«Ex finanzieri controllavano gli appalti» di Giovanni Bianconi

A Perugia nuovi passi avanti sulla tangentopoli romana. Sentito come testimone il generale Pollali «Ex finanzieri controllavano gli qppqhi» A Perugia nuovi passi avanti sulla tangentopoli romana. Sentito come testimone il generale Pollali Necci rivela i misteri delle Ferrovie PERUGIA DAL NOSTRO INVIATO E' arrivata al cuore delle Ferrovie dello Stato l'inchiesta sulla corruzione dei magistrati romani. Un filone ereditato dall'indagine spezzina su Pierfrancesco Pacini Battaglia, volutamente riaperto dall'ex amministratore delegato Lorenzo Necci, arrestato un anno fa e tuttora indagato a Perugia, il quale negli ultimi interrogatori con gli inquirenti umbri non è stato avaro di nomi e fatti a suo dire sospetti. Anche ieri il manager caduto in disgrazia è tornato a parlare, e prima di lui era toccato a Niccolò Pollali, ex capo di stato maggiore della Guardia di Finanza, attualmente vice-segretario del Cesis, la struttura di coordinamento tra i Servizi segreti. Proprio Pollali era stato uno dei personaggi più citati nell'ultimo interrogatorio di Necci. Il finanziere, ascoltato come testimone, s'è portato via tutta la mattinata; il manager inquisito ha risposto fino a sera alle domande dei magistrati. Che si sono concentrate soprattutto su un punto: la struttura di auditing interna alle Ferrovie creata da Necci alla fine del 1991, per controllare appalti, contratti e tutto ciò che comportava una spesa, affidata ad un gruppo di ex militari delle Fiamme Gialle. Una struttura che, a detta di Necci, aveva col tempo acquisito tanto potere da sfuggire al suo stesso controllo Capo dell'auditing era l'ex finanziere Andrea Rigoni, attualmente indagato a Roma nell'inchiesta sulle Ferrovie. «A indicarmi il nome di Rigoni fu il generale Pollali», aveva detto Necci ai pm di Perugia un mese fa, e sotto di lui lavorava un gruppo di quattro o cinque persone, tutti provenienti dalle Fiamme Gialle. Sarebbero loro i componenti della struttura parallela denunciata dall'ex amministratore delegato delle Ferrovie. H quale aggiunse pure nell'interrogatorio di fine agosto che i suoi guai nell'inchiesta Phoney Money di Aosta sarebbero derivati proprio da qualcosa che aveva a che fare con l'ufficio diretto da Rigoni. Ma a chi rispondeva quella struttura di ex finanzieri, se non a Necci? A Pollali, forse? E' il sospetto del manager, che ieri i pm hanno girato al generale. Il quale però ha negato di aver avuto a che fare con quella sorta di contropotere interno lamentato da Necci. «Io mi sono limitato ad segnalare persone di altissimo profilo professionale, che una volta dentro le Ferrovie non facevano certo capo a me», ha detto in sostanza l'alto ufficiale ai magistrati. Venerdì scorso, in gran segreto, è stato interrogato - sempre in qualità di «persona informata sui fatti» - anche Rigoni, e non è escluso che nei prossimi giorni si svolgano dei confronti tra indagato e testimoni. Ma Pollali non ha risposto solo alle domande sugli ex finanzieri traslocati alle Ferrovie. Come capo del Nucleo di polizia tributaria di Roma, infatti, all'inizio degli Anni 90 il generale collaborò con l'ex pm romano Antonino Vinci nell'inchiesta sui «palazzi d'oro», finita sotto la lente d'ingrandimento dei magistrati perugini. E aveva rapporti di conoscenza e frequentazioni con Pietro Mezzaroma, uno dei costruttori romani usciti indenni dall'indagine perché giudicati vittime della concussione anziché dei corruttori. Adesso, a ritrovarsi inqui- sito per corruzione, è il giudice Vinci; e una delle «stranezze» dell'inchiesta è proprio il rapporto tra Mezzaroma e Pollali, svelato ai magistrati dal fratello dell'imprenditore. «Lei aveva avvertito Vinci della sua conoscenza con Mezzaroma?», hanno chiesto i pm Cardella, Della Monica e Cannevale a Pollali. «Sì», ha risposto il generale, mentre in precedenza Vinci aveva negato questa circostanza. Versioni contrastanti di non poco conto, visto l'esito dell'inchiesta per Mezzaroma, che dovranno essere chiarite. Ma anche altre conoscenze di Pollali vengono passate al setaccio, come quella con lo stesso Necci (Pollali riferi nel febbraio scoreo di aver chiesto consiglio ad Antonio Di Pietro, prima di accettare un invito a cena), con Pacini Battaglia (lo conobbe a casa dei suoceri di Necci), con l'ex ministro Cesare Previti, incontrato ad una cena con l'ex capo della polizia Parisi e l'agente di cambio Giancarlo Rossi. Le cene e i ricevimenti all'ombra del cupolone sono una costante nell'inchiesta sulla corruzione al palazzo di giustizia di Roma. S'è scoperto così che l'ex amministratore delegato delle Ferrovie conosceva da tempo l'altro ex pm romano, Giorgio Castellucci, pure lui inquisito a Perugia, a suo tempo titolare dell'inchiesta sull'Alta Velocità (Tav) per la quale aveva proposto l'archiviazione. C'è il sospetto che anche in quella circostanza siano circolate «mazzette», ma Necci e l'amministratore delegato della Tav, Ercole Incalza, dicono di non saperne nulla. L'unica indiscrezione su ciò che avrebbe detto Necci ai magistrati parla di una raccomandazione per l'assunzione di una parente dell'ex pm in una società delle Ferrovie. Giovanni Bianconi «Si era formata una struttura parallela che non dominavo più» A galla nuovi intrecci tra faccendieri e giudici corrotti

Luoghi citati: Aosta, Perugia, Pollali, Roma