«E' lui il killer delle vecchiette»
Bari: espulso dall'Italia una decina di volte in 9 anni, è sempre rientrato. Si difende: «Vi sbagliate» Bari: espulso dall'Italia una decina di volte in 9 anni, è sempre rientrato. Si difende: «Vi sbagliate» «E7 lui il killer delle vecchiette» // tunisino accusato di cinque delitti in Puglia BARI. Espulso per la prima volta nel '91 dopo avere violentato una ragazza a Merano, è in Italia da almeno nove anni. Da una cella del carcere di Taranto dice: «Io non c'entro, vi sbagliate». E tira in ballo un altro tunisino. «Gli abiti che avete ritrovato erano miei fino a domenica. Poi li ho regalati ad un amico». Ben Mohamed Ezzedine Sebai, tunisino, 33 anni, risponde così smentendo tutto nel giorno in cui, ufficialmente, carabinieri, Criminalpol e magistratura (le procure di Taranto, Trani, Foggia e Bari) lo accusano di cinque omicidi: cinque dei nove delitti che in Puglia, negli ultimi due anni, sono stati catalogati dalle cronache come «omicidi del presunto serial killer». Quel «presunto» bisognerebbe sottolinearlo bene. Perché nessuno può dire se esista davvero, se è figlio di semplicistiche conclusioni su delitti di sorprendente somiglianza (tutte anziane, tutte sole o vedove, tutte sgozza¬ te in appartamenti al piano terra), e se, dunque, Sebai, possa incarnarne il personaggio. Non fosse arrivato a Palagianello (Taranto) lunedì scorso, con una maglietta e un jeans in un borsone, Sebai non avrebbe incontrato una ragazza tredicenne. Era sull'uscio dell'abitazione di Lucia Nico. Lei entrava, Sebai stava per fuggire. Gli sguardi si sono incrociati. Lui, dieci minuti dopo, era in caserma, accusato di aver ammazzato l'anziana con due coltellate alla gola. Interrogato in carcere, dice che quegli abiti insanguinati che - secondo i carabinieri - egli avrebbe gettato via dopo l'omicidio, non erano più suoi. «Li ho regalati a un amico tunisino, domenica». Cioè il giorno prima del delitto. Ha fatto il nome e detto dov'è possibile trovarlo, l'amico. Sebai ha spiegato di essere arrivato a Palagiano per incontrare connazionali, ed elencato nomi di frati che, in Puglia, lo avrebbero aiutato ospitandolo. E' il suo racconto, al quale si contrappongono gli elementi dell'accusa. Il coltello a serramanico usato per l'omicidio potrebbe diventare determinante nelle indagini quando gli esperti del Cis, il centro investigazioni scientifiche di Roma, lo avranno analizzato. Ci saranno, nella guaina che ne accoglie la lama di dieci centimetri, tracce di sangue delle altre vittime? Bisognerà aspettare. Intanto un anello d'oro, un orologio e un'impronta sono indizi grazie ai quali gli investigatori hanno formulato accuse per altri due delitti: l'orologio, riconosciuto da una nipote della vittima, apparteneva ad Angela Sansone, 84 anni, uccisa a Spinazzola (Bari) il 27 agosto scorso; e l'anello era di Maria Totaro, settantacinquenne sgozzata il 15 gennaio di quest'anno a Cerignola (Foggia). In questa casa è stata trovata anche un'impronta del tunisino. E proprio a Cerignola il tunisino aveva messo radici da qualche anno in una casa del centro storico dove attualmente ospitava il fratello, insegnante di educazione fisica in Tunisia, e dove hanno ritrovato gli oggetti e anche il ritaglio della «Gazzetta del Mezzogiorno»: riportava, insieme con un articolo sulle gesta del «serial killer», una mappa che ne ricostruiva i delitti. Per il primo dei due Sebai ha ricevuto il provvedimento di fermo dalla magistratura di Foggia, per il secondo potrebbe riceverlo nelle prossime ore. Ma a questi omicidi dobbiamo aggiungerne altri due, per i quali il tunisino è sospettato: avvennero a Trinitapoli, in provincia di Foggia (1° maggio '97, vittima Amia Maria Stella, 70 anni) e a Canosa di Puglia, al confine tra Bari e Foggia (8 maggio, Santa Leone, 82 anni). Fanno cinque, commessi tutti in una manciata di chilometri. Altri quattro, due a Foggia n due a Taranto, sono fuori da queste indagini. Nessuna traccia che possa oggi collegarli agli accertamenti sul tunisino. Sebai, interrogato dal giudice Ciro Fiore (si è riservato di convalidare il fermo) ha negato le accuse semplicemente dicendo che lui non c'entra. «E' un orrore». La sua personalità sfugge a ogni catalogazione, e per questo potrebbero essere disposti accertamenti psichiatrici. Se pure nella nebbia che avvolge chi si muove nella clandestinità, qualche notizia su di lui la danno gli archivi giudiziari. Ben Mohamed Ezzedine Sebai non doveva ossero in Italia. Arrivato presumibilmente nell'89, lascia la sua prima traccia nel '91. Viene arrestato a Merano con l'accusa rli aver stuprato in un giardino pubblico una ragazza di 20 anni. Condannato a un anno e quattro mesi di reclusione, non finisce in carcere: viene accompagnato a Genova ed espulso. Ma toma in Italia. Gira il Paese da Ancona in giù e, se si escludono Ca- labria e Sicilia, la sua faccia viene accostata a nomi sempre diversi. Nell'agosto del '95, applicando un decreto emesso cinque mesi prima, la questura di Ancona espelle un clandestino che si chiama Ben Mohamed Ezzedine Lazreg. Forse è lui. Nessuno può confermarlo. E nello stesso anno lo pescano a Taranto. Espulso di nuovo. Dal '93 a oggi lo avranno accompagnato alla frontiera una decina di volte. Ma era di nuovo in Italia. Ieri sia il capo della Criminalpol pugliese, Fernando Palombi, sia il generale Roberto Cirese, comandante della regione carabinieri (il quale ha aggiunto che probabilmente, pur non essendo islamico integralista, «Sebai sgozzava le vittime per purificarle»), lo hanno additato come il presunto assassino. E Sebai dal carcere ha indicato un altro tunisino. Tonio Aitino Sei anni fa era stato accusato di violenza e tentato omicidio In Puglia viveva in un tugurio «Passava le giornate senza far nulla vestito come un mendicante» 1 A sinistra Ben Mohamed Ezzedine Sebai, il tunisino accusato di essere il serial killer In basso l'ultima vittima Lucia Nico e la casa dove la donna viveva e dove è stata uccisa
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