Walesa sogna la vendetta di Giulietto Chiesa

Alla vigilia i sondaggi danno i due maggiori contendenti affiancati, entrambi al di sotto del 30 per cento Alla vigilia i sondaggi danno i due maggiori contendenti affiancati, entrambi al di sotto del 30 per cento Walesa sogna la vendetta Testa a testa tra expce eredi di Solidarnosc VARSAVIA DAL NOSTRO INVIATO Sul filo di lana a un capello di distanza gli uni dagli altri, gli ex comunisti (al governo) della Sld e gli eredi di Solidarnosc della Aws si affrontano oggi in Polonia per decidere chi tirerà il Paese fuori dalla crisi. La legge che vieta di pubblicare i sondaggi negli ultimi dodici giorni di campagna elettorale è stata aggirata da tutti, ma i tre pronostici sparati venerdì dai tre maggiori quotidiani polacchi dicono tutti la stessa cosa: che i due maggiori contendenti sono testa a Lesta, entrambi al di sotto del 30 percento. Chiunque vinca, la sinistra ex comunista o la destra ex sindacale, ci vorrà una coalizione per governare. Il presidente Aleksandr Kwasniewski ha parlato venerdì sera al Paese, via radio e televisione, felicitandosi con la sinistra per i «successi» di questi ultimi quattro anni, che si possono riassumere così: crescita media del prodotto interno lordo attorno al 6 per cento; inflazione alta (14,5 percento), ma in ribasso rispetto agli anni passati; potere d'acquisto in crescita; discreto livello degli investimenti. Tra i successi Kwasnievski ha ovviamente piazzato l'ingresso prossimo venturo nella Nato («la Polonia è oggi più sicura di quattro anni orsono») e si è compiaciuto con la coalizione di centro-sinistra che ha «superato le divisioni e ottenuto un saggio compromesso» approvando la nuova Costituzione. Il presiden- I BALCANI IN CERCA DELLA PACE BELGRADO DAL NOSTRO INVIATO Nella penombra parte un applauso alluvionale, risuona l'inno serbo, pulsa un firmamento di rossi bagliori. Sono migliaia di cuori a batteria. Le luci intermittenti dell'ultimo «gadget» socialista invadono la sala. E' paccottiglia cinese, tanti cuoricini in plastica con la scritta «per la Serbia»: s'accendono all'arrivo del presidente Milosevic, palpitano artificiali sui risvolti delle giacche di burocrati e militanti. Al «Sava Centar», monumento in ferro e cristallo alla Jugoslavia che avrebbe potuto essere, la coalizione di governo (un cartello di sinistra) chiude la campagna per le elezioni presidenziali, che in Serbia si tengono oggi. Lo fa al chiuso di questa fortezza ipermodema. L'immagine di un Paese pronto a infiammarsi per un nonnulla ma capace di accendersi davvero solo quando si ricaricano le batterie del potere. Anche questa è Serbia, nazione popolata, imprevedibile e riottosa. L'immutabile apparato di governo si propone adesso come «cintura dì sicurezza» contro il nazionalismo montante. A mezzo chilometro da qui, nelle stesse piazze in cui l'inverno scorso sembrava esplodere una «primavera dei Balcani», scomparsi gli studenti le folle delirano ai comizi di Vuk Draskovic e Voijslav Seselj, candidati alternativi. L'uno più arcaico e reboante dell'altro. Qui dentro invece, al chiuso di un complesso che luccica come un ipermercato, un sistema concepito per autoalimentarsi oppone al primitivismo di monarchici e radicali una patina di ritrovata modernità ed un messaggio che più ó meno suona così: «Perché le cose migliorino nulla deve cambiare». Accanto a Slobodan il Faraone - già presidente serbo, da due mesi presidente della federazione fra Serbia e Montenegro, domani chissà - siede compunto il candidato ufficiale. E' Zoran Lilio, un elegante signore che fino a pochi mesi fa era seduto sulla poltrona del capo e oggi si presta obbediente al giro di scrivanie. Questa stagione elettorale (prima la Bosnia, adesso la Serbia, ai primi d'ottobre il Montenegro) potrebbe aprire nella regione l'ennesima fase delicata. Nella «piccola Jugoslavia» odierna la struttura del potere cambia. La federazione che contava pochissimo finché è stata guidata da Lilic, si appresta adesso ad assu- I PROTAGONISTI DIETRO LE QUINTE KWASNIEWSKi // presidente L'uomo che nel 1995 è stato scelto dai polacchi per sostituire Lech Walesa alla presidenza del Paese, pur se cerca di mantenersi al di sopra delle parti, costituisce il punto di forza dei postcomunisti. A 48 ore dall'apertura delle urne, Kwasniewski ha elogiato il