Votano i timidi Braveheart del Galles

Votano i timidi Braveheart del Galles Nessuna voce in materia fiscale e di bilancio, secondo i sondaggi i sì non superano il 37 per cento Votano i timidi Braveheart del Galles // Parlamento avrebbe poteri ridotti rispetto al modello scozzese LONDRA NOSTRO SERVIZIO Il Galles rischia di fare la fine del cugino povero della Scozia. E' un Parlamento o un parlamentino quello per cui si vota oggi? Molti criticano gli esili poteri dell'assemblea; altri, conservatori in testa, temono che il decentramento decimerà i posti di lavoro. La confusione degli elettori sembrava regnare ancora sovrana alla vigilia, al punto che l'ultimo sondaggio ieri assegnava un massiccio 34 per cento ai «non so». Tony Blair vuole un sì tonante al referendum, ma la situazione del Galles è molto diversa da quella della Scozia, che solo qualche giorno fa si è data un signor Parlamento con poteri fiscali e legislativi. I poteri dell'assemblea gallese sarebbero molto più limitati: nessuna facoltà di aumentare o dirninuire le tasse o di decidere l'ammontare della spesa pubblica; le leggi continueranno a essere fatte a Westminster, come la politica di sicurezza sociale, gli affari esteri e la difesa; le scuole, accusa qualcuno, avrebbero capacità discrezionali soltanto sul curriculum. «Il Galles è offerto in matrimo¬ nio allo scemo del villaggio, prendere o lasciare - commenta Simon Jenkins sul Times, tuttavia convinto che un sì è pur sempre meglio di niente -. L'assemblea gallese è costituzionalmente gracile». Secondo il Libro bianco pubblicato in luglio dal governo laborista, l'assemblea subentrerà al ministro per il Galles in materia di sviluppo economico (ma la macroeconomia resterà di competenza di Westminster), agricoltura, foreste, pesca, cultura, tra¬ sporti e sport. I 60 deputati sarebbero eletti secondo mia pallida versione del sistema proporzionale: 40 direttamente dalle circoscrizioni e i restanti 20 sarebbero votati da mia lista compilata dai partiti. L'assemblea avrebbe la facoltà di scegliere dal partito di maggioranza un governo, che, punto cruciale, dovrebbe amministrare il budget già fissato da Londra, 7 miliardi di sterline. Niente, quindi, che faccia pensare a mi primo passo verso L'indipendenza: «L'assemblea creerà un nuovo rapporto tra il GaLLes e Westminster. Ma il Galles rimarrà fermamente parte del Regno Unito. Il Galles e l'Inghilterra continueranno ad avere in comune il sistema legale e molto altro», recita il libro bianco. Incalza il «Times»: «GLi unici poteri assegnati all'assemblea sono quelli di consiglio, consultazione e partnership: le solite concessioni centraliste»; «Avrebbe meno libertà di un Consiglio comunale». Ma il problema vero sembra essere la determinazione della gente: la nazione gallese appare poco convinta e in contraddizione con se stessa. «Che cosa succede ai gallesi? - si chiede Matthew Engel sul "Guardian" -. Ovunque, dalla Cecenia alla Catalogna, da Glasgow a Gaza, la gente vuole disperatamente, e talvolta violentemente, governarsi da sola e smettere di essere comandata da lontano. Il Galles è diverso». Tant'è vero che i sì, sostenuti da laboristi, liberaldemocratici e Plaid Cymru, si aggirerebbero su mio striminzito 37 per cento a sentire l'ultimo sondaggio. I no sarebbero sul 29 per cento, per cui la vera sorpresa verrà dalla marea degli indecisi, un terzo del totale. Per convincerli, il governo è passato all'offensiva economica: sostiene che dire sì all'assemblea gallese significa votare per gli investimenti e la creazione di nuovi posti di lavoro. Un ministro, Peter Hain, dice che le ditte straniere già coinvolte nel commercio con il Galles sono sicure che il decentramento darebbe loro una grande spinta. Kevin Morgan, specialista di sviluppo regionale all'Università di Cardiff e presidente della campagna per il sì, e Brian Morgan, direttore della ricerca sulle piccole industrie alla Business School di Cardiff, insistono che i parlamenti regionali sono stati cruciali nello sviluppo di aree europee fortemente in crescita. Ma entrambi i fronti rivendicano l'appoggio degli industriali locali: il quartier generale della campagna «Yes For Wales» insiste sulla loro benevola neutralità, mentre i sostenitori del «Just Say No» dicono che un'assemblea getterebbe scompiglio nel mondo degli affari, proprio adesso che il Galles se la cava bene. Maria Chiara Bonazzi ¥ NEWCASTIE | LEEDS trvERPOOL manchestIr birmingham # LONDRA ( Il drago simbolo del Galles che oggi vota il referendum sull'autonomia

Persone citate: Brian Morgan, Kevin Morgan, Maria Chiara Bonazzi, Matthew Engel, Peter Hain, Simon Jenkins, Tony Blair, Wales