Gli astenuti primo partito serbo di Giuseppe Zaccaria

Si profila un ballottaggio tra il candidato di Milosevic, Lilic, e l'ultranazionalista Seselj Si profila un ballottaggio tra il candidato di Milosevic, Lilic, e l'ultranazionalista Seselj Gli astenuti/ primo partito serbo Ha votato poco più della metà degli elettori I BALCANI IN CERCA DELLA PACE BELGRADO DAL NOSTRO INVIATO Fra nazionalisti di riporto e comunisti di risulta, nella Repubblica di Serbia c'è un nuovo candidato che comincia a conquistare sempre più spazio. E' il signor nessuno, il cittadino comune, l'elettore che neU'impossibilità di scegliere fra un feticcio e l'altro, come arma politica usa l'astensione. Ieri sulla più bellicosa repubblica della ex Jugoslavia splendeva il sole, il clima invitava alle gite. In altre parole, il senso del dramma che usa circondare ogni momento della vita serba pareva diluito in una sorta di rassegnazione. Trasferire gli stati d'animo in cifre non è facile, eppure il disincanto dei serbi sembra aver avuto qualche effetto sul piano dell'affluenza al voto. Le cifre sono ancora molto parziali, qui la macchina statistica è particolarmente rugginosa: eppure alle tre del pomeriggio i seggi di Belgrado, Novi Sad, Kragujevac le principali città del Paese - registravano un'affluenza di elettori che oscillava dal trenta al trentadue per cento. Percentuali italiane, o forse svizzere, in un Paese non ancora uscito dal clima di guerra e che con queste elezioni sembra giocarsi il futuro. L'invito al boicottaggio ha avuto successo, dunque? Per dirlo è presto. Molto probabilmente, quando i dati saranno più attendibili si scoprirà che ancora una volta la Serbia profonda, quella delle cittadine e dei villaggi del Sud, compensa il disimpegno delle città. Il dato comunque deve far pensare. Bene che vada la scelta del Presidente (quel teorico, drammatico aut-aut fra ultimi burosauri del comunismo e ducetti di un nazionalismo giurassico) mobiliterà il - 52-54 per cento dei serbi. Stiamo parlando, giova ripeterlo, di un Paese che ha avuto la guerra alle porte, per anni l'ha combattuta a distanza e sopravvive non si sa come a un sistema di sanzioni che l'ha messo in ginocchio. I «vqjvodi» delle bande cetniche, momentaneamente travestiti da democratici, già intuiscono nuovi spazi di intervento. Vuk Draskovic dichiara alla televisione: «Sento che lo spirito della campagna elettorale si sta materializzando. Spero solo che la mia gente abbia partecipato al voto così come ha partecipato ai miei comizi...». Molto più concretamente, gli spiriti di un nuovo arcaismo potrebbero materializzarsi nel par¬ tito radicale di Vojislav Seselj, che infatti si mostra attendista: «Penso che la Serbia stia per avvicinarsi alla grande svolta», dice aspettando un ballottaggio che dovrebbe vederlo opposto al candidato del Presidente, Lilic. Slobodan Milosevic, come le opposizioni dicono da tempo, «è un vampiro che si nutre del sangue dei suoi nemici». In meno di tre anni è riuscito a trasformarsi da maggior responsabile della guerra in garante della democrazia prima, ed oggi in argine all'irrompere dei nazionalismi. Ieri il Presidente federale si è mostrato al suo popolo in un seggio di Dedinje, il quartiere «chic» di Belgrado, con la moglie Mirjana ed un erede - il figlio Marko - noto per la frequentazione di «rally» e discoteche, pronto a sfoggiare per l'occasione un taglio di capelli «punk», di quelli che possono mandare in bestia qualsiasi serbo delle campagne. La maggioranza del Paese rimane questa. E questo dato finisce col rappresentare adesso la sola incognita delle elezioni. Se le proiezioni sono attendibili, in questo primo turno i serbi hanno votato per il 54-55 per cento, assicurando con questo la regolarità dell'elezione. Emerge qualche broglio, a Belgrado ci sono state famiglie che si sono viste recapitare certificati elettorali per parenti morti da undici anni. In qualche seggio (Cukerice, PeUlula, aree d'opposizione) sono sta- te consegnate più schede di quanti fossero gli elettori. Rilievi marginali, comunque. Quanto alle scelte, tutto sembra chiaro: poche ore, e Zoran Lilic, protetto dal Presidente, dovrebbe trovarsi opposto nel ballottaggio al campione della serbitudine più ottusa, il radicale Seselj. Se l'uomo del potere dovesse farcela con il 43-45 per cento dei voti, l'apparato potrebbe mettere in archivio un nuovo successo. Tutto sta a vedere quanto Vojislav Seselj raccoglierà. Il rischio che da quel momento la Serbia cominci ad avvitarsi in una nuova spirale di arcaismi e violenze sarebbe enorme. Giuseppe Zaccaria

Persone citate: Lilic, Milosevic, Seselj, Slobodan Milosevic, Vojislav Seselj, Vuk Draskovic, Zoran Lilic