Parlamento uscente, a maggioranza po- stcomunista, ed ha invitato i polacchi ad «usufruire del diritto di voto». «La Polonia del 1997 è in migliori condizioni che nel settembre 1993», ha affermato Kwasniewski, in un messaggio televisivo, indicando i maggiori risultati ottenuti. L'intervento non è piaciuto alle forze di opposizione che l'hanno giudicato troppo sbilanciato. WALESA L'anticomunista L'ex presidente e fondatore di Solidarnosc ha ammonito i membri di «Azione Elettorale Solidarnosc» (AWS), la formazione politica da lui appoggiata per le elezioni, a non fare gare di religiosità. «Chi gioca con la Fede prima o dopo pagherà se non qui nell'aldilà, Stalin e Lenin ci sono già», ha detto Lech Walesa nel santuario mariano della Regina Dolorosa di Polonia nella regione di Kielce. L'ex capo di Stato ha criticato le tendenze dei polacchi alla facile litigiosità ed ha rivolto un appello per la pace e la cooperazione: «Ricordate che il vostro compito non termina con le elezioni», ha detto Walesa ai sindacalistii. Un uomo incolla su un muro di Varsavia un manifesto elettorale di Leszek Balcerowicz ifotoans/v) te, che evidentemente non ha alcuna voglia di dover eventualmente convivere con un Parlamento a maggioranza di destra, ha lasciato capire che gradirebbe molto una coalizione appunto composta dai quattro partiti che hanno consentito quest'anno di varare una Costituzione che non è piaciuta affatto (specie in tema di aborto) alla Chiesa polacca. Oltre alla Alleanza Democratica di Sinistra (Sld) l'ipotetica intesa futura che piace al presidente comprenderebbe il partito contadino (Psl, attualmente al governo con gli ex comunisti, cui i sondaggi assegnano l'8 per cento), l'Unione per la Libertà (Uw, opposizione liberale, il partito del «padre della riforma», Leszek Balcerowicz, accreditata in terza posizione con l'il per cento dei pronostici) e l'Unione del lavoro (sinistra non comunista). Gli avversari della sinistra, non ufficialmente appoggiati dalla Chiesa, sperano che il partito contadino, in calo di consensi, metta in difficoltà l'attuale coalizione maggioritaria (l'Sld sembra mantenere i suoi consensi). Se così avvenisse l'Aws potrebbe puntare a una coalizione di destra chiamando il partito di Balcerowicz e cumulando i suoi seggi con quelli, eventuali, del Movimento per la ricostruzione della Polonia, il Rop, un partitino di destra populista. Una coabitazione, quella tra Uw e Rop, piuttosto problematica data la distanza delle posizioni pre-elettorali, ma comunque necessaria se i sondaggi dovessero rivelarsi vicini alla realtà. Resta inoltre l'incognita legata allo sbarramento del 5 per cento previsto dalla legge elettorale. Sono infatti solo quattro i partiti sicuri di entrare in Parlamento: ap¬ punto Sld, Aws, Psl e Uw. Gli altri tre potenziali promossi sono l'Unione del lavoro, il Rop e il Reir, il partito dei pensionati. Da qui l'estrema incertezza del risultato c, in ogni caso, la certezza che, comunque vada a finire, la prospettiva è quella di una coalizione, di destra o di sinistra, per giunta in entrambi i casi dotata di una maggioranza debole e precaria e in presenza di una forte opposizione. Il che rappresenta un dato inquietante di fronte alle inevitabili misure di austerità che il nuovo governo dovrà intraprendere. Prima fra tut¬ to quella di un secca stretta fiscale. A fianco delle ottimistiche valutazioni del presidente Kwasnievski e del premier Wlodzimierz Cimoszewicz, negli ultimi mesi la situazione del debito interno si è rapidamente aggravata, anche perché l'anchilosato sistema di sicurezza sociale ereditato dal regime comunista non è stato riformato e pesa sulle finanze statali in maniera crescente (cavallo di battaglia dell'opposizione Aws). E la disoccupazione è sopra il 10 per cento. La campagna elettorale è stata tutto sommato tranquilla, a riprova che lo convulsioni politi¬ che del post-comunismo sono finite e la maturità del Paese è salda. Ma le polemiche e le accuse reciproci ic sulla (più o meno mancata) de-comunistizzazione del Paese rimangono uno dei temi forti del dibattito. Lech Walesa ha ovviamente l'atto campagna per la destra, invitando i partiti minori ad abbandonare la corsa a vantaggio del Aws. Ma il suo appello è rimasto inascoltato. Si vedrà oggi se gli elettori lo accoglieranno meglio. Giulietto Chiesa