«Così fui estromesso dal processo» di Giovanni Bianconi

«Così fui estromesso dal processo» «Così fui estromesso dal processo» Imi-Sir, parla il «presidente mancato» IL RACCONTO DEL MAGISTRATO ROMA ON ricordo se ricevetti l'anonimo a casa o in Cassazione. Sta di fatto che fu il presidente Montanari a darmene notizia per telefono, in quanto ero a casa ammalato. Il presidente, ridendo, mi lesse alcuni passi dell'esposto. Io risposi che c'era poco da ridere, perché immaginavo che se qualcuno si era preso la briga di divulgare all'esterno il contenuto dell'appunto, significava che in un modo o nell'altro non gradivano quello che io ritenevo fosse giusto nella controversia Imi-Bovelli». E' uno dei misteri del processo Imi-Sir, raccontato dal giudice della corte di Cassazione Mario Corda, protagonista di una di quelle «anomalie» del procedimento che fruttò agli eredi Rovelli oltre 600 miliardi al netto delle imposte. Da quel guadagno - sostiene il pool di Mani pulite - scaturì una maxitangente da 66 miliardi, di cui una fetta (21 miliardi) finì a Cesare Previti. La deposizione di Corda è allegata alla richiesta d'arresto per l'ex ministro del governo Berlusconi che la Camera si appresta a rispedire a Milano in attesa della decisione del gip. La storia risale al marzo 1993, quando la Cassazione doveva decidere sulla procura dell'Imi mancante dal fascicolo processuale. Procura mai presentata, sostenevano i legali della Sir; procura rubata, ribattevano quelli dell'Imi. Toccava ora alla Corte suprema stabilire se la mancanza di quel foglietto bastava a far vincere i Rovelli oppure se si poteva ugualmente trattare la causa, dando ragione all'Imi. Appena designato a presiedere l'udienza, il giudice Corda studiò il processo e, secondo la «prassi della sezione», scrisse un appunto in cui riassumeva ai colleghi della sezione i termini della controversia, li invitava a «presentarsi preparati sui punti in discussione» e manifestava «la possibilità di modificare la giurisprudenza con il dichiarare ammissibile il ricorso dell'Imi», anche senza la procura. L'appunto fu distribuito agli altri giudici in buste chiuse personalmente da Corda «con la colla e se non ricordo male con lo scotch. Su ogni busta indicai "riservata personale"». Pochi giorni dopo, alla presidenza della Cassazione e allo stesso Corda arrivò un esposto anomino, nel quale si sosteneva che il magistrato aveva anticipato il giudizio sulla causa prò prio nell'appunto predisposto da Corda. E l'anticipazione di un giudizio, si sa, è una delle cause che debbono o possono indurre un giudice ad astenersi dal processo. Parlando con il presidente di sezione Montanari, Corda disse che avrebbe presentato un'i stanza di astensione. «Monta nari - racconta il magistrato nell'interrogatorio davanti al pool milanese - rispose che non avrebbe mai accettato la mia astensione perché non vi era materia. Ridendo disse che era una cosa inutile quello che vole vo fare». Ma per correttezza Corda andò avanti nel suo in tento, preparò l'istanza. Nella quale però, ricorda il giudice, «non me la sentii di mettere nero su bianco quello che pensavo, e cioè che una delle parti in causa aveva fatto in modo che si arrivasse alla mia esclusione dalla trattazione della causa; in fondo si trattava di una mia deduzione». A metà marzo Corda fu convocato dal primo presidente della Cassazione Antonio Brancaccio - futuro ministro dell'Interno del governo Dini, morto nel 1995 - il quale, come riferì a Corda il segretario generale della Corte Suprema, «era molto preoccupato per quello che era successo». Racconta il magistrato: «Misi in tasca la minuta della domanda di astensione non ancora firmata e andai dal presidente Brancaccio per spiegargli la realtà della situazione. Poiché colsi nell'atteggiamento del presidente qualcosa di aggressivo, mi spazientii e dissi subito che ogni questione poteva essere appianata se avessi presentato l'istanza, se questa non fosse stata respinta come in effetti era prevedibile. Tirai fuori dalla tasca la minuta, gliela feci vedere e gli dissi che se approvava questa linea di condotta sarei andato in cancelleria a farmi ricopiare l'istanza. Per tutta risposta il presidente mi disse che non c'era niente da ricopiare, che andava bene quell'istanza e mi invitò a sottoscriverla». Corda firmò la richiesta di astensione davanti a Brancaccio, «convinto che sarebbe stata respinta. Restai molto meravigliato quando il presidente, leggendo quanto avevo scritto in calce, mi informò che l'istanza era stata accolta, e che in mia sostituzione avrebbe nominato il consigliere anziano». Rimosso Corda, la causa ImiSir «venne rinviata a nuovo ruolo con un altro collegio giudicante», e vinsero i Rovelli A giugno, con un altro anonimo, ricomparve la «procura» sparita, proveniente - secondo il pool - «dallo stesso autore o comunque dallo stesso "centro di interessi" che aveva inviato il precedente anonimo che provocò l'astensione del presidente Corda». Nella richiesta di arresto per Previti, Borrelli e i suoi sostituti sostengono che un pubblico ufficiale, «magistrato o collaboratore di cancelleria» che fosse, violò il segreto d'ufficio divulgando l'appunto del giudice Corda. Le indagini proseguono per scoprire quest'altro anello della catena corruttiva nella quale Mani pulite ha inserito - insieme ad altri - anche Cesare Previti. Giovanni Bianconi Nella foto grande Cesare Previti con la moglie Qui sopra l'ex capo dei gip Renato Squillante

Luoghi citati: Cassazione, Milano, Roma