Tortino-Dalla Chiesa Quella difficile verità di Paolo Guzzanti

Tortino-Dalia Chiesa Quella difficile verità FUORI DAL CÒRO m Tortino-Dalia Chiesa Quella difficile verità ANCORA due parole su Di Pietro «agente speciale» del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Breve riassunto: il 29 aprile 1993 andai a intervistare la signora Antonia Setti Carraro, madre della sfortunata Emanuela, sposa del generali1 e con lui assassinata a Palermo. La signora Setti Carraro è una donna straordinaria e una miniera di bei ricordi. Quel giorno ne tirò fuori uno che mi incuriosì: quello di un agente, Antonio Di Pietro, che lei aveva visto spesso a fianco del generale anche durante le visite in casa sua. Quando mi rilasciò quell'intervista Di Pietro era ancora il procuratore eli ferro che castigava l'Italia dei corrotti. L'intervista uscì l'I maggio 1993, con pochi; righe su questa curiosità (gli argomenti della conversazioni; erano Andreotti, Palermo e la mafia). Domanda: Signora, lei ha conosciuto Di Pietro? Risposta: «Benissimo. Le dirò che era alle dipendenze del generali; Dalla Chiesa». Mi sorprese già allora il fatto che la circostanza, anziché far paite integrante della biografia di Di Pietro fra i suoi titoli di merito, non figurasse affatto e l'osse omessa. Così, tracciando sulla Stampa eh martedì scorso un articolo sulle differenze fra Di Pietro e il suo sfidante Giuliano Ferrara nella guerra del Mugello, ho ricordato quella risposta già edita, datami dalla signora Setti Carraro. Ma ecco che, con mia sorpresa e pedino imbarazzo, arriva una lettera della signora, la quale annuncia di voler smentire tutto sui rapporti fra Di Pietro e suo genero, stando saggiamente attenta, però, a confermare con nuovi particolari. Nega di averlo visto annate in casa sua, ma ci informa che a dirle di questa attivila di intelligence fu lo stesso Di Pietro, andato a renderle visita in compagnia di un «alto magistrato». Cioè una conferma, ma contorta. La lettera è stata pubblicata mercoledì con ima mia risposta in cui ripeto quanto la signora Setti Carraro mi autorizzò a pubblicare il 30 aprile 1993, compreso il passo su Di Pietro alle dipendenze di Dalla Chiesa. E a questo punto comincia un vero giallo. Una serie di comunicati e interviste (fra cui qtiella eh Nando Dalla Chiesa) smentiscono che Di Pietro facesse parte della «scorta» di Dalla Chiesa, cosa che io non mi sono mai sognato di scrivere: ho detto che, sulla base di quanto mi sentii spiegare a Milano, Di Pietro era semmai mi agente anzi molto speciale di Dalla Chiesa, nel senso che gli era sempre vicinissimo e godeva meritatamente della sua fiducia. Devo confessare a questo punto l'impressione, ricavata dal tenore così poco spontaneo della let¬ tera, che la signora Setti Carraro si sia dovuta risolvere a scriverla piuttosto di malavoglia. Tocchiamo adesso il punto ciuciale: se, come non è controverso, Di Pietro fu un uomo dell'apparato di «intelligence» anti-terrorismo dell'eroico generali; Carlo Albert o Dalla Chiesa, come mai la circostanza non soltanto è stala omessa, ma di fronti; alla mia rievocazione viene negata in un groviglio di imbarazzi e imprecisioni? Non se ne vede il senso. O meglio: uno se ne può anche vedere, e appartiene alle fantasie non autorizzate, come tutte le fantasie. La fantasia è semplice. Ci siamo chiesti tutti, per un amore letterario che va da Conrad a Le Cairo, se il personaggio - attenzione: il personaggio, non l'uomo - Di Pietro fosse interamente au tentico. O se celasse qualche appassionante mistero. La fantasia è senz'altro stimolata da tutta la eccezionale (forse un po' troppo) storia del petroso Di Pietro: italiano perfetto, uomo del Sud ma del Noni, solido nel corpo e nello spinto, volitivo come Vittorio Alfieri, povero e determinante, emigrante e studente, poi un poliziotto roccioso e manesco ma sempre a fin di bene, uno che si laurea senza grandi voti perché lavora, che diventa magistrato senza vistosi punteggi, e che all'improvviso divinità la voce e il volto dell'inchiesta, «Mani pulite», corredata dal più grandisoso, mai visto, efficace sistema computerizzato in cui tutto è chiaro, incrociato, confermato, cliccato, del mondo intero: ò stato venduto in tutto il mondo, fantastico. Meraviglie tuia dietro l'altra. Poi quel che sappiamo: le dimissioni incomprensibili, le vicende politiche, la candidatura nel Mugello. Cittadini e giornalisti si sono domandati, anche perche così avrebbero fatto i colleghi americani, inglesi, francesi a casa loro: ma questo angelo sterminatore è davvero tutto autentico? Oppure è stato anche, poniamo, uno strumento perfettamente addestrato? Sono, lo ripetiamo, fantasie: ma non è colpa nostra se ci vengono. La colpa è di queste smentite che sembrano rispondere a una tardiva fretta occultista e a noi, lo confessiamo, l'occultismo non piace. Noi non crediamo alla «Spectre», ma neanche a certi sospetti contorcimenti e non ci sorprende, anzi ci rallegra che i magistrati di Brescia abbiano deciso di ascoltare la signora Setti Can-aro per farsi dire la stessa verità che rivelò a me quattro anni e mezzo fa, visto che quella verità appartiene a un uomo pubblico e a tutti noi, quelli che vogliono vederci chiaro. Paolo Guzzanti „«J

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