Zevi va all'attacco
Zevi va all'attacco Zevi va all'attacco «Ipolitici sono un disastro In Italia non ci danno potere» ROMA | * HE a dargli energia sia la vis polemica, o che a I mantenerlo arzillo sia proprio la passione per I i l'architettura capace - come afferma - di dargli \A 1 orgasmi che nessuna ragazza gli procura, Bruno Zevi, in partenza per Modena, a ottant'anni è più combattivo e propositivo che mai. L'ha spuntata su quel sovrintendente di Ferrara che aveva fatto intonacare il fascione a mattoni di Palazzo dei Diamanti, e solo ora che è stato ripristinato ha accettato la cittadinanza onoraria offertagli nel 1994. Contro la critica corrente ha rivendicato la vitalità e l'attualità dell'Espressionismo. Una tesi originale, quanto eretici sono il percorso e il punto di vista della sua Storia e controstoria dell'architettura in Italia nel cui Olimpo accoglie solo Arnolfo di Cambio, Brunelleschi, Michelangelo, Palladio, Longhena, Borromini e Guarino Guarirà facendo seguire «a distanza» qualche manciata di «letterati» prestigiosi per escluderne i «non convincenti» Bramante e Leon Battista Alberti e Sant'Elia, i «retori» Bernini e Juvarra, il «nefasto» Piacentini. Uscita nei tascabili Newton due mesi fa, avrebbe, a suo dire, venduto ben centomila copie. Un successo editoriale senza precedenti. E non è tutto. Per il liceale che sognava di diventare il De Sanctis dell'Architettura, Storia e convegno sono l'approdo di 50 anni di studi da «appassionato difensore dell'integrazione fra valori democratici e concetti architettonici», come dice l'Institut Honor assegnatogli dall'Associazione americana degli architetti. II sogno si è avverato? «Sì, sento veramente l'architettura come fatto civile. Il mio ideale è stato sempre il De Sanctis, il primo che abbia fatto una storia della letteratura. E ho scelto un tascabile, perché mi interessa più la bontà della sostanza che il bel libro da salotto. Alla storia "elenco telefonico" preferisco l'analisi dei momenti di rottura e innovazione, le dissonanze, le soluzioni eccentriche che fanno storcere il naso alla critica tradizionale». Però nella sua controstoria il modello sembra quello crociano della «poesia-non poesia». Solo sette architetti-poeti, non è poco? E il crocianesimo non è in contraddizione con le sue prese di posizione e con il decostruttivismo che a suo pa¬ rere costituisce l'architettura del futuro? «Tutto quello che ho fatto va in direzione anticrociana, fuori dai suoi schemi, ma ho cominciato a pensare sui libri di Croce e rispetto alla cultura rigorosamente marxista con cui per almeno 15 anni mi son dovuto confrontare ho sempre preferito il crocianesimo. La poesia architettonica va distinta dalla prosa, cioè dalla letteratura e soprattutto dalle schifezze, tante, troppe. Come dice Croce la letteratura è la realtà qualificata, la poesia è la realtà creata. L'arte serve a contestare le tipologie esistenti, è la scrittura del genio. Gli altri contribuiscono a creare un linguaggio come quello espressionista del decostruttivismo americano che io considero l'architettura del futuro e di cui già si vedono i frutti. E' il linguaggio che rompe finalmente con tutta la confusione postmoderna per rilanciare la modernità». Lei lo fa coincidere con un nuovo grado zero dell'architettura, il quarto dopo le caverne, le catacombe e il gotico. Propone l'urbatettura che all'urbanistica contrappone la paesaggistica. In che tipo di case e di città vorrebbe farci vivere? «In case e città che esaltino "la supremazia dell'individuo", perché questo, come ha detto quel genio di Wright, è l'obiettivo dell'architettura. Solo con un popolo di individui si potrà vivere in una società libera. Invece viviamo assurdamente in scatolette giustapposte su un territorio violentato da squadrettature, una pezza qua per i servizi una là per palazzoni dormitorio o villini e palazzette. Alla squadratura alla Mondrian, i decostruttivisti oppongono il "dripping" (la scolatura) di Pollock, cioè continuità fluida e spontanea tra insediamento e paesaggio, diversità, dissonanza». E i politici? «Un disastro. In Francia proprio nei giorni scorsi Francois Barre, responsabile per l'Architettura del ministero degli Affari Culturali, è stato nominato capo del Patrimonio culturale francese. In Inghilterra Tony Blair, tre giorni dopo l'insediamento, ha chiamato gli architetti perché collaborino a un progetto di rilancio dell'edilizia. Da noi, lo vede uno Scalfaro o un Prodi battersi per un Beaubourg? Ma io non ci rinuncio». Paola Decina Lombardi
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