Bertinotti-D'Alema prove di dialogo

Inatteso colloquio ieri mattina presto a Botteghe Oscure: «Cancellati i fraintendimenti» Inatteso colloquio ieri mattina presto a Botteghe Oscure: «Cancellati i fraintendimenti» Bertinotti-D'Alenici, prove di dialogo «E' l'ora di restare uniti» ROMA. Massimo D'Alema e Fausto Bertinotti, di nuovo l'uno di fronte all'altro, dopo giorni e giorni di polemiche a mezzo stampa. E' successo ieri mattina, a Botteghe oscure: poco più di mezz'ora di colloquio. L'incontro lo ha chiesto il segretario del pds, quando si è reso conto, dopo la riunione con i sindacati a Reggio Emilia, che Cgil, Cisl e Uil non gli avrebbero coperto le spalle più di tanto in questo scontro con il leader di Rifondazione sulla riforma dello Stato sociale. E infatti a Bertinotti D'Alema ha detto: «L'essenziale è che ci sia l'accordo con i sindacati: il pds accetterà quell'intesa». «Noi invece manteniamo la nostra autonomia di giudizio. Vedremo ciò che proporrà il governo, ma se la sua politica economica rimane questa noi non potremo votare a favore», ha risposto il segretario di Rifondazione, il quale però ha capito, dopo quel discorsetto del leader pidiessino, che si sono aperti degli spazi di manovra, che la Quercia sta retrocedendo dalla linea dura. «Ormai ha spiegato ai fedelissimi Bertinotti - lo scontro non è più tra me e D'Alema, ma tra me e il governo». Il segretario del pds ha innestato la retromarcia: «E' una giornata di dialogo», ha detto a qualche ora di distanza dall'incontro con Bertinotti, lanciando un appello unitario a Rifondazione perché «non si disperda il patrimonio di un governo di centro sinistra». La «svolta» dalemiana non poteva passare inosservata, meritava una spiegazione e perciò il «tam tam» di Botteghe oscure faceva filtrare questa indiscrezione: a convincere il leader della Quercia a incontrare Bertinotti è stato Prodi. Ma direttamente da palazzo Chigi rimbalzava una versione di segno opposto che descriveva un Prodi piuttosto indispettito perché spiazzato dall'inversione di rotta del segretario del pds. Al presidente del Consiglio, secondo questa versione, non è piaciuta la decisione di D'Alema di rimettersi nelle mani dei sindacati. Con il leader della Quercia, Prodi aveva concordato in estate di andare avanti senza esitazioni, sul Welfare, ma adesso che il segretario del pds ha cambiato linea, il presidente del Consiglio si trova in difficoltà. «Io - ha spiegato Prodi al suo "entourage" - non voglio fare un accordo basso, intendo fare una riforma strutturale, però...». E quel «però» parrebbe significare che il presidente del Consiglio, stretto tra Bertinotti, Cgil, Cisl e Uil, ai quali si è aggiunto adesso anche il segretario del pds, vede restringersi i suoi spazi di manovra. Ma poteva agire in altro modo D'Alema? Ai dirigenti del suo partito il segretario del pds ha spiegato che l'importante «è chiudere la trattativa al più presto possibile». Sì, il ragionamento del leader della Quercia è questo: non si può aprire un fronte con i sindacati, perché così si rischierebbe di mettere in moto Bertinotti. C'è dell'altro: il segretario del pds ha capito che continuando la polemica aspra con il Prc rendeva impossibile ai «dialoganti» di Rifondazione (Cossutta e Salvato) il tentativo di evitare una rottura definitiva. A spingere D'Alema su questa strada ha contribuito anche un retropensiero. E' già accaduto, in passato, che il segretario del pds abbia vestito i panni del duro, in un confronto con Rifondazione, e che poi però Prodi lo abbia scavalcato facendo l'accordo con Bertinotti, e D'Alema non intende ripetere esperienze analoghe. D'altra parte, il presidente del Consiglio l'altro ieri sera, in un vertice che doveva rimanere segreto aveva già «tastato il polso» ai sin- dacati. «Datemi ima mano: siamo a un metro dal traguardo, però siamo anche tra Scilla e Cariddi», era stata la sua esortazione. A cui Cofferati, Larizza e D'Antoni, avevano risposto spiegando che comunque loro non avrebbero potuto siglare un'intesa per farsela poi bocciare nelle consultazioni dei lavoratori. Questo è lo scenario che ieri faceva dire al segretario del ppi Franco Marini: «Sul Welfare si va verso un accordo "leggero"». E questo è lo scenario che ieri consentiva ad alcuni protagonisti politici della maggioranza di vedere qualche spiraglio all'orizzonte. E' veramente così? Il Presidente della Repubblica Scalfaro ne sembra convinto. A chi lo è andato a trovare in questi ultimi due giorni il capo dello Stato ha detto: «Non penso proprio che si arrivi alla crisi». I problemi da risolvere, però, sono ancora molti, come dimostra l'esito dell'incontro di ieri pomeriggio tra gli esperti di maggioranza sul tema dell'occupazione, che si è risolto con un nulla di fatto. Rifondazione non ha ceduto di un millimetro. Ma è ovvio che l'eventuale accordo abbisogna di un iter lungo. Forse il Prc non vuole chiudere la trattativa prima della grande manifestazione nazionale del 25 ottobre. E comunque la verità la diceva qualche giorno fa Bertinotti ai suoi: «O noi incidiamo sulla politica economica del governo o finiamo per fare l'appendice della Cosa 2». Sì, in questa partita, Rifondazione si gioca molto. Maria Teresa Meli Il segretario del pds Massimo D'Alema

Luoghi citati: Reggio Emilia, Roma