Il giro del mondo in due ruote

La storia di Giorgio Bettinelli: attore, letterato, nomade, vive sulla Vespa da cinque anni La storia di Giorgio Bettinelli: attore, letterato, nomade, vive sulla Vespa da cinque anni Il giro del mondo in due ruote Mille giorni, dalla Terra del Fuoco alla Tasmania SI tempi di Venie (1873), il giro del mondo si poteva programmare in 80 giorni. Alla vigilia del Duemila bisogna mettere in conto tre anni: e sarà già un record. Perché il nuovo Phileas Fogg lo compirà in Vespa, partendo in ottobre da Ushuaia nella Terra del Fuoco e arrivando - se non ci saranno complicazioni - nel settembre 2000 a Hobart, in Tasmania, dopo aver passato in su e in giù tutti i continenti. Il calcolo è prudenziale, non largo. Il due ruote uscito da Pontedera dovrà tagliare due volte il continente americano dall'Atlantico al Pacifico, superare lo Stretto di Bering, a giugno, attraversare prima dell'inverno l'immensa Siberia, zigzagare l'Europa per arrivare da Gibilterra in Africa, farne l'intero periplo (dodici mesi), da Gibuti sbarcare a Aden in Asia; e poi via per deserti altipiani giungle isole fino a trovare un traghetto per l'Australia. Dovunque ci sia terra, il veicolo dovrà rullare sulle piste, non importa se ridotte a sentieri o pietraie. Alla fine saranno 150 mila chilometri, quasi quattro volte la circonferenza del globo. Il nuovo Phileas Fogg si chiama Giorgio Bettinelli, 42 anni, di Crema, figlio di un maestro elementare: già animatore di villaggi turistici, già attore (con Gigi Proietti), già cooperante della Fao in Mozambico, negli anni brutti della guerra civile, un po' reporter, un po' letterato, ma soprattutto nomade. Lettore appassionato di Kerouac quando aveva 16 anni, il suo On the road Bettinelli lo ha trasposto nella vita. Da cinque anni e mezzo vive su quelle due ruote, con le quali ha già fatto oltre 110 mila chilometri, in 90 Paesi. Lo abbiamo davanti nella sede della Feltrinelli, dove sta uscendo il suo libro In Vespa, affascinante resoconto del suo primo raid inter¬ continentale, da Roma a Saigon, fra l'agosto '92 e il marzo '93. Racconto insieme avventuroso e realistico, popolato di personaggi sempre nuovi e sempre sfuggenti, sul tapis roulant della strada che non può lasciare fermo nessuno. Bettinelli è un uomo magro - il peso che carica sul veicolo deve essere quasi tutto dello zaino - asciugato dal sole di tutti i paralleli, viso rosso, lunghi capelli neri. La sua vicenda è un romanzo in corso. L'amore per la Vespa non lo ha scoperto in Italia, ma in Indonesia, il Paese del suo sogno, dove pensava di fissare la sua tenda. Con i soldi del suo lavoro, a 21 anni, aveva comprato un alloggio a Roma e con l'affitto di quell'alloggio poteva permettersi di vivere in Oriente. Era salito una sola volta su un motorino, con esiti rovinosi, quando aveva 14 anni. «Sono finito in un fosso, una esperienza sgradevolissima». A Bali, per una serie di imprevisti - la sua vita è tutta un imprevisto - ha avuto una vecchissima Vespa da un povero diavolo con cinque figli che non sapeva come restituirgli un prestito di 180 dollari. E con quel rottame, rinsanguato per pochi altri dollari da un'officina locale, si è girato tutta l'Indonesia. L'idea di andare da Roma a Saigon, dopo quella prima esperienza, è stata una tentazione troppo forte: con tante più difficoltà da vincere - anche politiche - e tanti pericoli da sfidare. Bettinelli è riuscito a portare la Vespa dove nessuno pensava sarebbe mai arrivata, come nei villagggi del Kafiristan, fra Pakistan e India, raggiunti, in parte, spingendo il veicolo a mano fra le pietre di un torrente. Si è dovuto arrendere solo alla frontiera con la Birmania, e poi della Cambogia, Paesi proibiti allora ai mezzi di trasporto via terra, che si è rassegnato a sorvolare in aereo. Subito do- po, altri due viaggi, in successione: dall'Alaska alla Terra del Fuoco, in tre mesi («mi sono arrampicato sulle Ande fino a 5000 metri, la Vespa saliva scoppiettando a 20 all'ora») e da Melbourne a Città del Capo, un anno esatto. La Piaggio, che aveva seguito il primo raid con interesse, e qualche appoggio, adesso gli dà un'assistenza sostanziosa, che gli consente di superare molti ostacoli, non solo finanziari. Per il prossimo viaggio ha riunito 23 sponsor. Ma poi la fatica è tutta per lui. Bettinelli guida fino a dodici ore il giorno, su quelle strade dove l'asfalto è un lontano sogno. Dorme in alber¬ ghi primitivi, povere case private. Mangia dove può, qualche volta salta. Non si ferma mai. Raramente confessa di avere avuto paura. Racconta della volta in cui un gruppo di guerrieri lo ha bloccato in Etiopia, con i fucili spianati. «Ero a 200 chilometri dall'ultimo villagggio, me la sono vista proprio brutta». O di quando ha forato due volte, di sera, su una strada della Patagonia. «In otto ore non è passato nessuno. Ho fatto la notte all'addiaccio, nel gelo». Non soffre la solitudine, con quella vita? «Ma io non mi sento solo. Incontro migliaia di persone, alcuni mi restano amici sempre. Ho trovato in ogni Paese persone gentili, anche dove c'erano guerre e violenze: mi sono riconciliato con l'umanità». Poi, a voce più bassa: «Ho avuto anche storie d'amore, alcune continuano nel tempo». E, quando è solo, non soffre. «Non avevo mai avuto, prima, la possibilità di stare tanto tempo con me. Per pensare, per gioire. La Vespa mi dà questa possibilità di introspezione. Più volte sono arrivato vicino al senso ultimo. Certo, ci sono dei prezzi da pagare. Sono diventato quasi monomaniaco, voglio cambiare ogni giorno. Adesso io non so pensare ad altro che al prossimo viaggio». Quando farà ritomo in Italia staremo entrando in un altro millennio. Suo padre, che oggi ha 82 anni, sarà negli 85. Eppure l'ex maestro elementare è quello che più lo appoggia nel progetto. Sa che il figlio non gli manderà neanche una cartolina, secondo la sua abitudine, spera solo in qualche telefonata. Se Bettinelli avesse un figlio, sarebbe contento di vederlo partire? «Dovrei ingoiare tanto fiele, avrei tante proccupazioni, perché so quanto si rischia. Non dormirei sonni tranquilli: ma non saprei dirgli di no». Giorgio Calcagno Un amore nato per caso in Indonesia, E da Feltrinelli esce il resoconto del suo raid Roma-Saigon Giorgio Bettinelli con la sua Vespa nel Chiapas (il cartellone alle sue spalle è crivellato dai proiettili). In basso, sulle montagne dell'Anatolia, a destra davanti alle mura di Arg-e-Bam, la città dell'Iran fatta con l'argilla