Rea «torchiato» per 11 ore

Rea «torchiato» per 11 ore Rea «torchiato» per 11 ore Davanti ai magistrati di Brescia rinnova le accuse contro l'ex pm BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Il «traditore» arriva alle 10 e 15, completo scuro, gli occhiali di sempre, nemmeno un sorriso. Neanche quando le telecamere e i flash dei fotografi riprendono per la milionesima volta Eleuterio Rea, l'ex comandante dei vigili di Milano, un tempo grande amico di Antonio Di Pietro. E adesso, bollato appunto dall'ex magistrato ed ex ministro che sogna di fare il senatore, come «traditore». «Diremo qualcosa, dopo», si premura di allontanare la calca Pasquale Balzano Prota, il difensore di Rea che qui a Brescia è sotto inchiesta per concorso in abuso d'ufficio per una vecchia storia di Atm e di vecchi amici. «Rea non ha fatto nulla e ha fornito chiarimenti su tutto», dirà poi il legale al termine dell'interrogatorio durato 11 ore, convinto che il suo assistito non dovrebbe più essere sentito dai giudici di Brescia. «Siamo arrivati alla frutta - dice l'avvocato - la verità può piacere o non piacere, ma Rea l'ha detta tutta». •.... «Sarà lunga», avevano annunciato i magistrati del pool che sta facendo le pulci a Di Pietro, ancóra due mesi per indagare, poi o di qui o di là: Di Pietro deve essere processato, Di Pietro deve essere assolto. «Sarà lunga», avevano affermate, senza spiegare una virgola di quelle pagine di verbale che si riempiono e vengono subito segretate, dopo l'altro interrogatorio fiume, quello del 31 luglio scorso, quando Eleuterio Rea era diventato uno dei «traditori». Si sa che nell'interrogatorio di ieri, Rea ha raccontato in undici ore fatti già noti, ne ha precisati altri, ha aggiunto e spiegato. Soprattutto di quella combriccola di amici, di quando lui era il capo della squadra mobile della questura, Sergio Radaelli un prestigioso dirigente dell'Atm, l'azienda tranviaria, e Antonio Di Pietro, che tutti chiamavano Eleuterio Rea Nini, un ancora oscuro magistrato alle prese con patenti facili. E l'Atm. «Di Pietro mi fece fare le indagini su Radaelli per un'inchiesta suh'Atm, poi non lo rinviò a giudizio e questo mi stupì molto», aveva fatto a mettere a verbale Rea la volta scorsa. ((Anzi, quando qui a Brescia verme pure aperta l'indagine su di lui, mi disse di stare zitto, di dimenticare tutto», aveva rincarato la dose l'ex poliziotto, diventato numero uno dei vigili urbani di Milano prima di quella storia delle scommesse, dei cavalli, dei soldi di Gorrini e dell'altra inchiesta sempre qui a Brescia, per cui Rea era stato poi assolto. Accuse e sospetti su Di Pietro, confermati anche stavolta. In questo interrogatorio fiume che finisce con i verbali segretati, come è uso oramai per i magistrati di Brescia. In testa Silvio Bonfigli, che da giorni ripeteva: «No, questa settimana non ci saranno interrogatori, settimana prossima, settimana prossima. C'è tempo». Al centro dell'interrogatorio di Rea di ieri anche la vicenda del famoso intermediario misterioso. Quello che Di Pietro gli avrebbe mandato, per scongiurarlo di non «inguaiare» l'ex magistrato. Una versione sempre smentita da Di Pietro, che parla di Rea come di un testimone infido, un «traditore» venduto al Polo che lo avrebbe riammesso in Comune, a capo del servizio Igiene e Sanità. Di sospetti testimoni pronti a incastrare Di Pietro per soldi parla anche «L'Espresso», in edicola oggi. Secondo cui Antonio D'Adamo, un altro degli accusatori di Di Pietro qui a Brescia, avrebbe ottenuto uno «sconto» di 1 miliardo e 650 milioni da Paolo Berlusconi. Il fratello dell'ex presidente del Consiglio avrebbe evitato di incassare due cambiali, agli inizi del '96, emesse da una società di D'Adamo. Fabio Poletti Eleuterio Rea