via la sottoscrizione. Il sindaco: è un gesto dimostrativo, i rapitori non succhieranno soldi da qui «E' Pomerio il nemico di Silvia» Tortoli, al via la sottoscrizione. Il sindaco: è un gesto dimostrativo, i rapitori non succhieranno soldi da qui Gli inquirenti: la colletta, prova di maturità TORTOLI' (Nuoro) DAL NOSTRO INVIATO Come dichiarato, o promesso, o minacciato, a seconda dei punti di vista, il sindaco Franco Ladu ieri alle 11 si è presentato all'ufficio postale di Tortoli, in via Cedrino, e ha acceso il conto corrente postale 12900080 intestato «Per Silvia libera». Una «provocazione», ha ripetuto. E appariva in ansia perché qualcuno la chiama «disobbedienza civile», e prepoccupato perché neppure ci contava di provocare tanto clamore con quest'idea di scavalcare uno stato inflessibile nel bloccare i beni della famiglia e, così, anche le trattative per la liberazione. Il sindaco abbassa le palpebre e forse per l'ennesima volta sembra soppesare quel gesto tanto semplice quanto carico di significati e greve di rischi. «Ecco, è una provocazione, una cosa dimostrativa. La gente può versare anche soltanto mille lire per dire "liberate Silvia". Ci mancherebbe che i banditi pensassero di poter succhiare soldi anche da qui». La gente ha risposto, tenta di fare qualcosa, qualunque cosa, porta le mille lire, ma Antonio Sacchi, rapito a Nuoro nel 1981, ha fatto sapere che lui ne manderà 100 mila, di lire, e non una banconota qualsiasi: quella che faceva parte dei 600 milioni pagati per il suo riscatto e che gli è stata restituita da una banca di Locri dov'era stata individuata in una mazzetta. Forse, la grande paura si è un po' attenuata, forse è un po' meno opprimente lo sgomento seguito a una notte maledetta, quella fra il 13 e il 14 luglio, quando la famiglia pensò che stava per farcela, che Silvia era sul punto di tornare. E che quei maledetti si godessero pure i trenta denari per stavano per artigliare. Ma qualcosa andò storto: c'era la polizia, si disse, dove sarebbe dovuto avvenire l'incontro con gli emissari, e i banditi non si fecero vedere. Si temette che la tragedia diventasse più grande di quanto già non fosse, si pensò al destino di Vanna Licheri che non è più tornata e c'è chi dice che sia stata uccisa dai sequestratori per dare un avvertimento a tutti. Un segnale, una frase detta da qualcuno, un biglietto magari scritto sulla testata di un giornale, perché così, sulla data, non si può bluffare: insomma, qualcosa che fa sperare. Sì, Silvia è viva, se ne dicono tutti convinti, un po' forse per farsi coraggio ma molto perché sono stati colti certi segnali, come il repentino silenzio di Tito Melis, il padre, che era loquace e combattivo sino a pochi giorni or sono, e ora tace. E allora bisogna andare avanti con tutte le iniziative possibili, ripete il sindaco Ladu. E in fondo a ogni discorso c'è sempre quella collera non più silenziosa per l'atteggiamento dello Stato, che stavolta mostra muscoli che non possiede mentre in altre occasioni si è rassegnato a fare quello che sempre tentano di fare i familiari dei rapiti: trattare e pagare il conto. Così, tornano le notizie e le indiscrezioni che accompagnarono e, soprattutto, seguirono il rapimento del pic- colo Faruk Kassam, rimasto ostaggio 177 giorni. «Fino a quando lo Stato pagò». Quanto? Naturale che il fatto sia ufficialmente negato, ma allora fu detto che la colletta fra polizia e carabinieri fruttò un miliardo e 800 milioni. E nessuno smentì. Ma si dice pure che la cifra iniziale uscita dalle casse pubbli¬ che fosse di oltre 4 miliardi e mezzo. Insomma, conti che non tornano, ma nessuno vuol protestare perché nessuno ammette che quel denaro sia realmente stato versato. Anche gli imprenditori sardi avevano dato 600 milioni per il riscatto del piccolo. Una storia opaca, per infiniti aspetti, quella del sequestro di Faruk. Quanto quella volta sia realmente finito nelle tasche dei banditi rimarrà un interrogativo senza risposta. Per questo, ora, la gente si fida meno e, d'altra parte, aggiunge il sindaco Ladu allargando le braccia, «a noi non rimangono che le provocazioni. Ma se si tien conto dei risultati ottenuti con le indagini dalle forze dell'ordine, beh!, un disastro, dicono le statistiche. Perché lo sanno tutti, ormai, i banditi per primi, che per essere efficace un piano antisequestro scatta subito o non c'è più niente da fare. Ma noi non è che vogliamo rompere con le istituzioni, è logico, in termini astratti, chiederne la collaborazione». Gli uomini che le rappresentano, le istituzioni, si sono riuniti ieri in gran consiglio a Cagliari, a Palazzo di Giustizia. «Per fare il punto», ha ammesso il sostituto procuratore Mauro Mura, che dirige le indagini. Il magistrato parla con grande rispetto della gente che subito dopo il sequestro si è riunita nel comitato «Silvia libera», manifesta per le strade, s'impegna come può. Dice che tutto questo' è «il segno di una maturazione, di un senso civico ammirevole, della coscienza che si sente ferita». Ma aggiunge: «E' un peccato che queste emozioni, questi sentimenti, almeno finora abbiano lasciato insensibili coloro che sanno e che parlando potrebbero essere così utili, per la liberazione di Silvia Melis. No, quella molla non è ancora scattata, chi sa se scatterà mai». Perquisizioni, interrogatori, battute, intercettazioni, confronti, ricerche nelle imperscrutabili memorie dei calcolatori e in quelle, altrettanto preziose, di coloro che «hanno esperienza»: insomma, indagini. Ma con tutto questo non saltano fuori i dieci latitanti che scorrazzano per le montagne e le gole della Barbagia e forse pure sulla Carlo Felice, la grande arteria che collega il Nord e il Sud dell'isola, e magari in continente. Perché si è convinti che, come in tutti, anche in questo rapimento ci sia la mano di qualche inafferrabile. Lavoro investigativo, ma anche ragioni di opportunità, di Stato, di chissà cos'altro ancora. Pagamento sì o pagamento no? Blocco dei beni o blocco dei banditi? Alchimie, la gente non le capisce e fatica ad accettare. E mentre la polemica monta, Silvia è tristemente entrata nel suo ottavo mese di prigionia. Vincenzo Tessandori La ribellione di un paese: «A noi rimangono questi gesti, ma le istitu2ioni cosa hanno fatto?» Un ex sequestrato annuncia che verserà una banconota usata per pagare il suo riscatto Il sindaco di Tortoli Franco Ladu (a destra) e il vicesindaco Nuccio Meloni ieri all'ufficio postale. I due hanno aperto un conto corrente su cui chiunque potrà «contribuire simbolicamente» alla liberazione di Silvia Melis

Luoghi citati: Cagliari, Nuoro, Tortoli'