la mano insanguinata dell'elemosina

la mano insanguinata dell'elemosina UNA VITA IN FUGA la mano insanguinata dell'elemosina «Chiedeva la carità a chi diventava la sua vittima» CERIGNOLA (Foggia) DAL NOSTRO INVIATO La morte correva lungo la statale 16, una lama d'asfalto sconnesso che trapassa il cuore della campagna foggiana, una sterminata distesa di terra coltivata a pomodori. Aveva gli ocelli neri e capelli ricci di Ben Mohamed Ezzedine Sebai, 33 anni, tunisino. Mille e mille volte quell'uomo vestito di stracci e con lo sguardo un po' assente ha percorso la strada che collega i comuni delle province di Foggia e Bari. Cerignola, Trinitapoli, Canosa, Spinazzola: nomi che qui evocano fosche vicende di violenza e di sangue, storie di anziane casalinghe sgozzate come bestie e a volte derubate da un serial killer con la faccia e il nome avvolti nel mistero per due lunghi anni. Ora l'assassmo ha finalmente un volto. Così assicurano carabinieri e magistrati. Dicono anche che lui, l'assassino non si sa ancora se più pazzo o criminale, seguiva le sue prede (almeno cinque secondo gli inquirenti) sui sagrati delle chiese, chiedendo l'elemosina e frequentando i centri di accoglienza per gli extracomunitari: prima carpiva la fiducia delle vittime, poi si trasformava in carnefice. Agli investigatori mancano ancora molte tessere per completare il mosaico della vita di Ben Mohamed Ezzedine Sebai: la sua vita di clandestino in Italia si perde nell'anonimato che avvolge tutti quelli come lui. Del suo arrivo in Italia c'è una prima traccia a Merano: lì, nel '91, gli fu consegnato un decreto di espulsione. Accusato di tentativo di omicidio e tentata violenza carnale, è stato colpito da altri decreti di rimpatrio ad Ancona e a Bari. In realtà, l'uomo che per tanto tempo ha tenuto in scacco poliziotti e carabinieri e dato la stura a mille interpretazioni psicologiche si nascondeva in un monolocale, un tugurio al civico 1 del vicolo Matera, un budello lastricato di pietra bianca nel rione Terra Vecchia di Cerignola, un paesone vicino a Foggia. Un portoncino di ferro nasconde la miseria di un solo vano umido e buio, privo di finestre. Il proprietario lo ha trasformato in un bivano innalzando un tramezzo al centro della stanza ricavando anche un piccolo spazio per il fornello, un lavabo e il water. La sua prima vittima, Maria Totaro, Ben Mohamed l'ha sgozzata a nemmeno un chilometro da qui, in via San Martino, il 15 gennaio scorso. Furono giorni terribili, quelli: gli anziani di Cerignola vivevano barricati nei loro appartamenti, polizia e carabinieri non sapevano che pesci pigliare. «Fu allora che abbiamo imparato a chiudere la porta di casa che prima tenevamo sempre spalancata», ricorda un anziano del paese. «E lui se ne stava lì, tutto tranquillo, facendo finta di niente», mormora Tina, una ragazza di diciassette anni dalla faccia puli¬ ta, che mentre parla è scossa da un brivido di paura. «Se lo conoscevo? Sì, abitava a due passi da casa mia. Passava le giornate senza far nulla, vestito male come un mendicante: secondo me si tratta di un pazzo. Divideva l'appartamentino con il fratello. Un tipo educato, non c'è che dire: quando m'incontrava mi salutava e tirava dritto senza mai dare confidenza. A me, però, non piaceva: aveva una brutta faccia, un'espressione che mi faceva paura». Una donna racconta di aver visto la foto di Ezzedine Sebai sul giornale tre giorni fa, dopo l'arresto. «Ero in un negozio di ferramenta - racconta -. Quando il commesso ha visto la faccia di Mohamed è saltato sulla sedia: ha detto che quell'uomo aveva comprato da lui un cacciavite o un punteruolo lungo una trentina di centimetri. Chissà a che cosa gli serviva quell'attrezzo». «Noo, ma quando mai... Quello ammazzava con il coltello, i carabinieri l'hanno trovato dopo l'ultimo delitto», inteiviene il marito della donna. Nel rione Terra Vecchia l'integrazione razziale e un dato scontato. Molti immigrati che hanno conquistato il permesso di soggiorno hanno trovato casa qui, e conducono una vita tranquilla. Come Hassad, un marocchino che, quando gli chiedi di parlare di quel tunisino così riservato che spesso si assentava dal pae- se, risponde infastidito: «Non mi piace parlare di lui, non mi piace quell'uomo». Perché? «Giravano strane voci. Era mi pezzente, un tipo violento che non lavorava. Quattro anni fa tentò di ammazzare un uomo per rapinarlo: dicono fosse mi prete. Ma come si può far del male ai preti? Quelli sono gli unici che ci aiutano in questo Paese». A pochi passi dal vico Matera c'è la chiesa di San Francesco d'Assisi. Il parroco, Nunzio Ga- lantino, che a Cerignola ha allestito un centro d'accoglienza per gli extracomunitari, ricorda vagamento Ben Mohamed. «Qualche anno fa si è appoggialo alla parrocchia - racconta -. Poiché il centro accoglie solo immigrati elio hanno un lavoro, lui disse che svolgeva la sua attività a Merano, e che avrebbe trascorso solo pochi giorni a Cerignola. Da allora l'ho incontrato poche volte». Il monolocali; al vicolo Matera è stato perquisito dai carabinieri lunedi notte, poche ore dopo l'arresto del tunisino. «Sono arrivati in forze, con le sirene spiegate e le pistole in pugno - raccontano gli abitanti del rione Terra Vecchia -. Era ora di cena, quando hanno cominciato a bussare alle porte di decine di appartamenti. Volevano sapere se da queste parti abitava un marocchino chiamato Ben Mohamed Ezzedine Sebai. Macché marocchino, quello è tunisino... Alla fine l'hanno trovato, l'appartamento. Dopo la perquisizione, i carabinieri se ne sono andati portando con loro i due uomini che occupavano il monolocale: il fratello e un amico di Ben Mohamed». Qualcuno è tornato ad abitare nel tugurio che non è stato sequestrato dalla magistratura. E' un tunisino dalla figura slanciata, che dico di non saper nulla dell'uomo accusato di avere ucciso cinque volte prima di essere arrestato dai carabinieri: «Sono un insegnante in vacanza. Sono qui da stamattina, un amico mi ha prestato la casa», assicura in un italiano stentato. In realtà è il fratello di Ben Mohamed, tornato in libertà dopo un estenuante interrogatorio hi caserma. Non c'entra nulla con il serial killer, ma la questura gli ha comunque notificato un decreto di espulsione. Tornerà in Tunisia al più presto. Anche se potesse, non riuscirebbe più a vivere qui, evitato come un appestato dalla gente del rione e schiacciato dalla vergogna per quel fratello che sgozzava esseri umani come capretti. Fulvio Milone TRE INDIZI PER UN SERIAL KILLER Un anello d'oro che apparteneva a Maria Totaro uccisa a Cerignola (Foggia) il 1 5 gennaio '97 Un orologio che apparteneva ad Angela Sansone uccisa a Spinazzola (Bari) il 27 agosto '97 Un articolo di giornale (la Gazzetta del Mezzogiorno) di qualche mese fa in cui si parlava del serial killer ed era riportata una mappa in cui si ricostruivano i delitti