«Autobombe politiche», è rissa

«Autobombe politiche», è rissa «Autobombe politiche», è rissa Vigna e Del Turco, secche smentite II pds: nessuna campagna contro Fi ROMA DALLA REDAZIONE Guerra senza esclusione di colpi su quelli che vengono definiti «i mandanti esterni» della strategia stragista della mafia per le bombe fatte scoppiare nel '93 a Roma e Firenze. Mentre si infittiscono i segnali da cui risulta che l'inchiesta sarebbe a una svolta, tutta mirata ai palazzi del potere politico, un duro scontro sta coinvolgendo il presidente della commissione antimafia Ottaviano Del Turco, il procuratore nazionale antimafia Piero Luigi Vigna e le procure interessate. Tutto prende il via dalle dichiarazioni in aula di Giovanni Brusca e Maurizio Avola, che hanno aperto piccoli spiragli nell'inchiesta contro i presunti mandanti delle stragi e provocato una richiesta da parte della parlamentare di Forza Italia Tiziana Maiolo di un'inchiesta sulle indagini che alcuni uffici giudiziari stanno conducendo sulle origini del movimento guidato da Silvio Berlusconi. Un articolo pubblicato ieri su l'Unità con grande rilievo ha fatto da detonatore. Attribuiva al procuratore Vigna una frase - «Sì, indaghiamo su politici» - che dava corpo a tutti i sospetti sollevati dall'opposizione nei giorni precedenti di un'indagine dagli obiettivi politici. Per questo, il procuratore Vigna ha immediatamente diffuso una smentita: «Non ho mai pronunciato la frase virgolettata che mi viene attribuita nel titolo de l'Unità». Ha ritenuto necessario intervenire per una precisazione anche il presidente della commissione antimafia Ottaviano Del Turco. «Del Turco: bloccate l'inchiesta», titolava ancora l'Unità. «Libera di titolare come crede - ha commentato il presidente della commissione antimafia - penso però che sarebbe utile per i lettori pubblicare anche le dichiarazioni da cui quei titoli traggono spunto. Si scoprirebbe così che non c'è alcun collegamento tra le due cose». Ottaviano Del Turco smentisce, insomma, di volere la chiusura delle inchieste sui «mandanti esterni» della strategia stragista della mafia, ma come affermava in una dichiarazio- ne resa al quotidano ritiene che «occorre evitare che la lotta alla mafia sia inquinata da comportamenti giudiziari e anticipazioni giornalistiche che rischiano di creare nuovi guai all'istituto dei collaboratori di giustizia e alla credibilità di alcune iniziative giudiziarie». A chi voleva vedere nell'articolo pubblicato sull'Unità una campagna lanciata dal pds, Pietro Folena, responsabile per la giustizia di Botteghe Oscure, ha ricordato che il quotidiano è «completamente autonomo: ha una sua linea editoriale di informazione, che si può condividere o no, ma non chiama in nessun modo in causa il pds». Folena ha apprezzato le precisazioni di Del Turco e Vigna, e ha rivolto a tutti un appello a lasciar lavorare i magistrati e a smorzare il tono delle polemiche: «Nelle dichiarazioni di noi politici dobbiamo sostenere la magistratura che sta lavorando per trovare i responsàbili delle stragi del '93. Questo lavoro dei giudici serve a far voltare pagina al Paese». Un appello destinato a rimanere inascoltato. Un'altra dichiarazione di Del Turco ha provocato uno scontro all'interno della commissione antimafia. «Se è stato difficile per politologi e opinionisti spiegare la nascita di Forza Italia e il suo successo, è improbabile che la cosa sia possibile per pentiti ed inquirenti solerti», aveva affermato il presidente della commissione antimafia, gettando acqua sul fuoco sulla ridda di ipotesi, fatte dai mezzi di infonnazione, sulle possibili connivenze che ci sarebbero state tra il partito di Berlusconi e la mafia. Le sue parole non sono piaciute a due componenti della commissione, Giovanni Russo Spena e Niki Vendola, il primo capogruppo di Rifondazione in commissione, il secondo vicepresidente, che hanno notato come le parole di Del Turco, se confermate, «rappresenterebbero un insopportabile e grave vulnus alla identità, al ruolo, alla funzione stessa della commissione antimafia, che si trasfonnerebbe in una struttura istituzionale che alimenta ed amplifica la nuova stagione dei veleni contro i magistrati impegnati, con coraggio e competenza, a svelare i rapporti tra mafia e politica». Niki Vendola ha poi chiesto «un chiarimento politico al più presto». Di fronte all'incalzare delle polemiche, allora, sono stati gli stessi magistrati che da quattro anni si occupano a tempo pieno dell'inchiesta sulle stragi con le autobombe del 1993 - i sostituti procuratori fiorentini Gabriele Chelazzi e Giuseppe Nicolosi - a rompere il loro tradizionale silenzio per rivendicare «il diritto di lavorare in serenità». [r. r.] Ottaviano Del Turco

Luoghi citati: Firenze, Roma