Galles autonomo per 7000 voti

Nel 2000 Cardiff avrà un Parlamento indipendente, ma con poteri limitati Nel 2000 Cardiff avrà un Parlamento indipendente, ma con poteri limitati Galles autonomo per 7000 voti // sì vince il referendum LONDRA NOSTRO SERVIZIO Il «Parlamentino» del Galles è passato per il rotto della cuffia: l'apatia ha tenuto alla larga dalle urne la metà degli aventi diritto al voto, e i sì sono prevalsi con una maggioranza dello 0,6 per cento. A Westminster si levano già minacce d'opposizione alla legislazione per l'autogoverno parziale. Blair ha escluso che il risultato possa essere messo in discussione, ma non è volato subito in Galles per celebrare un'autonomia che arriva dopo sei secoli. L'assemblea di 60 deputati sarà votata nel maggio 1999. E si insedierà nel 2000. Ad ogni modo il primo ministro ha ammesso che l'esito non è inequivocabile e ha promesso che risponderà con la persuasione «alle paure espresse dalla gente». Il decentramento ha trovato l'appoggio di 559.419 elettori (un risicato 50,3 per cento) contro 552.698 (49,7 per cento). Lo spoglio è avvenuta in un'atmosfera da mangiarsi le unghie presso il rinomato Welsh College of Music and Drama: il testa a testa tra il fronte dei sì e quello dei no è proseguito tutta la notte. Soltanto all'alba (dopo che la Bbc aveva annunciato una vittoria del «no») il Paese ha saputo che il Galles, dopo tutto, ha deciso di cogliere l'opportunità. I no più tonanti sono venuti dalle aree rurali lungo il confine con l'Inghilterra e dalle città di Cardiff e Newport. Ma il Sud e l'Ovest nazionalista ha invece espresso una valanga di sì. A decidere le sorti del referendum è stato il voto del Carmanthenshire. A quel punto anche nelle strade della scettica Cardiff i vincitori hanno intonato l'inno nazionale gallese fino a mattina inoltrata. A differenza dal Parlamento scozzese, l'assemblea gallese non avrà il potere di fare le leggi, né quello di variare le tasse o la spesa pubblica, che dovrà essere contenuta nei 7 miliardi di sterline stanziati ogni anno da Londra. Quaranta membri saranno eletti secondo il principio del «first-past-the-post»; gli altri saranno scelti da liste compilate dai partiti secondo un sistema di rappresentanza proporzionale per garantire l'ingresso dei partiti minori. Il ministro per il Galles, Ron Davies, non ha dato retta a chi vorrebbe che il governo si sentisse imbarazzato: «Abbiamo un mandato per la riforma. Il popolo del Galles vuole una voce più forte. Si fida dei laboristi». Ma intanto si levavano le prime voci polemiche, anche dai ranghi laboristi: Lord Stod- dart of Swindon ha espresso il suo scetticismo sul decentramento dicendo che sarebbe «scandaloso» andare avanti con la legislazione. «Il margine del voto è tale che, francamente, i Comuni e i Lord sarebbero giustificati se la mandassero a mare o se la emendassero in tutti i modi per migliorarla. Dopo tutto, il popolo del Galles non ha espresso un sostegno sonante a questa politica: soltanto il 25 per cento l'ha votata. Soltanto il 50 per cento si è scomodato a venire». Anche mezza dozzina di deputati laboristi erano scesi sul sentiero di guerra dichiarandosi apertamente ostili al decentramento del Galles: «Dopo aver speso milioni di sterline, solo un elettore su 4 ha votato per il cambiamento», ha protestato uno dei dissidenti, Llew Smith. Il leader conservatore William Hague, che aveva insistito per il no, ha definito il risultato un «forte messaggio» al governo sui pericoli del decentramento: «Abbiamo visto che il Galles si è diviso a metà e spero che a questo punto il governo si fermi a riflettere su quello che fa prima di introdurre la legislazione alla Camera dei Comuni. Dovrebbe togliersi dalla testa l'idea di andare avanti con le assemblee regionali inglesi». Ma i laboristi hanno replicato che non hanno assolutamente in programma di fare questo nell'attuale legislatura. «Col tempo», auspicava il manifesto elettorale di Blair. Ma la campagna dei sì giubila: «E' una nuova politica pluralista», ha detto uno dei leader, Leighton Andrews. Non è certo la valanga scozzese, ma Blair non demorde. Il governo, ha detto, ha l'opportunità «di dimostrare alla gente che il sì è stato il voto giusto, perché trovi sempre più sostegno l'idea che non tutto deve esere fatto da Whitehall e Westminster». Maria Chiara Bonazzi I TIMIDI RIBELLI ■ POPOLAZIONE DEL PRINCIPATO DEL GALLES: Due milioni 200 mila ■ VOTANTI AL REFERENDUM; 50,1 % ■ SI' ALLA AUTONOMIA: 559.419 [50,3 %] NO: 552.698 [49,7 %] ■ PARLAMENTO GALLESE: sessanta deputati. Si insedierà nel Duemila ■ POTERI: sanità, trasporti, edilizia, istruzione, gestione degli incentivi economici versati da Londra che ammontano ogni anno a sette miliardi di sterline ■ L'ECONOMIA: Il Galles, una delle regioni più antiche di sfruttamento minerario, ha risentito fortemente della crisi del carbone. Oggi quasi tutte le miniere sono chiuse e la produzione è in continuo declino dota la profondità dei pozzi e il costo della estrazione. In compenso la regione ha conosciuto un considerevole boom industriale dovuto all'afflusso di capitali stranieri attirati da notevoli agevolazioni fiscali, che hanno provocato anche polemiche a livello comunitario. Tra gli investitori ci sono anche aziende italiane. Hanno votato soltanto metà dei 2 milioni e 200 mila aventi diritto Nella notte la Bbc annuncia la vittoria dei «no», poi il sorpasso Sostenitori del «sì» celebrano la vittoria nelle prime ore del mattino: gli autonomisti hanno effettuato il sorpasso soltanto alle quattro quando è finito il conteggio nella contea di Carmarthen

Persone citate: Davies, Drama, Leighton Andrews, Maria Chiara Bonazzi I, Newport, Welsh, William Hague