La polizia blocca i leghisti anti-Scalfaro

Momenti di tensione a Verona. Il vicequestore alle camicie verdi: fermatevi o carichiamo Momenti di tensione a Verona. Il vicequestore alle camicie verdi: fermatevi o carichiamo La polizia blocca i leghisti anti-Scalfaro Il Presidente: lavoriamo insieme per andare in Europa VERONA DAL NOSTRO INVIATO Lentamente il vicequestore Rosario Russo indossa la fascia tricolore, l'agente trombettiere rigira lo strumento tra le mani preparandosi a suonare i tre fatidici squilli, i duecento poliziotti in assetto antisommossa hanno già inserito i lacrimogeni sulle canne dei fucili e sfiorano i manganelli: il rituale che precede la «carica» sembra riproporre un film vecchio di almeno vent'anni mentre la tensione sale alle stelle. Di fronte, 300 uomini in camicia verde: bracciali che li qualificano come esponenti del «Comitato di liberazione della Padania», una fierezza «militare» platealmente esibita, cartelli con slogan feroci per protestare contro Oscar Luigi Scalfaro in visita a Verona «come un viceré che scende in colonia». «Ancora due passi in avanti e ordino ai miei uomini di caricare», avverte il funzionario di polizia: i contestatori restano immobili. La Lega si ferma sull'orlo della guerriglia, accontentandosi, all'indomani del milione di no alla secessione, di aver portato la sua sfida nei confronti delle istituzioni a livelli mai raggiunti. Lo scontro frontale con lo Stato è rinviato. Forse, nella decisione di non compiere quei due, cruciali passi avanti, gioca anche la fermezza annunciata recentemente dal ministro dell'Interno: «Se il Carroccio creerà problemi di ordine pubblico, potrebbero saltare le cosiddette elezioni padane». Si allontana, quindi, la possibile collisione, non le scaramucce ed i tafferugli e gli inseguimenti in cui, invece, si sfrangia la protesta, dilagando nei vicoli di una città blindata dove, in un giorno ad alto rischio, manifestano anche 150 giovani di Alleanza nazionale relegati, dalla questura, in un settore di piazza Bra, ad urlare il loro disprezzo per Bossi e per il Presidente: un clima rovente da tutti contro tutti, un rincorrersi di minacce, l'alea incombente che le maglie della sicurezza si allarghino in strappi ancora più larghi di quelli attraverso i quali si infilano gli uomini del Carroccio nel loro tentativo di punzecchiare polizia e carabinieri. Per lunghi attimi si teme il peggio. Respinte da Porta Nuova, poco prima che giunga il corteo presidenziale, le camicie verdi infatti tornano sui propri passi, si disperdono in vicoli e stradine fino a ricongiungersi nei giardini Pradaval dove gli agenti antisommossa inseguono i più riottosi spingendoli, a forza, fino a ricompattare il gruppo. Tutto ciò proprio mentre, a meno di 100 metri, il manipolo di an si affaccia pericolosamente facendo profilare un contatto esplosivo. E mentre il centro storico ri- bolle, nella quiete del palco sui bastioni di viale Oriani, Scalfaro celebra l'anniversario del massacro del battaglione Acqui a Cefalonia e Corfù: novemila morti, 1500 dei quali veronesi. Una manifestazione che i vertici di città e Provincia lasciano scorrere all'insegna della più evidente freddezza nei confronti del Capo dello Stato. Alla vigilia del suo arrivo il sindaco Michela Sironi Mariotti aveva invitato alla cerimonia i consiglieri comunali guardandosi bene dall'annunciare ciò che tutta Verona sapeva perfettamente: e cioè che sarebbe giunto da Roma l'inquilino del Quirinale. Di più: con magnanimità pilatesca aveva «lasciato liberi» i cittadini di esporre o no il tricolore alle finestre. Ma, ad aggiungere a tutto ciò l'attualità della provocazione pensa, proprio sul palco, il presidente leghista della Provincia Antonio Borghesi: «Qui le fanno vedere solo gente che applaude - sussurra all'orecchio di Scalfaro ma, fuori, c'è il dissenso». E il Capo dello Stato: «Protestano contro questa manifestazione?». «No, contro il rappresentante dello Stato italiano». «Se hanno impedito a queste persone di venire qui hanno fatto male». «Presidente, di questo passo si scivola verso il regime». Scalfaro si rabbuia, poi prende la parola. E, dopo lo sferzante discorso dell'altro giorno rivolto ai leghisti («Siete pochi, maleducati ed ignoranti») imbastisce un ecumenico invito a «lavorare tutti insieme» perché questa patria non ha bisogno di «contrasti». Né ha bisogno di «inimicizia»: per raggiungere il traguardo dell'Europa e quello delle riforme serve «collaborazione». Una richiesta che la Lega rifiuta con sdegno, passando al contrattacco (verbale) con il suo segretario veneto, Fabrizio Comencini: «Questo presidente non rappresenta il popolo italiano: se per parlare in una città deve blindarla, significa che non è amato. Né dai leghisti né dagli altri. E, poi, tutti questi richiami al tricolore... E' una delle tante bandiere d'Europa. Non dico che bisognerebbe bruciarla, ma, sicuramente, metterlo una buona volta in un cassetto». Renato Rizzo La città «blindata» anche per evitare il contatto tra i «padani» e un corteo di An vicino all'Arena Il segretario veneto del Carroccio «Il tricolore va messo una buona volta nel cassetto» ►ss* Nella foto in alto i tafferugli fra leghisti e polizia a Verona Qui sopra Scalfaro e Prorjf al congresso eucaristico di Bologna

Persone citate: Bossi, Fabrizio Comencini, Michela Sironi Mariotti, Oscar Luigi Scalfaro, Renato Rizzo, Rosario Russo, Scalfaro