LA GUERRA ALLE PIRAMIDI di Igor Man
Bus in fiamme davanti al museo del Cairo, morto anche l'autista LA GUERRA ALLE PIRAMIDI HANNO dormito un anno, gli implacabili islamisti della Jamaà Islamyia; il loro sonno lasciava pensare che le trattative (segrete) per una «tregua» avessero dato qualche frutto. Invece eccoli di ritorno, secondo un modulo operativo affatto riconoscibile. Intendiamoci: non è che dall'attentato «gemello» del 20 di aprile del 1996(attacco a un autobus di turisti greci scambiati per israeliani: 18 morti) a ieri, i guerriglieri della Jamaà se ne siano stati con le mani in mano: hanno attaccato posti di polizia, ucciso piccoli funzionari, rapito religiosi copti eccetera. Ma siamo nella routine, sanguinosa finché si vuole, ma sempre routine che i giornali egiziani annegano in notizie di poche righe nelle pagine interne: «per non allarmare l'opinione pubblica». Soprattutto per non scoraggiare il turismo, vacca grassa d'un paese denutrito. L'attentato di ieri fa cadere ogni illusione: la guerra fra il presidente Mubarak e gli islamisti della Jamaà Islamyia e della Jihad continua (così come continua il massacro algerino). Eppure il 5 del luglio scorso, al tribunale supremo del Cairo, dalla gabbia dove si stipano 94 imputati (fra cui sei donne) si leva la voce di Mohamed Amin Abdelalim. Igor Man CONTINUA A PAG. 5 SECONDA COLONNA
Persone citate: Mohamed Amin Abdelalim, Mubarak
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