«Cattolici uniamoci per rifare il Centro»

«Ma nel partito riformatore vorrei anche liberali, repubblicani e socialisti non marxisti» L'EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA «Ma nel partito riformatore vorrei anche liberali, repubblicani e socialisti non marxisti» «Cattolici, uniamoci per rifare il Centro» Cossiga: questo bipolarismo è finito, Martinazzoli vieni con me PRESIDENTE Cossiga, da qualche tempo la vediamo protagonista di dibattiti e incontri con personaggi come Martinazzoli, Piccoli, Marini, Casini, tutti accomunati da un passato de. Pura coincidenza, o state preparando qualcosa? «Quanto accade è l'effetto di un fenomeno. Sta venendo meno, negli ex de, lo spirito penitenziale, il complesso di colpa, come se fossimo la causa dei mali italiani, e avessimo chissà quali peccati da espiare». Che cosa vi sta affrancando dai complessi di colpa? «Il tempo che passa. Una maggiore serenità nel valutare il peso negativo che la struttura di potere de ha esercitato sul Paese. E poi ci siamo accorti che la cosiddetta Seconda Repubblica ha connotati incerti, soprattutto nel Polo. Non vi è né quel livello di cultura politica, né quel livello di esperienza di governo e di amministrazione che la de aveva maturato». Non ci dica che anche lei, adesso, vorrebbe rifare la de! «Per carità, non lo voglio anche perché sarebbe impossibile. La de "storica" nacque in condizioni precise: la divisione del mondo, dell'Europa e dell'Italia in blocchi, un pei che aveva come riferimento l'Unione Sovietica, l'unità politica dei cattolici... Tutto questo non c'è più». E allora, che cosa state progettando? «Ci stiamo chiedendo in che modo i cattolici possano mettere la loro tradizione ed esperienza al servizio del Paese». Quali risposte vi siete dati? «Si può fare, per esempio, della testimonianza a sinistra. Anzi, direi che per il cattolicesimo organizzato questa è la scelta più istintiva. L'alleanza tra pds e ppi non è affatto banale. Per averne la prova bisognerebbe leggere nell'ultimo libro di D'Alema il suo colloquio con don Pippo Dossetti... Ma accanto alla scelta di sinistra, non v'è dubbio che i valori medi del cristianesimo politico organizzato - dal punto di vista numerico e culturale sono quelli di centro». Ci risiamo con questo centro, che se non è la vecchia de molto le somiglia... Ma non avevamo detto che l'Italia era diventata bipolare? «Tanto per cominciare, bipolarismo non significa bipartitismo: a fronteggiarsi possono essere anche due coalizioni fatte ciascuna di tanti partiti. E nemmeno è detto che queste coalizioni debbano essere soltanto due. In Gran Bretagna, patria del bipolarismo, di coalizioni ce ne sono tre. Non vedo lo scandalo se in Italia si affaccia un centro liberal-democratico che domani potrà rappresentare l'alternativa alla sinistra». Peccato che in Italia il «centro» sia diventato la parola d'ordine di quanti vogliono mettere in crisi il modello bipolare per meglio fare i loro «inciuci»... «Senta, il bipolarismo è già in crisi. E sa perché? Perché la sua filosofia è l'omogeneità dei poli, che non esiste nel cosiddetto centro-sinistra, e tantomeno dall'altra parte, dove manca un progetto». Approfittando delle due debolezze, il centro applicherà la tattica dei «due forni», conquistando posizioni di potere e di governo. E' così? «Niente affatto. Chi crede davvero a questo progetto non può porsi obiettivi rapidissimi di potere e di vittoria. Può pensare a svolgere un periodo di opposizione e ad occupare dignitosamente una posizione di minoranza. Che potrebbe diventare, rapidamente, di prima minoranza». E chi si cimenterà in quest'impresa? «Nel eentro che io immagino porteranno la loro esperienza culturale cattolici, laici, repubblicani, liberali, anche socialisti non legati al marxismo. Penso a un partito riformatore, a un grande partito Whig (progenitore dell'attuale partito liberale britannico, ndr)...». Una sirena per gli elettori di Forza Italia? «Molti elettori e molti parlamentari di Forza Italia sono in realtà dei liberal-democratici. Solo che sono raccolti in una struttura di tipo aziendale». Lei invece a che tipo di organizzazione pensa? «A quella dell'Udr giscardiano, un'alleanza non solo elettorale ma anche politica tra varie componenti. Oppure guardo a quella del Pp spagnolo, che comprende diverse anime al suo interno». Conoscendo i suoi interlocutori - Casini, Buttiglie¬ ne, Dini, La Malfa, Segni -, quale «involucro» le sembra più adatto a farli coesistere? «Quello giscardiano». E Fini? Se ne resterà solo soletto a destra? «Come non è illegittima l'alleanza del pds con Rifondazione comunista, allo stesso modo si può ipotizzare un'alleanza tra il centro e an. In fondo una tradizione nazionale in Italia è sempre esistita, da Crispi in avanti». Per lei che posto ci sarà, nel futuro centro? «Per il mio passato politico e per il mio cursus honorum, sono meno esposto di altri a sospetti o invidie, anche solo ipotetiche. Se vi sarà uno spazio, sarò pronto a prestare tutta la mia opera. Con ciò rispondo positivamente a Mino Martinazzoli che, per avermi rivolto affettuosamente questo invito, mi aspetto di vedere anche lui impegnato nella stessa impresa». Qual è il vostro avversario, presidente Cossiga? «La democrazia consociativa». E in che cosa consiste? «Quel regime in cui il fronte democratico nazionale - se così posso chiamarlo egemonizzato dal pds riesce a coprire tutti i ruoli: della sinistra, del centro, o zioni perfino della destra». Ne vede dei segnali? «Sì, nell'assenza di opposizione, nel "patto della crostata"...». Prego? «La cena di casa Letta per salvare la Bicamerale, no? Presto ne vedremo i frutti». Il primo è il federalismo... «Guardi, io sono contro il federalismo perché sono una persona perbene e non intendo imbrogliare nessuno, nemmeno Bossi (che mi ; pare non si lasci in- ! gannare). Il federalismo non ha in Italia radici storiche e cui- i turali, provocherei.)- j be una totale disarticolazione della co- j munita nazionale. ! Totalmente diverso è l'autogoverno delle autonomie locali, che j esiste anche in Paesi, come Inghilterra e Francia, dove di federalismo nemmeno si parla: ma non vi è questo pericolo, atteso che il "federalismo" di Francesco D'Onofrio ha a che vedere con il vero federalismo quanto la carpa con il maialetto...». Eravamo rimasti al «patto della crostata» e all'opposizione che non c'è. Colpa del conflitto d'interessi di Berlusconi? «Siccome sono tra quanti pensavano che c'entrassero un po' i telefonini, e l'ho detto in chiave filosofica a Telese, mi è già stato dato da Berlusconi del "miserabile"». Offeso? «No, perché nella dottrina della Chiesa i miserabili sono in fondo una categoria privilegiata... Comunque, se Berlusconi non fa opposizione è per la sua mentalità di imprenditore e di proprietario del Milan». Ci faccia capire. Il; «Un imprenditore non può fallire tutte le trattative. E il proprietario di una squadra di pallone non può perdere tutte le partite. Così lui trova inconcepibile che il Polo in Parlamento voti contro la maggioranza e perda regolarmente. Di qui la tendenza ad accordarsi con l'avversario. Cioè un Berlusconi che non vota contro D'Alema e che identifica l'oggetto della sua opposizione soltanto nel dottor Di Pietro. Ha notato? Tutte le invettive del Cavaliere sono contro di lui, fino all'ultima trovata della candidatura di Ferrara nel Mugello. Perché non l'ha candidato invece a sindaco di Roma?». Risponda lei. «Forse perché preferiva schierare Ferrara contro Di Pietro anziché contro Rutelli. Rischiando magari di vincere...». Berlusconi si sente perseguitato dai magistrati. Lo accusano perfino di avere rapporti con Cosa Nostra. Lei ci crede? «Di tutte queste cose non so niente». E delle accuse contro Previti, che cosa pensa? «Se risulteranno vere di fronte ai giudici, ci troveremo di fronte a fatti gravissimi che, dal punto di vista dell'elica j pubblica, supererebbero di | molto la stessa Tangentopoli. I E' un caso di competenza del sistema giudiziario: Pm, difensori, giudici. Meno i politici ne parlano, meglio è». Già, però il Parlamento dovrà quasi certamente decidere se concedere l'arresto. Lei come voterà? «Non voterò perche sono senatore». E se fosse deputato? «Anzitutto mi leggerei le carte, non per accertarmi della colpevolezza di Previti, ma per vedere se ci sono gli estremi per un provvedimento di arresto che incide sulla composizione della Camera e dunque sulla rappresentanza politica. Poi guarderei se oggettivamente o soggettivamente la richiesta costituisca un'intimidazione al governo o al Parlamento, o anche soltanto all'onorevole D'Alema e al pds, nel momento in cui la Bicamerale deve prendere delicate decisioni sulla giustizia». Dice il pidiessino Cesare Salvi che esiste un caso Previti, non un caso Borrelli... «Sbaglia. Il dottor Borrelli, non nuovo alle intimidazioni nei confronti del potere esecutivo e legislativo, ha intimato di concedere l'autorizzazione all'arresto, pena un giudizio di immoralità nei confronti del Parlamento. Mi domando: cosa mai accadrebbe se il capo di stato maggiore della Difesa, alla vigilia di un voto sull'obiezione di coscienza, chiedesse al Parlamento un atto di patriottismo? Verrebbe cacciato via nel tempo necessario a riunire il Consiglio dei ministri. Nel caso Borrelli mi meraviglia una cosa...». Dica, Presidente. «Che non siano insorti quelli cui competeva la difesa del Parlamento. Il che, purtroppo, è nella linea pericolosa dell'accettazione, supina e timorosa, di uno svilimento della sovranità popolare (la "politica") e di un latente disprezzo per le assemblee legislative: i "politici"». Ugo Magri «Ormai gli ex de hanno perso il complesso di colpa Non siamo la causa dei mali italiani» «Gli elettori di Fi sono in realtà liberaldemocratici ma raccolti in una struttura aziendale» «Io ho in mente l'Udr giscardiano cioè un'alleanza non solo elettorale ma anche politica tra varie componenti» «Il Cavaliere è ossessionato da Di Pietro. Borrelli non è nuovo alle intimidazioni ma nessuno osa toccarlo» «Ormai gli exhanno perso il complesso di colpa Non siamo ladei mali itali Nella foto grande: l'ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga Qui accanto, dall'alto: Franco Marini. Mino Martinazzoli e Pierferdinando Casini